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Marilisa Luciano, Responsabile Sviluppo e Relazioni esterne del Gruppo Lucianu:«Organizzare i viaggi conta quanto guidare un camion»

Figlia d’arte ma senza nessuno sconto. Marilisa Luciano appartiene alla terza generazione che dal 1986 porta avanti il colosso dei trasporti sardi. Prima donna della famiglia a entrare in azienda, la sua ascesa all’interno della compagnia se l’è conquistata, passo dopo passo, e oggi rappresenta un caso di successo di ricambio generazionale (tema a lei molto caro)

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«Essere la figlia del capo non è facile, anzi. Significa non poter mai sbagliare e dover dimostrare di essere sempre all’altezza delle aspettative». A parlare è Marilisa Luciano, responsabile Sviluppo e Relazioni esterne della Lucianu Trasporti, capogruppo della Holding LS Group che vanta un parco di oltre 1.000 mezzi, gestita oggi dalla terza generazione di Luciano: Fabrizio, Luca e Marilisa.
«Era il 1986 – ricorda Marilisa – quando mio papà e i suoi fratelli presero le redini della realtà che aveva avviato mio nonno, all’anagrafe Nostasio Lucianu perché il mio bisnonno lo registrò alla nascita con il nome sardo». Un errore che però segnò l’inizio di storia familiare di grande successo. «Mio padre e i miei zii decisero di mantenere per il nome dell’azienda la “u” finale, per ricordare la nostra forte impronta territoriale e le nostre origini. Ho visto costruire questa azienda sin da quando ero bambina, con impegno e sacrificio. Iniziarono da una piccola stanza in quella che era la casa di mia nonna. Qualche anno dopo aprirono i primi uffici nella casa dei miei genitori e poi, con il boom degli anni 90, arrivarono i primi terreni a Olbia e successivamente le sedi in diversi punti strategici, sia della Sardegna che della penisola».

La difficoltà di essere la «figlia del capo»

Laurea in Economia aziendale all’Università di Pisa con una tesi, neanche a dirlo, sul ricambio generazionale, Marilisa Luciano ha messo subito in pratica i frutti dei suoi studi nell’azienda di famiglia. Non con poche difficoltà, come ci racconta. «Lavorare in famiglia non è sempre semplice e spesso, quando ero più giovane, ho creduto di non potercela fare. Ricordo che mio padre Stefano mi diceva: “Tu sei e resterai sempre mia figlia, ma l’azienda è un’altra cosa”. E così sono entrata a piccoli passi, cercando prima di capire e di imparare dagli altri dipendenti. Ho attraversato diversi momenti tosti, essere “la figlia del capo” significa dover gestire una pressione ulteriore, soprattutto perché mio padre è sempre stato molto severo. Ancora oggi capita di vivere dei momenti di scontro, perché il ricambio generazionale non è facile, va affrontato con prudenza e responsabilità. Ma la passione per questo mestiere e i sacrifici che ho sempre visto fare a tutti in famiglia, mi hanno portata a sentire l’azienda come parte di me e a impegnarmi ancora di più».


Marilisa al volante del camion del papà Stefano

Eppure, da bambina, il suo sogno era un altro. «Volevo fare la commessa in un negozio di abbigliamento, amavo la moda e pensavo sarebbe stata quella la mia strada. In realtà, crescendo, mi sono resa conto che non mi vedevo da nessun’altra parte se non qui. Penso sia il sogno di ogni padre, quando crea qualcosa con tanto impegno, che vi sia un proseguo».
Figlia d’arte, ma ben consapevole che la sua strada sarebbe stata in salita. «Il settore della logistica e dei trasporti non è facile, per noi donne ancora meno, perché gli stereotipi ancora ci sono, dobbiamo ammetterlo. È capitato anche a me che qualcuno mi rispondesse “ma tu cosa ne sai di un camion”. È vero, io i camion non li guido e non ne so certo quanto un autista. Ma non c’è solo la parte del trasporto in questo mestiere. Serve anche chi organizza i viaggi, gestisce i rapporti con le altre aziende, e spesso dietro queste mansioni c’è una donna. Per cui la mia risposta è sempre stata molto schietta. Io faccio bene il mio lavoro, tu fai bene il tuo e unendo le nostre capacità e competenze possiamo davvero fare qualcosa di eccezionale. È il lavoro di squadra che fa la forza».

Un’azienda con tante donne

E infatti, la rappresentanza femminile nella Lucianu Trasporti non manca di certo. «Oltre a me, ci sono donne in tutti i nostri uffici, talvolta anche in maggioranza rispetto agli uomini, tutte validissime. Penso per esempio al nostro reparto operativo dove abbiamo una ragazza davvero in gamba che con il suo modo di fare riesce a tenere testa a chiunque, anche agli autisti che di fronte a una donna a volte storcono il naso. Eppure, quello è un reparto molto complesso. Bisogna saper dare tempestivamente risposte precise e puntuali agli autisti in viaggio e gli orari spesso sono molto lunghi. Dal canto nostro cerchiamo di andare incontro alle esigenze dei nostri dipendenti, sia delle mamme che dei papà. Quando mi interfaccio con aziende estere, però, mi rendo conto che in altri Paesi le donne che operano in questo settore sono molte di più e ne conosco personalmente alcune che sono arrivate a ricoprire ruoli di primo piano. Serve un cambio culturale anche in Italia».

Ricordi e pensieri nascosti dietro ai camion

Cambiare, sia dal punto di vista culturale che sotto il profilo generazionale. Questa la parola d’ordine per il futuro del settore secondo Marilisa Luciano. «Pensiamo per esempio al problema della carenza di autisti. L’unico modo per incentivare i giovani a ritrovare la passione per questo mestiere è qualificarlo, restituendogli la dignità che merita. Non lodiamo solo chi studia e si laurea, ma anche chi svolge lavori così cruciali come quello di autotrasportatore. So perfettamente quanto possa essere difficile questo lavoro. Da piccola quando vedevo mio padre partire soffrivo molto. Insieme a mia madre lo accompagnavamo al porto e piangevo spesso vedendolo allontanarsi. Tornava da noi il sabato mattina e ripartiva la domenica sera, eppure ho dei bellissimi ricordi di quando vivevamo a Piombino e papà mi portava in camion con lui a fare il giro della città. Per me era come una gita, mi addormentavo nella cuccetta del camion e prima di ogni occasione importante ci metteva in posa davanti al suo mezzo per scattare una foto. Oggi quando guardo i nostri camion riesco a vedere tutto quello che ci sta dietro: i sacrifici, i pensieri, le preoccupazioni, ma anche le gratificazioni ricevute e le difficoltà che siamo riusciti ad affrontare, per ultima la pandemia, che ha messo in luce l’importanza di questo settore ma è stata una grossa sfida, soprattutto dal punto di vista psicologico, dalla quale però siamo riusciti a uscirne vincitori. L’azienda è cresciuta nonostante questo periodo duro e ciò significa che anche noi giovani, in fondo, qualcosa di buono lo sappiamo fare».

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