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Laura nel paese dell’autotrasporto

L’autotrasporto, agli occhi di chi lo guarda per la prima volta, è una sorta di universo fantasy, in cui tutto ciò che accade non ha logica e dove anche le regole vengono violate senza curarsi delle conseguenze. Ma cosa accadrebbe se ognuno si sentisse parte della stessa filiera e giocasse, come un attore in un film, la propria parte fino in fondo? La tesi di questo mese risponde in modo secco: «Diventerebbe il paese delle meraviglie!»

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«Ecco, questi sono i transpallet. Qui in Veneto le chiamiamo rane».
Osservavo quei “trabiccoli” – direbbe mia nonna – in cerca di una qualsiasi somiglianza con gli anfibi saltellanti che popolano solo i regni delle fiabe. Qui, in Pianura Padana, al limite ci concediamo il lusso di vedere qualche rospo.
Niente. Non esisteva alcun collegamento. Onestamente, non credo nemmeno che baciandole sarebbero diventate dei principi perché, se fosse stato così, mi avrebbero risparmiato ore di lavoro a bordo.

Autisti sulle rane

Ecco, quello che si apriva nel mio primo giorno come autista era uno scenario surreale: a fare da sfondo un magazzino di non so quanti metri quadri stracolmo di merce in cerca di una destinazione. Pedane affollate di frutta e verdura umida in attesa del proprio binario. Intorno, indaffarate e concentrate solo sulla loro fretta come il Bianconiglio, giravano senza sosta e velocemente, sopra questi transpallet, centinaia di persone.
«Ma questi sono i magazzinieri?».
«No, autisti. Tieni, questa è la tua (rana, s’intende)».
Ricordo quel momento come la consegna della chiave con cui aprire la porta di un mondo. Ora, nel raccontarlo, mi sembra quasi un universo fantasy, tanto era popolato da personaggi inventati (ma non troppo) e da situazioni tanto presenti e quotidiane, quanto prive di senso.
Benvenuta, Laura, nel paese dell’autotrasporto.

L’autista e il suo doppio (cioè il facchino)

Iniziare a fare questo lavoro è un po’ come guardare il giardino del Paese delle Meraviglie attraverso uno spioncino: lo osservi e ti sembra magico, attraente, potenzialmente perfetto; quando, però, finalmente riesci a entrarci, ancora entusiasta e fiera, fai i conti con cose che nemmeno immaginavi. Alcune sono più belle nella realtà che nella fantasia, altre, invece, risultano terrificanti.
Una tra tutte: il carico e lo scarico, il momento in cui ti devi sdoppiare ed essere oltre che autista, anche facchino. Senza formazione alcuna, senza una degna retribuzione (non sempre, ma spesso), senza attrezzatura adeguata e mantenuta (il più delle volte). Il tutto per almeno un terzo della tua giornata.

Dove l’irrazionalità sconfigge la logica

«Accadrà soltanto per questa tipologia di merce», penso. Invece, i nonsensi colonizzano ogni angolo di questo mondo, in un’eterna lotta tra logica (quella scritta e regolamentata) e irrazionalità (quella che si applica nel quotidiano).
Dove le aziende, interessate a risparmiare sul personale, chiedono all’autista di caricare e scaricare il mezzo senza contratto o retribuzione. Dove per legare le pedane si resta appesi come merluzzi in pochi centimetri di spazio del nostro cassone. Dove, quando arrivi di sera, ti lasciano le chiavi del magazzino e devi caricare o scaricare tu, senza che ci sia nessuno ad assistere se ti capita qualcosa. Dove per la fretta dimentichi di legare bene una bobina che ti schiaccia quando apri le porte. Dove devi infilarti in mezzo alla città per consegnare un bancale a qualche negozio del centro e se non hai la sponda lo scarichi a mano. Dove, se arrivi nei porti, carichi e scarichi da solo anche pesi eccezionali o, se vai nei negozi di mobili, ti puoi trovare a scaricare a mano porte blindate, tanto da dover chiedere aiuto alla paraffina per far scivolare meglio gli imballi. Dove esistono sia aziende prive di linea vita, anche se al loro interno sono previsti lavori in altezza, sia grandi magazzini in cui ti devi accollare la responsabilità del controllo della merce e dei rispettivi bancali e in cui la collaborazione altrui si riduce alla consegna dei loro strumenti accompagnata da scarne disposizioni: «Arrangiati!». Poi firmi la liberatoria e ti chiedi se sia sufficiente a scaricare su di te ogni tipo di colpa.
Nessun trasporto è esente, nessuno di noi indenne.
Sembrerebbe un bel romanzo pieno di metafore che un po’ ti trasporta in uno scenario immaginario per farti evadere dalla realtà e un po’ ti insegna qualcosa sulla vita.
Invece non lo è. È solo una terribile partita a scacchi lungo una filiera in cui le pedine sono i vettori e in gioco c’è la vita degli autisti.

Una filiera legata da professionalità

Per legge, le responsabilità legate alla fase di carico e scarico dovrebbero essere di tutta la filiera, dal mittente che si impegna a consegnare le merci correttamente imballate, al trasportatore, fino al caricatore che collabora con l’autista affinché il carico venga disposto correttamente sul veicolo. Il vettore poi ha l’obbligo di fissarlo correttamente e il destinatario di prendersi l’onere dello scarico.
Di fatto, però, parlare esclusivamente in termini di responsabilità porta soltanto a una lunga lista di escamotage per evitarla, per starle lontano, per trattarla come una bella donna che nessuno, però, intende sposare.
È tempo, quindi, di trovare un altro modo di raccontarci le cose, di trovare il piacere dietro al dovere e di provare ad analizzare i vantaggi di una filiera che lavora come un team e in cui ogni attore si fa carico del proprio ruolo, specializzandosi e diventando sempre più professionale in ciò che fa.
È tempo di diventare consapevoli di quello che siamo come lavoratori e professionisti, perché chi vince non è chi la fa franca, ma chi costruisce un nuovo futuro, rispettando gli spazi e la professionalità altrui, tutelandone i diritti e pretendendone i doveri, apportando così valore a tutto il sistema.
Solo così si potrà avere una vera e propria filiera del trasporto, un vero settore chiamato «Logistica», in grado di essere competitivo sul mercato globale, in grado di motivare tutti coloro che lo animano a essere autenticamente professionisti.
E allora sì che finalmente potremmo definirlo il paese delle meraviglie.

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