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Tra terra e cielo: la logistica italiana e il paradosso di un settore sospeso

La logistica di casa nostra evolve a singhiozzi tra i contratti più solidi e i ritardi cronici dell'autotrasporto, l'arretramento del ferro e il verticale slancio verso la crescita del cargo aereo: un settore sospeso tra ambizioni e limiti

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C’è un filo che unisce 74%, il 12%, il 146 e il 57,7. Un filo che attraversa strade congestionate, binari poco sfruttati, cieli in cui si vola veloci e persino orbite dove si immaginano nuovi servizi logistici. Numeri che raccontano un settore che cambia, sì, ma in modo diseguale: perché la logistica italiana oggi vive in una condizione quasi «sospesa», divisa tra una terra (intesa come strada e ferro) che rallenta e un cielo che accelera.

È questa doppia velocità a definire il presente: da un lato l’autotrasporto che ricostruisce sé stesso tra contraddizioni antiche e sfide nuove, dall’altro la logistica aerea che corre come se avesse già superato il futuro. Metterli uno accanto all’altro è necessario: solo così emerge la vera immagine del sistema.

A terra: contratti più maturi, struttura più solida, debolezze più evidenti

Il 74% dei contratti di autotrasporto che oggi contiene più elementi indicizzati non è una nota a margine: è la prova che il settore impara a proteggersi dalla volatilità. Ma dietro questo salto di maturità si nasconde una contraddizione enorme: più responsabilità, più internalizzazioni, più compliance… senza però che il settore riesca davvero a rafforzare la propria redditività.

Si torna a crescere, ma si cresce «da dentro»: più personale, più costi, più controlli. E mentre le aziende strutturate aumentano e i padroncini arretrano, resta il nodo principale: un settore vitale per il Paese, ma ancora troppo frammentato per generare quella stabilità che i nuovi contratti cercano disperatamente di costruire.

È il primo contrasto del quadro: le regole diventano più solide, ma la base economica non sempre tiene il passo.

Il tempo che sfugge: l’Italia che rallenta mentre vorrebbe correre

Poi arriva il 9,9% delle imprese che accumulano oltre mezz’ora di ritardo per raggiungere un porto.
Una media che in un settore basato sul tempo diventa una condanna: la distanza non è il problema, il tempo sì, anzi, è la vera moneta logistica. E se il 12% della Liguria che guida l’intermodalità ferroviaria mostra cosa succede quando infrastruttura e territorio dialogano, il resto del Paese racconta una storia molto diversa: un ventennio in cui solo la gomma è cresciuta.

Qui la terra rivela tutte le sue crepe: tante visioni, pochi corridoi; tante ambizioni, poca interoperabilità; tanta retorica sul ferro, pochi treni davvero competitivi. Un sistema che vorrebbe alleggerirsi, ma che continua a pesare.

E poi c’è il cielo: dove la logistica accelera davvero

A questo punto il cielo entra in scena, quasi come un controcampo cinematografico. Mentre a terra si combatte per recuperare minuti, in aria si vola. I 57,7 miliardi di export che passano dal cargo di Malpensa non sono un numero marginale: sono un colpo di luce. Qui la logistica non è frenata, ma proiettata. Il cargo cresce, si specializza, intercetta filiere ad alto valore, si integra con e-commerce e farmaceutico. Il cielo diventa un corridoio di efficienza che a terra ancora fatichiamo a costruire.

E non finisce qui: sopra il cielo c’è lo spazio. La space logistics – satelliti, micro-lanciatori, servizi orbitanti – sta già generando un’industria che potrebbe valere decine di miliardi. Una visione quasi poetica: mentre l’autotrasporto lotta con ritardi e indici di contratto, la logistica orbitale immagina come gestire asset che non hanno nemmeno una strada.
Il contrasto è evidente: a terra ci si affanna per recuperare minuti; in cielo si sperimenta come anticipare il futuro.

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