La sentenza di cui ci occupiamo oggi mette in evidenza un importante diritto dei cittadini nei confronti della Pubblica Amministrazione, ovvero, nel caso in cui si oppongano a un certo provvedimento, quello di ricevere un’adeguata motivazione che giustifichi il rigetto delle loro richieste.
IL FATTO
Il Giudice di pace di Roma, Antonio Devoto, si è occupato lo scorso 18 luglio 2025 di un ricorso di un autista, difeso dall’avv. Roberto Iacovacci, che si era opposto a due ordinanze di ingiunzione del Prefetto di Roma, conseguenti al rigetto dei ricorsi contro alcuni verbali di violazioni al Codice della Strada.
Il ricorrente aveva impugnato le ordinanze chiedendone l’annullamento, perché lamentava la genericità e carenza di motivazione del rifiuto del Prefetto. Di contro Roma Capitale, l’ente amministrativo che governa il comune romano, si era costituita ed aveva prodotto in giudizio gli atti a fondamento del provvedimento.
LA DECISIONE
Il Gdp ha però ritenuto che l’opposizione fosse fondata, giudicando le ordinanze prefettizie illegittime per carenza di motivazione. Spiega infatti il giudice Devoto che la motivazione non può essere implicita o desumibile tramite ragionamenti logici ex post, ma deve rendere intelligibile e trasparente la decisione. In questo caso, invece, si è riscontrata una discrasia – ovvero un’incongruenza – tra i motivi dedotti dal ricorrente nei ricorsi al Prefetto e le ordinanze di rigetto, prive di reale esame delle contestazioni.
Il giudice si rifà al riguardo alla giurisprudenza di Cassazione (sentenze n. 519/2005 e n. 391/1999) che afferma come l’ordinanza/ingiunzione debba essere motivata, anche sinteticamente, sia sulla sussistenza della violazione che sull’infondatezza dei motivi del ricorso. Questo perché la motivazione dei provvedimenti amministrativi è garanzia di legalità a favore dei cittadini, ex art. 97 Cost. e art. 3 legge 241/1990, nonché in ossequio al principio del giusto procedimento.
LE CONSEGUENZE
Le ordinanze prefettizie sono state dunque dichiarate illegittime per violazione dell’art. 3 legge 241/1990 (obbligo di motivazione) ed annullate, dichiarandole prive di effetti giuridici.
L’Ufficio territoriale del Governo di Roma è stato inoltre condannato al pagamento delle spese di giudizio.
Vista l’importanza della questione vediamo di approfondire ulteriormente il tema. Ogni provvedimento della Pubblica Amministrazione (come è appunto un’ordinanza del Prefetto) deve contenere le ragioni di fatto e di diritto che hanno portato a quella decisione. L’autorità deve cioè spiegare quali elementi di fatto ha considerato (es. verbale della polizia, circostanze concrete, prove, ecc.), quali norme di legge ha applicato e perché ha ritenuto infondati i motivi addotti dal cittadino nel ricorso. Questo serve a garantire trasparenza, imparzialità e possibilità di difesa. La motivazione, insomma, permette al cittadino di capire il percorso logico-giuridico seguito dalla PA, consente di verificare che l’atto non sia arbitrario o superficiale e rende possibile di impugnare correttamente l’atto davanti al giudice. Se la motivazione è assente, generica o meramente «di stile» (frasi standard senza riferimenti concreti alla vicenda in esame), l’atto diventa illegittimo.
Nel caso specifico il Prefetto, nel rigettare i ricorsi, ha usato – secondo il Giudice di pace – giustificazioni troppo generiche, senza esaminare realmente le contestazioni del ricorrente, né spiegare perché i suoi argomenti erano infondati o chiarire quali fatti e norme hanno portato alla conferma della multa. In sostanza, il rigetto era un «copia e incolla» privo di un ragionamento individualizzato. Per fare un esempio, una motivazione carente e perciò illegittima potrebbe affermare che «il ricorso è infondato e pertanto respinto, essendo confermata la violazione contestata», mentre una motivazione adeguata e quindi legittima suonerebbe così: «Il ricorrente sostiene che non era alla guida del veicolo; tuttavia, dagli accertamenti emerge che il verbale è stato notificato correttamente a suo nome e che le foto autovelox riportano la targa del suo mezzo. Pertanto il motivo è infondato e la violazione confermata». Solo questa seconda forma consentirebbe di capire perché il Prefetto ha respinto il ricorso.