In Italia di tentativi per far riconoscere come usurante il lavoro di autista di camion se ne contano decine. Tutti miseramente falliti per varie ragioni. Oggi ne parte uno nuovo e in qualche modo diverso. La sua peculiarità, infatti, sta nel partire dal basso, dalla strada e quindi, in coerenza a questo approccio, non cerca scorciatoie lobbistiche o manine in grado di inserire emendamenti in un decreto in approvazione, ma si affida a un istituto antico, quasi fuori moda. Si chiama «legge di iniziativa popolare», vale a dire uno «strumento di democrazia diretta» di valore propositivo, nel senso che alla fine la decisione finale è comunque rimessa alle istituzioni detentrici del potere legislativo (il parlamento, in particolare), ma a stimolarla può essere un gruppo composto almeno da 50 mila persone. Il procedimento a tale scopo è semplice: il testo da portare in Parlamento viene consegnata all’esame della Corte di Cassazione e quindi pubblicata in Gazzetta Ufficiale. A quel punto può partire la raccolta delle 50 mila firme necessarie a far approdare il progetto in Parlamento.
A depositare il testo – e a fornirgli un’identificazione – sono stati Mario Zotti, Segretario Generale del sindacato Fnilt/Cse, e Domenico Lizzi, Presidente dell’associazione Willy Sicurezza e Legalitò nel trasporto. Il testo depositato è consultabile a questo indirizzo.
L’iniziata, si legge neel’introduzione alla legge, intende «colmare una lacuna normativa», in quanto il diritto attuale «non equipara le condizioni di lavoro dei conducenti del trasporto merci a quelle già riconosciute come usuranti per altre categorie professionali».
Poi, una volta ottenuto il riconoscimento del carattere usurante della professione, diventerebbe conseguente ’introdurre misure di tutela specifiche, quali l’anticipazione dell’età pensionabile e l’implementazione di programmi di prevenzione e recupero psico-fisico. Parallelamente, si prevede un incremento della sicurezza stradale, correlato alla riduzione del rischio di sinistri derivanti da affaticamento e stress dei conducenti.
Gli argomenti con cui dimostrare il carattere usurante della professione di autista sono diversi: dai prolungati orari di guida che, come ha ribadito la Corte di Cassazione (con ordinanza n. 18390 del 5 luglio 2024), «può condurre ad un accumulo di stanchezza e stress incompatibile con la tutela della salute e della sicurezza stradale».
E poi ci sono le «condizioni lavorative gravose e stressanti, che impongono elevati livelli di concentrazione, la gestione di situazioni di traffico complesse e pericolose, l’esposizione a fattori ambientali nocivi e la movimentazione di carichi». E ancora «l’isolamento professionale, la forte pressione psicologica derivante dalle responsabilità connesse al trasporto, le elevate responsabilità civili e penali e la mancanza di prevedibilità dei riposi concorrono a delineare un quadro lavorativo di indubbia penosità».
Tutti fattori che, secondo la normativa proposta, colpiscono anche gli autisti di veicoli più piccoli, da 3,5 ton, e quindi coloro che lavorano con i corrieri.
Tutti fattori soprattutto che, sommati insieme, espongono a un elevato rischio di sviluppare patologie professionali, sia di natura fisica che mentale, con conseguenze negative non solo per la salute dei lavoratori, ma anche per la sicurezza stradale e per la sostenibilità del sistema previdenziale e sanitario nazionale».
Proprio per questo tramite l’obiettivo «di riconoscere formalmente il lavoro dei conducenti del trasporto merci come lavoro usurante», la legge di iniziativa popolare intente fornire una tutela pensionistica e previdenziale adeguata attraverso l’anticipazione di almeno cinque anni rispetto ai lavori ordinari dell’età pensionabile e/o l’incremento del coefficiente di trasformazione del montante contributivo, la promozione del benessere psico-fisico dei lavoratori, il miglioramento della sicurezza stradale, l’introduzione di incentivi economici per i lavoratori che scelgono di proseguire l’attività oltre i limiti per la pensione anticipata e per le imprese che adottano misure volte al miglioramento delle condizioni lavorative dei propri dipendenti, la precisione di contributi figurativi aggiuntivi per ogni anno di servizio svolto così da riconoscere l’effettiva usura derivante dall’attività.
In più nella proposta si parla di promuovere la revisione e l’adeguamento delle normative sui tempi di guida e riposo per renderli più aderenti alle esigenze psico-fisiche dei conducenti, di sollecitare l’implementazione di aree di servizio e parcheggi sicuri e attrezzati per migliorare la qualità dei periodi di interruzione dell’attività lavorativa, e di introdurre obbligatoriamente sistemi salva-vita per lavoratori isolati.
Un progetto che Zotti e Lizzi considerano profittevole anche per le imprese, in quanto le misure proposte finirebbero per migliorare le condizioni operative degli autisti e, quindi, ottimizzare la produttività e la stabilizzazione del personale. Senza considerare che nel testo vengono previsti incentivi a favore delle aziende che adottano politiche di benessere lavorativo per i propri dipendenti.
A questo punto per sostenere l’iniziativa bisogna – come detto – raccogliere 50 mila firme. Un obiettivo ambizioso, al pari dello stesso progetto. Ma oggi la tecnologia fornisce un aiuto importante: collegandosi a questa pagina, dopo aver effettuato l’accesso con Spid o con CIE (carta di identità elettronica), in alto sulla destra, è possibile sostenere in prima persona il progetto. Bastano pochi secondi, ma possono sollevare da anni di usura.
https://firmereferendum.giustizia.it/referendum/open/dettaglio-open/3800002
