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Alla luce del sole

Recentemente ho fatto gli esami del sangue ed è emerso che sono carente di vitamina D. A mia sorpresa, il medico non mi ha prescritto nessun integratore. Mi ha consigliato, invece, di espormi al sole per qualche minuto, magari sfruttando i momenti in cui svolgo attività all’aperto. Ma, in parole semplici, che cosa è la vitamina D e che cosa succede se si è carenti?
Filippo Z_Senigallia

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La vitamina D è un argomento che fa molto discutere esperti e profani, società scientifiche e agenzie regolatorie. È diventata ormai opinione comune che questo composto essenziale per l’organismo, coinvolto soprattutto – ma non solo – nella regolazione del metabolismo del calcio, del fosforo e dell’osso, sia una sorta di panacea e che sia in generale carente in tutta la popolazione. Da qui si è diffusa in maniera esponenziale la pratica di intervenire con una integrazione non di rado fai-da-te e spesso senza neanche un esame che ne verifichi l’effettiva carenza. Cerchiamo allora di fare un po’ di luce sulla cosiddetta “vitamina del sole”.

Quella che viene “volgarmente” chiamata vitamina D, termine collettivo che identifica non una, ma un gruppo di molecole, è in realtà un ormone che ha seguito l’evoluzione degli esseri viventi in quanto si è sviluppato per rispondere alle esigenze di un miglior assorbimento intestinale di calcio diventato carente allorché i vertebrati si sono progressivamente avventurati dal mare (dove le quantità di calcio sono abbondanti) alla terra. La vitamina D è per lo più sintetizzata dalla pelle attraverso l’assorbimento diretto dei raggi del sole, dal momento che anche una dieta ottimale non riesce a fornire più del 10% della quantità necessaria.

Nell’elenco degli alimenti ricchi di vitamina D il primo è l’olio di fegato di merluzzo (storicamente utilizzato nei bambini malnutriti per prevenire il rachitismo), seguito da alcuni pesci grassi come il salmone, dalle uova e dalle frattaglie anche se le concentrazioni sono molto basse. Fra l’altro, questi alimenti andrebbero consumati tutti i giorni, cosa comprensibilmente difficile. È quindi evidente che l’esposizione diretta al sole è essenziale per soddisfare il fabbisogno di Vitamina D, ma è altrettanto chiaro che l’effetto benefico del sole dipende da numerose variabili quali l’ora e il periodo dell’anno, la latitudine, l’altezza sul livello del mare, la pigmentazione cutanea e la salute della pelle, l’età, il tempo di esposizione, l’inquinamento atmosferico.

Purtroppo lo stile di vita odierno e il cambiamento climatico non aiutano. Bastano comunque 15-20 minuti al giorno all’aria aperta con viso, braccia e gambe non protetti, soprattutto tra maggio e settembre, per produrre, senza bruciarsi, quantità soddisfacenti di vitamina D in grado di costituire una riserva per i mesi freddi e senza sole nonché di garantire il fabbisogno necessario anche negli anziani nei quali a causa dell’invecchiamento dei sistemi enzimatici la vitamina D tende a essere carente.

Con queste premesse è davvero necessaria una integrazione di vitamina D? Chi ne ha realmente bisogno? In primo luogo, ad esclusione dei bambini nel corso dei primi 12 mesi di vita e delle donne in gravidanza e allattamento, la vitamina D non va assunta senza prima aver eseguito un test che ne documenti il deficit. Inoltre, malgrado i numerosi e variegati studi presenti in letteratura, a tutt’oggi non esistono evidenze scientifiche tali da giustificare l’uso di supplementi di vitamina D per curare o prevenire condizioni diverse dal metabolismo osseo. Perciò anche gli esami di laboratorio specifici non vanno chiesti a tappeto come screening di popolazione perché oltre a essere spesso non indicati, hanno dei costi, dei limiti tecnici (mi riferisco in particolare ai test rapidi in farmacia e ai kit fai-da-te) e non c’è ancora una standardizzazione internazionale univoca sulle soglie di vitamina D da considerare “ottimali” o “desiderabili”. L’esame è dunque indicato solo in specifici contesti clinici, per esempio nei soggetti che faticano a esporsi alla luce del sole, come gli anziani con ridotta autonomia, o nei pazienti con malattie croniche che comportano un malassorbimento delle vitamine o terapie che compromettono il metabolismo osseo. In ogni caso prima di ricorrere all’uso di integratori è fondamentale parlare con il medico: non solo sono raramente necessari, ma possono anche interferire con l’effetto di alcuni farmaci piuttosto comuni. Svolgere frequenti attività all’aperto e seguire una dieta varia ed equilibrata è più che sufficiente ed evita prescrizioni inutili.

Buon viaggio!

Annagiulia Gramenzi
Annagiulia Gramenzi
Ricercatore Dip. medicina clinica Univ. Bologna
Scrivete a Annagiulia Gramenzi: salute@uominietrasporti.it

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