I dati di Bankitalia sulla nostra logistica di sostegno all’import ed export del Paese, apparsa la scorsa settimana, hanno stimolato analisi da più parti. Confartigianato trasporti, per esempio, dopo aver sottolineato come nel 2018 il 44,2% del valore del commercio estero da e verso l’Italia è trasportato su strada, a fronte del 30,1% via nave e del 14,8% via ferrovia, si sofferma sul fatto che la quota di mercato dei vettori italiani nel trasporto internazionale delle merci su strada è pari al 20,5% e registra un recupero di 0,3 punti percentuali rispetto al 2017, il quale rappresenta anche l’anno di minimo. Nel lungo periodo si osserva una costante riduzione della quota che tra il 2008 e il 2018 scende di 11,6 punti percentuali.
Altra evidenza è la costante riduzione del peso dei vettori nazionali a vantaggio di imprese di trasporto di paesi a più basso costo del lavoro. Qui i dati Eurostat riferiti al traffico merci internazionale nell’UE da e per l’Italia, rilevati in 20 paesi, dicono che in dieci anni il traffico imputabile ai vettori di sette paesi a basso costo del lavoro è cresciuto dell’86,0% (+27,2 miliardi di tonnellate-km tra il 2007 e il 2017) a fronte di un calo per tutti gli altri vettori. Questi paesi, semmai servisse ricordarli sono: Bulgaria, Romania, Polonia, Lituania, Ungheria, Slovacchia e Slovenia.
Lo scenario non cambia rispetto alle tonnellate di merci, perché anche qui i Paesi a basso costo del lavoro acquisiscono quote di mercato a fronte di una perdita registrata dall’Italia e dai Paesi dove il costo del lavoro grava in misura maggiore.
Tra i paesi più attivi nell’interscambio commerciale su strada nell’UE emerge senza rivali la Polonia che si piazza al 1° postocon 25.073 milioni di tonnellate/kilometro.
Scenario fosco? Non proprio. Confartigianato Trasporti rimarca come in realtà a fronte della restrizione di mercato degli autotrasportatori italiani, ci sia pure un’ottimizzazione gestionale e, più in particolare un robusto aumento della produttività delle piccole imprese di trasporto merci, cresciuta del 18,5% rispetto al 2008 a fronte di un calo di 4,6% registrato dalla Germania, riducendo ad appena 1,8 punti percentuali.


