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Una lunga storia

Pochi giorni prima di Natale, sono stata costretta a letto da una forma di influenza piuttosto forte, con quasi quaranta di temperatura, dolori articolari, tosse e raffreddore. Dopo una settimana, la febbre è passata ma ora, a distanza di oltre un mese, sento ancora forti gli strascichi di questa influenza che proprio non sembra passare. Segno dell’età che avanza?
Lucia B._Urbino

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Quest’anno le forme influenzali stagionali hanno deciso di funestare il Natale e il Capodanno a molti italiani, talmente tanti da raggiungere un picco record come registrato dai sistemi di sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità. E non è ancora finita: è probabile che dovremo convivere con una forte circolazione dei virus respiratori, Covid compreso, ancora fino ai primi di marzo. Gli esperti dicono che siamo diventati un po’ più vulnerabili perché le sacrosante restrizioni adottate per limitare la circolazione del Covid-19 hanno di fatto ridimensionato l’esposizione ai germi che colpiscono le vie aeree con la conseguenza che il sistema immunitario in qualche modo abbia «perso la memoria» e sia meno pronto e «preparato». A questa debolezza contingente, tuttavia, non ha fatto seguito una maggiore consapevolezza individuale e istituzionale dell’importanza della profilassi e quest’anno, ahimè, la copertura vaccinale antiinfluenzale è stata disastrosa e molto lontana dall’obiettivo minimo previsto e auspicabile, con il risultato di un’ampia circolazione del virus e di un elevato rischio di forme gravi soprattutto tra la popolazione più fragile.

Non solo, ma come dimostrano studi di recente pubblicazione bisogna smettere di banalizzare le patologie causate da virus influenzali e parainfluenzali in quanto si tratta di affezioni tutt’altro che brevi con potenziali conseguenze a lungo termine. Così come accade per il Covid che in alcuni casi può causare problemi di salute duraturi anche dopo la negativizzazione del tampone e l’eliminazione del virus dell’organismo (il Long Covid), anche l’influenza stagionale e addirittura il comune raffreddore possono determinare disturbi e strascichi che talvolta persistono ben oltre i canonici 7-10 giorni della fase acuta. Affaticamento e astenia, dolori articolari e muscolari, cefalea, inappetenza, mal di gola, mal di stomaco, diarrea e soprattutto tosse e nei casi più gravi mancanza di respiro, possono protrarsi per settimane se non addirittura per mesi compromettendo il recupero e il ritorno alle normali attività quotidiane anche nelle persone giovani. È la cosiddetta «influenza lunga» (Long-Flu degli anglosassoni), che si manifesta indipendentemente dall’età del paziente e che si sta rivelando assai difficile da diagnosticare e da trattare soprattutto a causa della mancanza di test specifici e dell’elevato numero di possibili sintomi. Nel confronto con il Long Covid sembra che la Long Flu si verifichi meno spesso e che sia sostanzialmente meno grave anche se l’entità dei disturbi può essere così invalidante da superare i problemi di salute che i pazienti hanno affrontato nella fase acuta e iniziale della sindrome influenzale. Sono in corso numerose ricerche internazionali per valutarne il reale impatto epidemiologico e clinico a lungo termine e per stabilire perché alcune persone vadano incontro a questo decorso prolungato e altre no, ma al momento non ci sono dati conclusivi. Perciò è buona norma adottare misure profilattiche. È fondamentale aumentare le coperture vaccinali soprattutto per le persone fragili per età e malattie preesistenti e poi, come ci ha insegnato il Covid, lavarsi bene le mani e considerare l’uso della mascherina in luoghi affollati.

Buon viaggio!

Annagiulia Gramenzi
Annagiulia Gramenzi
Ricercatore Dip. medicina clinica Univ. Bologna
Scrivete a Annagiulia Gramenzi: salute@uominietrasporti.it

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