Oggi esaminiamo una sentenza che ha indirettamente a che fare con il cosiddetto «settlement», istituto recepito da appena tre anni nell’ordinamento italiano (art. 34 legge 118/2022). Si tratta, in sostanza, della «procedura di transazione» in base alla quale le imprese coinvolte in violazioni antitrust possono riconoscere la loro partecipazione all’illecito in cambio di una riduzione della sanzione, applicabile non solo ai cartelli (come accade a livello europeo), ma anche agli abusi di posizione dominante.
Ora, una delle questioni legate al settlement riguarda il valore probatorio di queste procedure nelle azioni di private enforcement, ossia nei procedimenti civili in cui i privati cercano di ottenere il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza.
Una recente sentenza del Tribunale di Napoli (Sez. Imprese, n. 7433/2024) ha appunto affrontato il tema, con una decisione per certi versi sorprendente.
IL FATTO
Una società di trasporti ha citato in giudizio una casa produttrice di autocarri per ottenere un risarcimento del danno antitrust. Il fatto nasce dalla nota decisione della Commissione Europea del 2016, che aveva sanzionato vari produttori per aver costituito un cartello sui prezzi degli autocarri, attraverso appunto una procedura di settlement con cui i produttori avevano ammesso la propria responsabilità.
L’azienda di autotrasporto sosteneva di aver subito un danno economico, sotto forma di sovrapprezzo pagato per l’autocarro acquistato in leasing nel 2003 – ovvero la differenza tra il prezzo effettivo e il prezzo che sarebbe stato applicato in condizioni di libera concorrenza – e chiedeva di conseguenza il risarcimento. La richiesta si basava sulla presunzione di danno prevista dal d.lgs. 3/2017, che recepisce la Direttiva UE 104/2014, e sul fatto che la decisione della Commissione avrebbe costituito prova privilegiata dell’infrazione.
Dall’altra parte il produttore negava la responsabilità, sostenendo la prescrizione del diritto al risarcimento, l’assenza di un nesso causale tra il cartello e il danno e che l’azienda avrebbe comunque potuto trasferire il sovrapprezzo ai suoi clienti finali, riducendo così il danno subito (c.d. passing-on defense). Per chi non fosse avvezzo ai termini giuridici, il passing on defense è una difesa che si basa sull’idea che, se un acquirente di beni o servizi viene danneggiato da un prezzo eccessivo a causa di un cartello, ma poi trasla questo sovrapprezzo ai propri clienti, non ha subito alcun danno effettivo.
LA DECISIONE
Chiamato a decidere, il Tribunale di Napoli non ha avuto dubbi e ha riconosciuto il valore probatorio del settlement. Questo significa che le decisioni della Commissione europea possono essere usate come indizi forti o principi di prova dell’avvenuta violazione antitrust, anche in sede civile.
Ma c’è un ma. Questo valore probatorio – dice il giudice – non si estende automaticamente al diritto al risarcimento: il danneggiato deve infatti provare l’esistenza del danno e il nesso causale con l’intesa illecita. Venendo al caso concreto, il Tribunale partenopeo ha rilevato che l’azienda di trasporto non ha prodotto i documenti contabili richiesti, non giustificando l’omissione. In secondo luogo e alla luce dell’attività economica (servizi di trasporto), era verosimile che avesse scaricato il sovrapprezzo sui propri clienti.
Pertanto, ha applicato il principio (previsto dalla normativa italiana ed europea) per cui il giudice può trarre conclusioni negative in caso di mancata esibizione documentale. Ha quindi presunto il trasferimento integrale del sovrapprezzo e respinto la domanda risarcitoria per mancanza di prova del danno effettivo.
LE CONSEGUENZE
In conclusione, le decisioni di settlement possono fungere da prova della violazione della concorrenza, ma non bastano da sole a ottenere un risarcimento. L’onere della prova del danno e del nesso causale resta per il giudice napoletano a carico del danneggiato.
Se il convenuto poi invoca la passing-on defense ha l’onere di provarla, ma il giudice può considerarla fondata se l’attore non collabora (es. se non produce documenti). In questo caso, la società attrice non ha dimostrato il danno, per cui il risarcimento è stato negato.
Viene però da pensare che il giudice conosca poco la situazione italiana del mercato del trasporto merci, in cui rovesciare un qualsiasi costo ulteriore sui clienti è impresa praticamente impossibile, proprio per l’acerrima concorrenza tra le aziende che anzi porta spesso ad un ribasso dei prezzi.
Invece la sentenza ha indubbiamente un risvolto positivo nel chiarire il ruolo dei settlement nel private enforcement antitrust. Si tratta di strumenti probatori utili, ma non sufficienti. Serve sempre – lo ripetiamo, almeno in questa interpretazione – una prova concreta del danno subito, nel rispetto di un equilibrio tra tutela del danneggiato e diritto di difesa del convenuto.