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Carlotta Caponi, la prima donna segretario di FAI-Conftrasporto. Autotrasportatrici si nasce

Classe 1982, umbra e imprenditrice del settore, Carlotta Caponi è cresciuta nell’azienda di famiglia, storica impresa di trasporti nazionali e internazionali su gomma. Undici anni fa un gruppo di imprenditori ha fondato FAI Umbria di cui lei ha ricoperto e ricopre il ruolo di Segretario. Poi, nel marzo 2022 il salto verso la segreteria nazionale

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Per la prima volta nella storia di FAI-Conftrasporto il Segretario generale è una donna. Si chiama Carlotta Caponi e dal marzo dello scorso anno ricopre la seconda carica della più grande associazione imprenditoriale del trasporto merci per conto di terzi su strada in Italia. Classe 1982, umbra, è cresciuta nell’azienda di famiglia, storica impresa della provincia di Perugia specializzata nel trasporto bestiame. L’autotrasporto l’ha respirato fin da piccola e se è riuscita ad arrivare fino a dove si trova oggi è perché «le donne, quando si mettono in testa un obiettivo, ce la fanno sempre».

Di donne nel settore, però, ce ne sono ancora poche. Come stimolare quindi la loro presenza?

Dobbiamo ammettere che alcuni mestieri sembrano ancora oggi di appannaggio prettamente maschile, soprattutto quello di autista che è complesso, faticoso, anche per esigenze fisiologiche. Credo però che alle donne oggi non sia precluso niente, non c’è la volontà di tenerle lontane da questo settore.

Eppure, ci sono poche donne anche nelle Associazioni, perché?
Dobbiamo ricordare che fino a non molto tempo fa le donne nel settore erano ancora meno che oggi. Nelle aziende di trasporto era raro trovare figure femminili e di conseguenza anche nei luoghi della rappresentanza la loro presenza scarseggiava. Oggi qualcosa sta cambiando: a livello di relazioni e di trattamento siamo perfettamente allineati.

Lei in questo settore ci è nata, crescendo nell’azienda di famiglia. Cosa l’ha spinta a rimanere?
Questo mondo fa parte di me, quindi la scelta è stata molto naturale. Mio padre rappresenta la terza generazione di un’impresa di autotrasporto e io sono cresciuta tra camion e autisti. Anche se non ho mai avuto il desiderio di guidare un camion, ho sempre dato una mano in azienda quando ce ne era bisogno, anche durante gli studi universitari. In totale onestà, questo lavoro mi piace molto. Diverse persone mi hanno detto che è un lavoro “da uomini”, io rispondo che è un lavoro dinamico che porta a doverti confrontare quotidianamente con persone e problemi diversi.

Com’è iniziato invece il suo impegno a livello associativo?
Mio padre ha sempre creduto nel ruolo delle associazioni e mi ha sempre coinvolta molto nei momenti assembleari, che sono stati, fin da quando ero più giovane, l’occasione per condividere del tempo con lui. Undici anni fa, con la creazione della sezione FAI Umbria, mi venne chiesto di ricoprire il ruolo di Segretario. Chiaramente all’inizio le difficoltà non sono mancate: per molti ero semplicemente una segretaria. Quella che sembrava essere solo una differenza semantica, in realtà, è una diversità sostanziale che mi sono trovata a dover spiegare più volte, ma sempre con tranquillità e umiltà, perché ciò che fa la differenza, a mio avviso, è anche l’approccio. Con il tempo hanno capito tutti che potevo essere un punto di riferimento, che potevo condividere con loro sia momenti di gioia che di difficoltà, finchè non hanno iniziato a percepirmi semplicemente come una professionista.

Ha iniziato la sua gavetta giovanissima e il tema della carenza di giovani è sicuramente un altro problema che oggi il settore sconta. Si sono cercate tante motivazioni, ma le soluzioni quali sono?
Ci troviamo in una fase storica in cui l’approccio al lavoro è sicuramente cambiato, così come è cambiata l’immagine del mestiere a cui bisognerebbe ridare un po’ di smalto. Recentemente un imprenditore ha proposto di fare una fiction dedicata all’autotrasporto, sulla scia di quanto accaduto con il settore della ristorazione e Masterchef. Sicuramente una bella idea, ma penso che prima di tutto sia necessario ripensare, come sistema Paese, la questione del lavoro. Dal punto di vista pratico, invece, tra le altre cose in FAI stiamo collaborando con alcuni Its per formare gli operatori di domani, oltre a monitorare la “direttiva patenti” che mira a ridurre l’età per poter conseguire le patenti, e stiamo cercando di reperire i fondi per la formazione.

Il costo delle patenti per molti, e molte, infatti rappresenta un problema…
Come FAI riteniamo che il tema dei costi sia legato essenzialmente alla durata dei corsi. Le scuole guida si trovano a dover fare corsi di formazione di centinaia di ore ma con pochi iscritti, di conseguenza i costi vanno coperti in qualche modo. Se si riducesse il tempo di formazione, soprattutto per quanto riguarda la CQC, di conseguenza anche i costi si ridurrebbero. 

E se a coprire i costi fossero le aziende?
Non credo sia un problema per tanti imprenditori finanziare le patenti dei propri autisti, ma occorre innanzitutto trovare giovani interessati, far sì che seguano tutto il periodo di formazione e incentivare poi le persone formate a spese dell’azienda a restare effettivamente legate all’impresa. Le aziende possono farlo se in qualche modo sono tutelate, se c’è volontà da parte del lavoratore di arrivare in fondo al percorso di formazione e di portare poi avanti il rapporto.

Ha citato il tema dell’immagine del settore, di cui ultimamente si è parlato soprattutto in riferimento ai tragici fatti di cronaca nelle aree urbane. A tal proposito è intervenuta in Commissione Trasporti della Camera sul nuovo Codice della strada. Quali sono le soluzioni proposte?
A seconda dei casi gli autisti sono considerati eroi o bruti. Durante il Covid non potevano e dovevano fermarsi per nessuna ragione; oggi siamo tornati a essere quelli che danno fastidio, che creano problemi e che si devono fermare nel weekend. Bisogna far capire che noi ci siamo sempre, tutto l’anno e quindi serve trovare soluzioni per convivere sulle strade.
Un grande tema è quello delle piste ciclabili: non siamo contrari al fatto che ci siano, ma al loro selvaggio proliferare anche dove non se ne ravvisino le condizioni. Occorre evitare quanto più possibile la persistenza sulla stessa strada di mezzi pesanti e biciclette. Per quanto riguarda la revisione del Codice della strada, come sottolineato in Commissione, è importante non agire sulla scorta di un impatto emotivo, ma verificare dove si può intervenire. Ben venga quindi una normativa che sia preceduta da un confronto serrato tra le parti allo scopo di garantire tutti gli utenti della strada.

Qual è la sfida più importante che il settore dovrà affrontare nel prossimo futuro?
Il tema della decarbonizzazione sarà centrale, ma le imprese hanno bisogno di certezze. Il cambiamento non ci spaventa e i dati lo dimostrano: il settore dell’autotrasporto, più di altri, è riuscito ad abbattere le proprie emissioni di Co2 grazie al passaggio dalle flotte a gasolio a quelle a metano, ma l’incertezza non aiuta la transizione. Lo abbiamo visto lo scorso anno con la crisi del prezzo del gas, quando le imprese che avevano fatto scelte green si sono trovate a subire maggiormente le difficoltà dettate dalla guerra in Ucraina e dall’aumento smisurato del prezzo del gas. Diciamo no a norme assurde e ideologiche, nella ferma convinzione che la sostenibilità ambientale debba coniugarsi con quella sociale ed economica.

Per quanto riguarda invece la digitalizzazione?
Aiuterà, sotto diversi punti di vista: sia per quanto riguarda la transizione verso un trasporto più green sia per la qualità della vita degli autisti, per esempio aiutando a ridurre i tempi di attesa al carico e allo scarico. Gran parte degli elementi che oggi scoraggiano gli autisti potrebbero quindi venire meno. Siamo quindi favorevoli alla digitalizzazione volta a efficientare l’intero sistema della logistica e dei trasporti: penso quindi ai trasporti “combinati” gomma/treno o gomma/nave che potrebbero avere benefici enormi dall’implementazione di questa tecnologia.

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