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10 domande a… Alessio Lombardo

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CARTA DI IDENTITÀ

NomeAlessio Lombardo
SoprannomeAle Lo Statale
Età26
Stato Civilecelibe
Punto di partenzaPrato
Anzianità di Servizio4 anni
Settore di attivitàPallettizzato generico
  • Quando hai messo per la prima volta piede sul camion?

Quattro anni fa, in una scuola guida. Ricordo che per l’emozione mi tremavano le gambe, perché guidare il camion era una cosa che avevo sempre sognato di fare.

  • Cosa ti ha portato a vivere «on the road»?

Ho scelto questa strada perché non amo i lavori sedentari. Preferisco stare 12 ore su un bilico piuttosto che 8 tra le mura di un ufficio o in fabbrica (cosa che, tra l’altro, ho anche fatto in passato). Mi piace il senso di libertà che ti dà il camion. Di base, poi, mi piace tantissimo guidare.

  • Come hanno reagito parenti o amici quando hai detto che volevi fare il camionista?

Che ero matto e che avrei dovuto lasciar perdere. Ma per fortuna non li ho ascoltati, perché sono contento del mio lavoro.

  • Come mai questo soprannome?

Mi è stato dato dalla mia ragazza ed altri amici quando ho cominciato a fare i primi viaggi. Agli inizi svolgevo un servizio pomeridiano locale che mi teneva impegnato, pause comprese, circa 7-8 ore al giorno: poco per un camionista, che in genere ne fa almeno 12-13. Da allora, hanno cominciato ad appellarmi scherzosamente Ale Lo Statale, perché lavoravo, appunto, «solo» 8 ore, come la giornata lavorativa di un impiegato.

  • E adesso quali sono i tuoi orari di impegno?

Beh, dipende. Nei periodi più intensi arrivo anche alle 13 ore giornaliere, ovviamente sempre contando le pause. A volte capita di rientrare alle 9 di sera e alle 8 del mattino seguente sono già sul camion. Ma a ogni modo mi ritengo fortunato perché, facendo trasporto prevalentemente regionale, alla sera riesco a tornare sempre a casa.

  • Oltre a guidare, qual è la tua passione più grande?

Fare video. Ho un canale youtube dove pubblico contenuti sulla mia vita on the road e su come funziona il lavoro del camionista.

  • Quindi sei anche un influencer?

Diciamo di sì, anche se ho sempre detestato questa etichetta. La trovo troppo inflazionata.

  • Cosa ti ha spinto a sbarcare in rete?

Due motivazioni: da un lato, omaggiare i tanti youtuber camionisti che, grazie ai loro video, mi hanno avvicinato a questo mestiere; dall’altro, smontare l’opinione diffusa che i giovani italiani non vogliono più fare certi lavori pesanti. Perché non è così. Conosco tanti ragazzi della mia età che, proprio attraverso il web, raccontano la loro passione per il camion. Anzi, se si sistemassero un po’ di cose, forse sempre più giovani si avvicinerebbero al volante.

  • Quali sono le cose da migliorare?

Le condizioni di lavoro. Perché ciò che allontana i giovani non è tanto la spesa di accesso – sì è vero, le patenti costano, ma la formazione per un qualsiasi altro lavoro specializzato costa anche molto di più – quanto quello che viene dopo: i sacrifici che non sono ripagati con salari adeguati, le aree di sosta carenti, i tanti tempi di attesa.

  • A proposito di tempi di attesa, quanto aspetti in media?

Dipende dalle logistiche. Alcune sono organizzate bene, altre meno. Il problema è quando ti capita di aspettare ore in un piazzale senza un minimo di servizio, che sia igienico o di ristorazione. Non è per nulla piacevole. Anche perché noi siamo lì per conto di chi quella merce la deve trasportare, non certo per volontà nostra.

Per leggere altre interviste ai protagonisti della strada, vai a «Voci on the road».

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