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Stop ai motori termici? Eni non molla e crede nel biodiesel

Si chiama HVOlution ed è il primo diesel della compagnia prodotto con il 100% di materie prime rinnovabili. Si trova in 50 stazioni di servizio ed entro marzo sarà disponibile complessivamente in 150 punti vendita in Italia. Un prodotto che, secondo Eni, può dare già da oggi un contributo importante alla decarbonizzazione della mobilità, anche del trasporto pesante

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Mentre l’Europa mette ufficialmente al bando i motori endotermici su auto e van dal 2035 in poi, con deroga al 2040 per i camion, c’è ancora una questione rimasta in sospeso: che ne sarà dei biocarburanti? Nel senso: se ormai è certo che sarà vietata la produzione di veicoli alimentati a benzina e gasolio per promuovere solo le soluzioni a emissioni zero (fondamentalmente l’elettrico), che futuro avranno gli altri carburanti alternativi in questa complessa fase di transizione?

Ci riferiamo in particolare a quelli ottenuti da biomasse, vale a dire da fonti energetiche rinnovabili, che non hanno un impatto a zero impronta carbonica ma che, diciamo, ci vanno quasi vicini.

Biocarburanti, futuro in bilico?

Diciamo subito che i biocarburanti (e con loro anche i carburanti sintetici, noti anche come e-fuels) non sono stati esclusi categoricamente dal bando imposto dalla Commissione. Ma è stato lasciato loro uno «spiraglio decisionale», una porta cioè che lascia spazio a possibili aperture anche dopo la fatidica data del 2035. E questo spiraglio ha una data ben precisa, il 2026, ovvero l’anno in cui la Commissione europea dovrà riunirsi per valutare i progressi raggiunti da questa tecnologia nel perseguire l’obiettivo del 100% di riduzione della CO2 considerando l’intero ciclo di vita produttivo.

A livello nazionale da più parti è stata auspicata l’ammissibilità dei biocarburanti, anche perché il nostro Paese rappresenta un’eccellenza tecnologica, in particolare sul fronte della ricerca. Basti pensare che l’industria italiana è al secondo posto in Europa per capacità produttiva di biodiesel con un valore che si aggira intorno 2.000.000 ton/anno, valore in crescita alla luce dei nuovi investimenti in itinere da parte di aziende nazionali. Tra queste, in prima fila, c’è senza dubbio Eni, che – notizia di questi giorni – ha iniziato la distribuzione in Italia del biodiesel HVOlution, prodotto usando l’olio vegetale idrotrattato.

Eni spinge sul biodiesel di origine vegetale

Più nel dettaglio, si tratta di un biocarburante composto al 100% da HVO puro, un gasolio rinnovabile prodotto da materie prime di scarto e residui vegetali e da oli generati da colture non in competizione con la filiera alimentare. Questo diesel rinnovabile è già sbarcato in 50 stazioni di servizio del gruppo, è in vendita in 33 province – tra cui Roma, Firenze, Bologna, Genova e Torino — e da marzo arriverà in altre città per un totale di 150 punti vendita. La mappa integrale è consultabile sul sito Enistation.com: per trovare i punti di rifornimento, basta filtrare la ricerca inserendo nei campi soltanto l’HVOlution.

Eni è convinta che questa soluzione – spiega in una nota – «può contribuire all’immediata decarbonizzazione del settore dei trasporti anche pesanti, tenuto conto delle emissioni allo scarico, perché utilizzabile con le attuali infrastrutture e in tutte le motorizzazioni omologate». La società ha sottolineato anche che, prima della commercializzazione nelle sue stazioni di servizio, l’HVO è stato già utilizzato da diversi utenti nell’ambito di mezzi per la movimentazione di mezzi aeroportuali e di veicoli commerciali della logistica. E anche da tutta la generica fascia di utenza di automobilisti italiani, dato che dal 2016 una piccola parte dell’HVO (il15%) è già presente nel carburante Eni Diesel+.

Per quanto sia prodotto al 100% con materie prime rinnovabili, HVOlution comunque non ha un’impronta carbonica azzerata, tuttavia il suo utilizzo mira a ridurre le emissioni di CO2 tra il 60% e il 90% nell’intero ciclo di vita. E questo è un aspetto interessante, proprio in considerazione del fatto che l’Unione Europea ha lasciato aperto un altro «spiraglio», e cioè la possibilità alle case costruttrici di commercializzare camion con motori a combustione interna anche dopo il 2040, a patto che le loro emissioni di CO2 siano ridotte appunto del 90% rispetto ai livelli del 2019. Un motivo in più, insomma, per sperare nella sopravvivenza dei biocarburanti e nella loro evoluzione sempre più tesa verso l’azzeramento totale delle emissioni.

All’argomento abbiamo dedicato anche un video della nostra serie «K44 – 4 minuti». Ve lo riproniamo qui di seguito.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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