Era partito bene il 2018 per il mercato dei rimorchi e dei semirimorchi sopra le 3,5 ton, ma da aprile in poi è iniziata una frenata costante che, con la flessione del 12,1% registrata a ottobre, porta il saldo dei primi 10 mesi dell’anno in territorio negativo. Siamo intorno all’1% in meno rispetto al 2017 (13.050 unità contro 13.181), ma stando a quanto prospetta Sandro Mantella, coordinatore del Gruppo Rimorchi, Semirimorchi e Allestimenti di UNRAE, che elabora la statistica basandosi su dati del ministero dei Trasporti, «il 2018 si avvia a chiudere con segno negativo rispetto al 2017».
Quali sono le ragioni? Mantella non ha dubbi: «Le cause di questa situazione sono da addebitare alla mancanza di un sostegno strutturale agli investimenti nel settore. Inoltre, sarebbe importante che almeno la pubblicazione dei decreti che dispongono destinazione, importi e modalità di erogazione dei contributi agli investimenti, così come previsti dalla legge, fossero pubblicati tempestivamente, onde evitare le incertezze nel mercato determinate dalle soluzioni di continuità tra i periodi di erogazione dei fondi».
Ma non si tratta soltanto di un problema di tempistica burocratica. Mantella sottolinea come ormai «i fondi destinati all’acquisizione di soli veicoli rimorchiati allestiti per l’intermodalità non spingono più un rinnovo significativo del parco». E proprio per questo propone che «i fondi per gli investimenti nell’autotrasporto prevedano l’intervento anche in favore dei veicoli trainati destinati al solo trasporto stradale. Questa misura favorirebbe innanzitutto un deciso incremento della sicurezza, messa in pericolo dalla circolazione di troppi mezzi obsoleti e insicuri» D’altra parte, ricorda ancora il coordinatore del Gruppo UNRAE, «il parco circolante di veicoli trainati è per circa il 70% composto da mezo con oltre 12 anni di anzianità».
Infine Mantella ricorda come la sostenibilità può essere coniugata anche attraverso la sicurezza della della circolazione e dei carichi, da conquistare tramite la riduzione dell’occupazione improduttiva delle infrastrutture, conseguente a un numero eccessivo di viaggi a vuoto. «Ad avviare un sistema virtuoso in questo ambito – sottolinea – possono contribuire la tecnologia dei veicoli di ultima generazione e la disponibilità sul mercato di complessi ad alta capacità, già utilmente sperimentati e in servizio in altri Paesi europei».


