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EDITORIALE | Perché bisogna essere grati al TAR Lombardia

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Una politica avara di strategie adotta provvedimenti sulla spinta di onde emotive o mediatiche. E tali disposizioni producono risultati il più delle volte deludenti, lacunosi, a volte contraddittori. In più, proprio perché lavorano in superficie, per funzionare devono aggrapparsi a triti luoghi comuni e costruire storytelling elementari, facendo leva su pregiudizi più o meno radicati nell’immaginario collettivo.

Per queste e altre ragioni bisogna plaudire alla sentenza con cui il TAR Lombardia, su ricorso di Assotir, ha annullato la delibera de Comune di Milano che imponeva ai camion di dotarsi di sensori per segnalare eventuali presenze negli angoli ciechi. Innanzi tutto, perché ha bloccato sul nascere una possibile deriva in cui sarebbero potute scivolare molte amministrazioni locali sulla scia dell’esempio milanese, determinando così l’ennesima regolamentazione «arlecchino», con regole di circolazione che cambiano colore sotto ogni campanile.

Ma soprattutto quella disposizione era un manifesto di approssimazione, concepita per fornire una risposta superficiale all’emergenza generata dalla difficile convivenza sulle strade urbane di camion e bici. Talmente effimera da essere sostenuta tramite una narrazione addirittura manichea, tratteggiando da una parte un personaggio debole da difendere e dall’altra uno forte da condannare. Operazione facilitata non soltanto dalle diverse dimensioni in campo e dalla naturale tentazione degli umani di tifare per Davide contro Golia, ma anche dal fatto che qui il soggetto forte è già schedato come un bruto poco affidabile. Ed è quindi fin troppo facile trasformarlo da disturbatore degli esodi estivi degli italiani, a nemico numero uno della mobilità ecologica. È evidente che una tale narrazione non risolve il problema, ma soddisfa l’esigenza dei più di avere a disposizione un colpevole. Sarebbe stato molto più complesso mettere a fuoco modi realmente costruttivi per migliorare lo stato di cose.

La municipalità di Barcellona, per esempio, di fronte ad analoghe problematiche ha deciso di tenere distinte le aree urbane in cui transita l’utenza debole della strada, concedendo a vetture e camion spazi diversi oltre che i perimetri di queste grandi zone pedonali. Esattamente il contrario, cioè, di quanto si ottiene realizzando piste ciclabili in modo disomogeneo, strozzando cioè carreggiate in cui si ammassa il traffico.

Anche in Germania, come ci ha spiegato in un’intervista per un podcast di K44 la psicologa del traffico Manuela Bellelli, sono riusciti a tagliare gli incidenti insegnando ai bambini, fin dalle scuole elementari, come i ciclisti debbano relazionarsi con un camion. Il metodo è quello di far sedere i bambini nel posto guida di un veicolo pesante così da far verificare loro quanti e quali pezzi di visuale rimangono esclusi stando in quella posizione. Esattamente il contrario di quello che si fa da noi, dove – stando alle statistiche milanesi – un incidente su quattro di quelli che coinvolgono ciclisti è riconducibile a una loro imperizia.

Ma queste sono strategie, percorsi articolati da gestire sul lungo termine e che richiedono uno stravolgimento delle modalità con cui vivere uno spazio urbano. E quindi, almeno agli occhi di molti politici, hanno il difetto di non avere un ritorno elettorale immediato. La nostra politica, infatti, è tattica, concentrata sul breve, sulla ricerca di conseguenze di breve periodo e non necessariamente da verificare. In tal senso la delibera era esemplare. Pensate che se all’esterno – a pelo d’acqua per così dire – ingenerava in tutti la convinzione che per accedere in alcune aree urbane i camion dovessero essere equipaggiati con i sensori anti-angolo cieco, agli operatori invece suggeriva – più in profondità – di prenotare semplicemente una visita per montarli, da effettuare nell’arco di un paio di anni. Lo scarto tra la realtà e l’apparenza, quindi, era veramente considerevole.

Rimane il fatto che qualche azienda, non avendo percepito il messaggio sotterraneo, abbia comunque acquistato i sensori e li abbia pure pagati. E così un provvedimento quasi virtuale ha prodotto conseguenze dannose, che qualcuno adesso sarà chiamato realmente a risarcire, magari passando attraverso ulteriori strascichi giudiziari. Senza fine…

Daniele Di Ubaldo
Daniele Di Ubaldo
Direttore responsabile di Uomini e Trasporti

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