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Non c’è lavoro? E i camionisti italiani emigrano in Est Europa

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Aumentano i trasportatori italiani che chiedono la residenza nei Paesi dell’Est Europa, in particolare Romania, Slovenia e Polonia. Motivo? Essere reclutati da un’agenzia del lavoro locale per ottenere un contratto di somministrazione con un’azienda di autotrasporto, per farsi poi ‘distaccare‘ in Italia.

Lo rivela un’indagine dell’Espresso che mette in luce un fenomeno tanto crescente quanto estremamente preoccupante per il settore. Tutto parte dalla disparità di trattamento economico tra gli autotrasportatori europei: un camionista romeno o polacco che viene distaccato in una azienda italiana, infatti, costa al datore di lavoro circa il 50 per cento in meno, grazie al carico contributivo e fiscale meno elevato.

L’articolo del settimanale sottolinea come la Germania, per contrastare il fenomeno – ne abbiamo parlato nei giorni scorsi –  abbia imposto un minimo salariale di 8,50 euro all’ora, anche se per ora solo per i trasportatori che hanno la Germania stessa come luogo di carico o scarico. La Francia ha invece vietato agli autisti il riposo settimanale (previsto per complessive 45 ore) a bordo del camion, pena un anno di carcere e una sanzione di 30 mila euro.

In Italia la fuga dei camionisti è anche condizionata dalla sparizione negli ultimi 5 anni di circa 18 mila imprese, in parte fallite e in parte trasferite a Est dove minori sono i costi di gestione e la burocrazia è più snella. Una corsa alla delocalizzazione che per alcune aziende ha significato lo spostamento del 70 per cento della flotta.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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