«Mi chiamo Marcello Bonifacio, ho 25 anni, sono di Altamura (Ba) e sono un camionista», comincia così la lettera che abbiamo ricevuto in redazione e che pubblichiamo integralmente.
Amo questo lavoro, l’ho sempre sognato sin da bambino. Per me il camion non è solo un mezzo, è una passione, una parte di me. Ma oggi, dopo tanti anni su strada, mi trovo in un punto in cui non ne posso più.
Il viaggio, quello che un tempo era un piacere, oggi è diventato una condanna. Parlo a nome di tanti colleghi come me, che partono dal Sud Italia e girano tutta la nazione. Arrivare a Milano dovrebbe essere una passeggiata, e invece è diventato un massacro.
Le nostre autostrade sono ormai piene di cantieri, deviazioni e lavori in corso che ci fanno perdere tanto, anzi troppo tempo. E per noi camionisti, che con il tempo ci lavoriamo, questo è devastante.
Su una tratta come Bari–Bologna si arriva a perdere anche due ore, se sei fortunato e parti presto. Perché se parti tardi, ti ritrovi a fare i conti con uscite obbligatorie infinite, mal segnalate e con una confusione assurda.
E poi la sera… fermarsi in un autogrill è diventato un sogno. Sempre super affollati, se sei fortunato trovi una doccia calda, ma il 90% delle volte sono fredde e sporche. I servizi sono pochi, le infrastrutture quasi inesistenti. A volte sei costretto a sforare anche le ore di guida solo per trovare un posto decente dove fare una pausa. E tutto questo lo vivi con l’ansia addosso, perché se ti ferma la polizia e superi anche di un solo minuto le ore di guida, rischi una sanzione. Così stai 56 giorni con la paura addosso, solo per cercare di lavorare onestamente.
Non si può più lavorare così. Ogni giorno è più dura, e io sono arrivato al punto di essere letteralmente amareggiato di fare il lavoro che ho sempre amato. Non per colpa del camion, non per colpa della strada… ma per colpa di un sistema rotto e corrotto.
E voglio aggiungere una cosa importante: non credete a tutte quelle persone che sui social fanno vedere che è tutto rose e fiori, che vi promettono di insegnarvi come fare questo lavoro o come andare avanti. La verità è che non è così.
In questo mestiere vai avanti solo grazie a te stesso, alla tua forza, ai sacrifici e alla passione vera.
Scrivo questo perché non riesco più a sfogarmi solo con i miei amici e colleghi. Voglio farmi sentire, voglio gridarlo forte, voglio fare rumore. Perché noi camionisti meritiamo rispetto, meritiamo strade sicure, servizi dignitosi e un sistema che ci permetta di lavorare con serenità.
Io ci ho sempre creduto in questo lavoro. Ma ora voglio crederci in un’Italia che rispetti chi la muove, ogni giorno, chilometro dopo chilometro.


