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QUI TAR LAZIO: I trasportatori eccepiscono l’incostituzionalità del potere dell’Antitrust; per il merito bisogna attendere

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È finita l’udienza del TAR del Lazio.
Esattamente come avevamo preannunciato di tutto si è discusso tranne che del merito. Anzi, ogni tentativo delle parti di prendere in considerazione questo aspetto è stato interrotto dai giudici amministrativi, sulla base della motivazione che al riguardo non necessitavano di ulteriori elementi rispetto a quelli raccolti soltanto due settimane fa all’udienza del 25 ottobre.

Tolto di mezzo il merito, la discussione si è spostata essenzialmente su aspetti di carattere processuale, tranne che per due questioni:
il primo, già conosciuto e già richiesto da altri ricorrenti, riguarda la richiesta avanzata dall’Antitrust di rimettere gli atti alla Corte di Giustizia europea per valutare la contrarietà dell’art. 83 bis con i principi dell’ordinamento comunitario;
il secondo, invece, è inedito e riguarda la richiesta da parte dei resistenti di rimettere la causa alla Corte Costituzione per far valutare la contrarietà ai principi della Costituzione italiana dell’art. 21 bis della legge 287/90 introdotto nel 2012, laddove concede proprio all’Autorità Garante della Concorrenza il potere di impugnare gli atti della pubblica amministrazione che determinano distorsioni della concorrenza. E qui l’argomento addotto dai ricorrenti – in termini sintetici – poggia sulla considerazione che le delibere che fissano i costi minimi hanno come interesse da tutelare la sicurezza generale nella circolazione stradale, mentre l’Antitrust, guardando la questione con un’ottica diversa, ne eccepisce la contrarietà ai principi della concorrenza. Ma chi l’ha detto che la concorrenza valga più della sicurezza? L’Antitrust evidentemente guarda la questione con un’ottica terza, né potrebbe fare altrimenti, visto che non considera che, dietro la normativa sui costi minimi esiste un’esigenza di carattere generale, com’è appunto quella di tutelare la sicurezza stradale.  

Altre eccezioni sollevate dall’Avvocatura dello Stato riguardano la procedura che l’Antitrust avrebbe dovuto seguire prima di arrivare al giudizio davanti al TAR. Procedura che prevede l’emanazione di un parere motivato entro 60 giorni dalla pubblicazione dell’atto amministrativo giudicato lesivo dei principi della concorrenza, con l’invito rivolto all’amministrazione a disapplicarlo in 60 giorni. In caso contrario, nei 30 giorni successivi, l’Antitrust può impugnare l’atto in questione davanti alla giustizia amministrativa. L’Avvocatura dello Stato eccepiva che i tempi di questa procedura non fossero stati osservati, al punto che lo stesso procuratore dell’Antitrust è sembrato giustificarsi attraverso la novità del procedimento (in pratica è la prima volta da quando gli è stato riconosciuto tale potere che l’Autorità Garante se ne avvale).
Inoltre, sempre l’Avvocatura sosteneva che, scomparsa la Consulta e con essa l’Osservatorio che emanava gli atti oggetto di contestazione, l’Antitrust avrebbe dovuto non limitarsi a presentare motivi aggiunti – come ha fatto dopo l’estate – ma ripetere tutto il procedimento nei confronti delle delibere ministeriali.  

In ogni caso, siccome l’Antitrust nel richiedere la rimessione degli atti alla Corte di Giustizia europea non ha chiesto anche una sospensiva, rispetto a tale questione rimane valida la decisione contraria presa dal TAR lo scorso 25 ottobre.

Infine, rispetto ai termini della sentenza, è difficile fare previsioni precise, anche perché nessuna delle parti ha richiesto – come invece avrebbe potuto – l’emissione di un dispositivo entro 10 giorni (con riserva di chiarire in tempi più lunghi le motivazioni). Qualcuno, lungo i corridoi, ipotizzava che la sentenza di merito potremmo trovarla sotto l’albero per Natale. E che, vista la complessità della materia, sarebbe tutto sommato un tempo ragionevole. Certo, che se l’esito fosse favorevole, varrebbe la pena di scrivere tutti quanti una bella letterina per chiederla in regalo a Babbo Natale…

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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