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Antonella Straulino, Segretario generale del Clecat: «Il mio impegno affinché nessuna donna debba essere posta di fronte a una scelta»

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Una carriera nel mondo delle spedizioni coronata, lo scorso novembre, dalla nomina a Segretario generale del Clecat, l’Associazione europea delle imprese di spedizioni internazionali, dei fornitori di servizi logistici e degli agenti doganali. Eppure, per Antonella Straulino, già responsabile delle Relazioni internazionali di Fedespedi, nonché prima donna a ricoprire la carica di Segretario generale nella storia dell’Associazione, non è il primo successo in carriera che la porta a essere una delle prime (e ancora poche) donne a farsi strada in un settore prevalentemente maschile.
Nel 2013, infatti, Straulino fu la prima vicepresidente italiana di Fiata, la Federazione Internazionale delle Associazioni di Spedizionieri, nonché, all’epoca, unica donna in un Consiglio di una quarantina di uomini. Attualmente presiede inoltre la Regione Europa di Fiata (ancora una volta, prima donna in assoluto). Eppure, la sua carriera nel settore inizia in maniera quasi del tutto casuale. Una serie di coincidenze che oggi l’hanno portata a ricoprire un ruolo di prim’ordine in ambito internazionale.

Come è iniziata?

Sono entrata nel settore nel 1987, iniziando la mia carriera come segretaria di direzione per il vicepresidente esecutivo del Gruppo Cameli. Non era nelle mie intenzioni, in realtà, ma trovai la proposta interessante e soprattutto il lavoro stimolante e divertente. Dopo il crollo del Gruppo mi spostai in una piccola casa di spedizioni, la Luigi Serra Spa, anch’essa di Genova, la mia terra di origine, il cui presidente Ugo Serra fu anche l’unico presidente italiano del Clecat. Lì conobbi Alberto Petrozzi, segretario generale di Fedespedi, che mi chiese di lavorare per lui. Era il 12 giugno 1995 quando approdai a Milano in Fedespedi con un contratto di collaborazione di sei mesi. Ventisette anni dopo sono ancora qui.

Fin da subito, però, si è occupata di estero.

Sì, Fedespedi rappresenta le imprese di spedizioni internazionali e da subito iniziai a occuparmi di Relazioni internazionali. Lavoravo lato Federazione europea, il Clecat appunto, della quale Fedespedi è socio fondatore, e per Fiata, la Federazione mondiale. Ho iniziato così a “costruire ponti”, così descrivo il mio lavoro il cui aspetto più bello sono senz’altro le relazioni umane.

Oggi le donne che ricoprono cariche così importanti all’interno di realtà soprattutto internazionali non sono molte. All’epoca com’era la situazione?

Nell’autunno del 1995, poco dopo il mio arrivo in Fedespedi, venne costituto in Fiata un Gruppo di lavoro con il compito di produrre le Linee guida per le condizioni generali nei vari Paesi. Mi mandarono alla prima riunione. Tra i presenti ero la più giovane, appena trentenne, oltre che l’unica donna. Ricordo ancora oggi le espressioni dei presenti. Era per me un grande onore, ma in realtà ero terrorizzata. Eppure, andò bene. Nei mesi successivi, alla prima riunione ufficiale di Fiata, il presidente della Commissione Affari Legali mi chiese personalmente di prendere parte ai lavori di un nuovo working group che si stava realizzando.

Nel 2013 alla sua elezione come vicepresidente Fiata disse che avrebbe voluto vedere più donne. Eppure, a distanza di quasi dieci anni la situazione non è molto diversa. Cosa serve per avvicinare le donne al settore?

In realtà un miglioramento c’è stato: ora nel board di Fiata siamo in 5. Inoltre, il ruolo di direttore del Clecat è ricoperto da una donna, Nicolette Van der Jagt e quello di presidente di Fedespedi anche, Silvia Moretto. Detto questo, non sono favorevole alle “quote rosa”, nel senso che la mia personale opinione è che una persona, qualsiasi ruolo ricopra, debba essere la migliore scelta per quella posizione, indipendentemente dal genere, l’età o qualunque altro fattore. Eppure, se andiamo a guardare i dati delle Università, notiamo che ci sono molte più donne, che mediamente si laureano più in fretta e con voti migliori. Donne che però a un certo punto, inevitabilmente, si perdono perché vedono il loro tempo drasticamente ridotto per dedicarsi alla famiglia. Credo che questo aspetto sia emerso soprattutto durante il lockdown, quando le donne si sono trovate ad affrontare un carico domestico raddoppiato. Bisogna che vengano offerte più possibilità di gestione del tempo, grazie anche a maggiori servizi “dedicati” alle donne ed alle loro esigenze.

E infatti, professionalmente, sono state le più danneggiate dalla crisi pandemica.

Sì, perché la parità di genere dovrebbe partire in primo luogo da una giusta distribuzione dei carichi all’interno dell’ambito familiare, altrimenti non ce la faremo mai. Oggi la maternità per le donne è ancora un problema. Mi è capitato in prima persona di sentirmi dire che un figlio avrebbe potuto ostacolare la mia carriera. Ecco, io vorrei lavorare affinché nessuna altra donna si debba sentire dire delle cose del genere o debba essere posta di fronte a una scelta. Serve cambiare mentalità, ma è difficile, soprattutto nel nostro settore. Pensiamo per esempio all’autotrasporto. Come Clecat stiamo svolgendo un grande lavoro con la Commissione Europea per quanto concerne i parcheggi sicuri. Stiamo cercando anche di far comprendere che per via della carenza endemica di autisti bisognerebbe rivolgersi non solo ai giovani, ma anche alle donne, ma questo è possibile solo se si offrono loro i giusti servizi. Ad oggi invece mancano strutture dedicate alle autotrasportatrici. È un principio valido per qualunque settore: serve mettere le donne nelle condizioni di poter lavorare perché quelle che non hanno un appoggio famigliare, ad oggi, non possono farlo. 

Quali saranno gli obiettivi del suo mandato come Segretario generale Clecat?

La nostra grande battaglia attuale è relativa al trasporto marittimo: la situazione, soprattutto in ambito trasporto containerizzato, è sotto gli occhi di tutti e la nostra posizione è chiara. Vogliamo regole uguali per tutti, alla base di una sana concorrenza e di un mercato davvero libero. Per cui continueremo a chiedere innanzitutto una revisione del CBER, affinché tenga conto dei cambiamenti intervenuti nel mercato e delle mutate esigenze. Poi abbiamo la digitalizzazione, così come la sostenibilità. Abbiamo per esempio discusso recentemente il “Fit for 55 Package” – le proposte della Commissione europea per la transizione ecologica – portando il nostro punto di vista: cerchiamo di fare bene gli step essenziali, compiendo passi ponderati e condivisi. Si stanno inoltre avviando i lavori per la revisione della direttiva sulle norme sul trasporto combinato tra Stati membri in cui saremo impegnati a fornire il nostro punto di vista. Questa sarà una grossa parte del programma 2022 di Clecat e Fiata. La mia personale priorità, inoltre, saranno i giovani. Sono infatti membro del Comitato decisionale del Premio Giovane Spedizioniere dell’Anno dedicato ai professionisti tra i 18 e i 32 anni.

Lei è anche Segretario di Fedespedi Giovani. Dal suo punto di vista, che ruolo giocheranno le nuove generazioni per il futuro della logistica?

La pandemia ha certamente messo in grossa difficoltà e penalizzato le nuove generazioni impedendo loro di incontrarsi fisicamente. Ancora oggi, per esempio, il mio lavoro si basa sulle relazioni umane che ho costruito negli anni, incontrando le persone. Per questo motivo è ancora più importante coinvolgerli e motivarli. I componenti del nostro gruppo si sono occupati in prima persona di temi come la digitalizzazione, la comunicazione e soprattutto la sostenibilità. Inoltre, hanno preso parte a uno studio realizzato dalla Commissione Training di Fedespedi sugli ambiti nella nostra professione che saranno i più gettonati nel prossimo futuro. Proprio la formazione, infatti, è un elemento imprescindibile dal mio punto di vista. Digitalizzazione, transizione ecologica sono tutti temi importantissimi, ma dobbiamo capire che la cosa più preziosa, alla base di tutto il sistema, sono le persone.

La pandemia ha anche messo in luce il ruolo fondamentale della logistica che però oggi sta vivendo un momento di forte crisi. Come occorre agire per uscire da questa situazione creando una supply chain più resiliente e sostenibile?

Bisogna creare l’infrastruttura di base per far sì che le nuove tecnologie siano giustamente utilizzate. È inutile incentivare l’elettrico, ad esempio, senza che vi siano sufficienti postazioni di ricarica – o colonnine adatte anche ai veicoli pesanti –. Questo vale per tutto ed è il punto di partenza. La pandemia ha esasperato uno scenario già esistente. Il re è nudo, finalmente. La crisi creatasi ha molte cause e concause e le responsabilità sono di tutti (magari per qualcuno di più). Ma la situazione non cambierà dall’oggi al domani, soprattutto senza collaborazione e dialogo fra i diversi operatori, che ancora oggi mancano.

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