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Trasporto merci in leggera ripresa, ma ormai i traffici in arrivo solo controllati da altri

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Come sta il trasporto merci? Non troppo bene, anche se, una leggera ripresa dell’economia, con un PIL sopra l’1%, potrebbe abbassare la febbre. È questa la sintesi del Rapporto «Analisi e previsioni per il trasporto merci in Italia», elaborato dall’Ufficio Studi Confcommercio e presentato in occasione del convegno “Italia dis…connessa” svoltosi a Roma stamattina, presso la sede nazionale della Confederazione. E il sintomo che la cura sia in corso la si è colta già lo scorso anno, quando a dispetto delle previsioni negative, il trasporto merci è cresciuto di mezzo punto percentuale, grazie soprattutto ai trasporti internazionali (visto che quelli interni hanno registrato una flessione dello 0,6%). In ogni caso mezzo punto percentuale è poco rispetto alle perdite accumulate negli anni in termini di tonnellate-chilometro e che – secondo Confcommercio – «ammontano al 21,6% tra il massimo del 2005 e il minimo del 2013.».

Anzi, per essere precisi, «se nel 2015 il PIL dovesse arretrare, come si prevede, del 7,3% rispetto ai valori precedenti alla crisi iniziata nel 2007, il trasporto merci subirà una contrazione del 20% e quello su strada del 27%. E con i tassi di crescita previsti per il 2015 (+0,9% per il PIL e +1% per il trasporto merci) per superare i rispettivi livelli del 2007, occorreranno, 9 anni al primo e 23 al secondo».

D’altra parte nel periodo 2007-2012 i trasporti interni su gomma effettuati sul territorio nazionale dalle imprese italiane sono diminuiti di quasi il 27%, mentre quelli fatti da imprese estere sono cresciuti del 18%.

Rispetto alle merci in entrata in Italia, invece, un dato preoccupante è che la quota controllata dai trasportatori dell’Est supera il 47 (era inferiore al 7% nel 2003), mentre quella degli italiani si avvicina al 15% (era il 33% nel 2003). Il tutto mentre, tra il 2008 e il 2012, il trasporto merci su strada ha perso 27.000 occupati, reimpiegati in buona parte da cooperative dell’Est, in particolare rumene, che possono contare su un regime fiscale e contributivo ben più leggero e, quindi, ben più concorrenziale di quello delle imprese italiane.

L’analisi cita al riguardo alcuni esempi di Conftrasporto: a un’impresa italiana di autotrasporto far operare un veicolo pesante costa, in termini di costo del lavoro, oltre 21 mila euro annui in più che a un’impresa slovena, circa 21 mila euro in più che a un’impresa greca e oltre 12 mila euro in più che a un’impresa spagnola. A tali penalizzazioni ogni anno vanno aggiunti tra Assicurazione RC Auto, Bolli e Costi di revisione per ciascun veicolo extra costi aggiuntivi pari a 1500 euro rispetto a un’impresa spagnola, 1.200 euro rispetto ad una impresa slovena e 500 euro rispetto ad un’impresa greca.

Infine la tassazione oversized. Il carico di imposte indirette che pesa sulle imprese è pari a più di sei volte il loro contributo al reddito nazionale. «Un peso sproporzionato che riduce inevitabilmente la capacità competitiva dell’autotrasporto nazionale e lo qualifica come un prezioso Bancomat per le casse dello Stato».

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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