Il porto di Trieste prolunga per altri 50 anni la concessione alla Siot (Società italiana per l’oleodotto transalpino spa). Il canone fissato è di 172 mila euro all’anno per un totale di 8 milioni e 600 mila. Zeno D’Agostino, commissario dell’Autorità portuale definisce l’accordo come «la concessione più importante dei porti italiani» e giustifica tale affermazione ricordando che Siot è il «primo terminalista italiano». Qualche numero è sufficiente a dimostrarlo. Siot fornisce il 90% del fabbisogno di petrolio dell’Austria, il 40% della Germania, il 50% della Repubblica Ceca. L’oledotto del sistema Transalpine pipeline è lungo 753 km e rifornisce otto raffinerie, assumendo un’importanza decisiva rispetto all’approvigionamento del Centro Europa. E poi ci sono gli indotti su Trieste. Soltanto lo scorso anno il Terminale Marino ha ospitato 521 navi per un volume di greggio sbarcato di 41,5 milioni di tonnellate. Non è un caso che Siot assorba il 75 per cento del volume dei traffici del Porto di Trieste, arrivando a fatturare, nel 2014, 82,3 milioni di euro con ricadute sull’economia nazionale per 75 milioni. Proprio per questo la presidente della Regione Friuli Venezia-Giulia, Debora Serracchiani, giudica che «il rilancio del Porto di Trieste passa prima per il consolidamento dell’esistente; la firma di oggi va in questo senso e la Siot prevede di investire 20 milioni di euro all’anno. Con gli occupati, l’indotto e le tasse, la Siot è una delle aziende più importanti e lascia ricchezza sul territorio».
In effetti dalla Siot confermano una previsione di investimenti nell’ordine di 60 milioni di euro da qui al 2017 finalizzati a ottimizzare le strutture esistenti, incrementare le possibilità di traffico e «garantire la sicurezza» ha chiarito la presidente di Siot, Ulrike Andres.