Sapete qual è il paese più forte nel trasporto internazionale europeo? Se non siete distratti (lo abbiamo raccontato già in passato) dovreste saper rispondere: la Polonia. Oggi, in più, potete aggiornare questo dato con quelli che fornisce uno studio effettuato dal francese Comité National Routier (CNR), secondo il quale attualmente l’autotrasporto polacco sul complesso dei trasporti europei detiene una quota stellare del 28%, conquistata grazie a una flotta di 80mila imprese in conto terzi (paradossalmente meno di quelle attive in Italia), ma in grado di sviluppare un fatturato che sfiora i 25 miliardi di euro ottenuto trasportando 156 miliardi di tonnellate per chilometri, il 60% di quello totale. Di questa enorme fetta, il 6% è frutto di trasporti di cabotaggio, avvenuti per lo più in Germania (ben il 67% del totale). Insomma, un comparto economico che nel suo complesso in Europa è secondo soltanto alla Germania.
D’altra parte stiamo parlando della più grande economia dell’Europa centrale e orientale, forte di un mercato di quasi 40 milioni di consumatori che le ha consentito di essere l’unico paese a non registrare un calo del PIL dopo il 2008. In più negli ultimi due anni è diventato anche un esportatore in grado di produrre eccedenze commerciali. Come se non bastasse l’economia polacca beneficia di importanti investimenti esteri, in gran parte provenienti da paesi europei, che hanno spinto la percentuale sul PIL dell’industria nazionale al 34%, numeri decisamente superiori a quelli medi dell’Unione.
La cosa su cui riflettere è che il trasporto merci su strada è stata l’architrave per questo sviluppo. Una scelta per certi versi obbligata perché Danzica, il principale porto polacco, è ancora lontano dagli standard olandesi, belgi e tedeschi, mentre gli aeroporti di Varsavia e Cracovia per adesso soddisfano la domanda interna, ma devono ancora crescere per porsi come hub internazionali.
LUCI E OMBRE DELL’AUTOTRASPORTO
Negli ultimi tempi, però, cominciano a emergere anche delle zone d’ombra, costituite soprattutto da tensioni sociali che si manifestano in molti settori e alle quali il potere politico ha cercato di rispondere con aumenti degli stipendi (compreso il salario minimo) e con una limitazione ai contratti a tempo determinato, che in passato potevano essere riproposti in eterno.
E poi ci sono le problematiche specifiche relative all’autotrasporto. Le aziende del settore, infatti, cominciano a rendersi conto che la crescita del comparto rallenta, anche perché anche i trasportatori polacchi cominciano a sentire le conseguenze di un calo generalizzato delle tariffe che finisce per erodere anche la loro marginalità.
A loro vantaggio, almeno in parte, hanno avuto un costo del gasolio più basso che altrove, anche se non dispongono di un meccanismo di protezione determinato dall’indicizzazione del prezzo del gasolio.
Ma soprattutto i vettori polacchi si rendono conto che in molti paesi europei è scattata una gara per cercare di preservare i trasportatori nazionali, con normative che vanno dall’introduzione del salario minimo imposto anche agli autisti stranieri (in Germania) all’introduzione del divieto di trascorrere il riposo lungo in cabina (Francia, Belgio, Olanda, Regno Unito, ecc).
Infine, anche in Polonia si registra un’enorme penuria di autisti, divenuta sempre maggiore negli ultimi cinque anni, al punto da andare a minare il vantaggio competitivo principale del settore, costituito da un’elevata produttività. Non a caso, non soltanto il rapporto tra autisti e veicoli diminuisce, ma scende anche il chilometraggio medio (-14% soltanto lo scorso anno), anche perché molti autisti richiedono tratte più brevi e ritorni a casa più frequenti.
Per il momento, i vettori cercando di affrontare il problema con una migliore gestione dei costi, lavorando soprattutto sui costi di proprietà e di finanziamento dei veicoli (scesi rispetto al 2011) e su quello dei premi assicurativi.
In più, per cercare di non far aumentare il costo del lavoro, le aziende polacche di autotrasporto si sono aperte ad autisti stranieri (ucraini, russi, georgiani o kazaki).
Dalle interviste fatte dall’ente francese risulta che le imprese adottano un metodo di calcolo della retribuzione basato sulla frequenza giornaliera. In pratica si parte da una retribuzione base di 476 euro al mese e poi si aggiungono delle indennità, calcolate giornalmente e che possono arrivare al massimo sui 50 euro al giorno. Ma in questo modo una parte consistente della retribuzione è rapportata ai chilometri percorsi e soprattutto rimane svincolata dai contributi, calcolati invece soltanto sulla retribuzione base. Certo, le aziende cercano di gratificare gli autisti con speciali premi concessi per le ragioni più varie: perché non fanno incidenti, perché consumano poco, perché sono disposti a lavorare pure a Natale. Ma è comunque una magra consolazione.
Fatto sta che, attraverso tutte queste misure ancora oggi il costo chilometrico di un’azienda polacca si aggira tra lo 0,76 e lo 0,79 euro/km, inferiore del 34% a quello medio francese.