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Tachigrafo truccato e documento di revisione periodica falso: alla sbarra 46enne bolognese

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È iniziato oggi il processo contro un’azienda di trasporti accusata di violazione di sigilli, omissione di cautele antinfortunistiche e di uso di atto falso. I fatti su cui poggiano le accuse sono avvenuti il 28 aprile di quattro anni fa, quando alle porte di Mantova un camion dell’azienda di proprietà del 46enne Mirko Rangoni fu fermato dalla polizia stradale. Da un controllo emergeva che sul camion era stato installato un sensore collegato a un telecomando azionato dalla cabina con cui era possibile staccare o attaccare le registrazioni del tachigrafo. E siccome il 33enne autista senegalese che era alla guida del veicolo aveva presentato alla polizia un disco del tachigrafo su cui c’era scritta una ricostruzione della realtà falsata, qui scattava un’altra incriminazione.

Senonché ad aggravare la situazione era anche il documento relativo alla revisione periodica del tachigrafo, da effettuare all’epoca ogni anno e che adesso va fatta ogni due, annuale, che risultava ugualmente falso. Ricordiamo che la revisione periodica è prevista dall’art. 11, comma 9, Legge 4 aprile 2012, n. 35, che prevede che gli apparecchi di controllo siano controllati ogni dalle officine autorizzate alla riparazione dei tachigrafi.

L’anno scorso il 4 novembre ci fu l’udienza con il rinvio a giudizio del titolare dell’azienda. E oggi, nel corso del primo atto del processo, il 46enne bolognese si è difeso gettando le accuse su un autista croato che sarebbe stato alle dipendenze dell’azienda qualche anno fa e che – a dire di Rangoni – avrebbe escogitato il sistema in modo da potersi ritagliare il modo di effettuare qualche viaggio in proprio. Il sensore, cioè, serviva proprio a bloccare le registrazioni quando il camion veniva utilizzato per questi “particolari” extra.

Una versione credibile? Lo si scoprirà nella prossima udienza prevista per il 1° aprile.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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