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10 domande a… Giovanni Mucciolo

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CARTA DI IDENTITÀ

NomeGiovanni
CognomeMucciolo
Età52
Stato Civileconiugato
Punto di partenzaPescara
Anzianità di Servizio29 anni
Settore di attivitàtrasporto prodotti chimici
  • Quando hai scelto di fare questo lavoro?

Quasi trent’anni fa. Mio padre faceva l’autotrasportatore e anche mio suocero. In un certo senso si può dire che sono nato in mezzo ai camion. E poi mi è sempre piaciuto viaggiare, stare in movimento, vivere la strada.

  • È cambiato molto da allora?

Abbastanza. Il lavoro è diventato più complesso. Un tempo ti si chiedeva solo di guidare. Adesso devi imparare a fare un sacco di cose e seguire molte più regole. Il problema è che a fronte dell’aumento della complessità del lavoro, non è seguito un adeguamento delle paghe, né siamo supportati da un contesto di infrastrutture che ti permette di svolgere con serenità questo lavoro.

  • A cosa ti riferisci quando parli di deficit infrastrutturale?

Alle aree di sosta. Nella maggior parte delle aree non ci sono le docce, oppure quelle esistenti sono un disastro. In generale non ci sono le comodità per dormire fuori la notte. Questo ti porta a lavorare male e a vivertela male. E la cosa peggiore è che ci siamo abituati a questo standard. Non dovrebbe essere così. Negli altri Paesi non è così.

  • Quale Paese europeo è un esempio di buon trattamento per gli autisti?

Io non faccio estero quindi non ho esperienza diretta. Ma da quello che sento raccontare da molti miei colleghi, in Francia e in Germania sicuramente le cose vanno meglio.

  • Forse questo è anche uno dei motivi che tiene i giovani lontani dal camion…

Assolutamente. In questo momento c’è tanta richiesta ma di giovani in giro non ne vedo. E come dargli torto! È diventato un lavoro sempre più sacrificante. Gli stessi figli dei camionisti iniziano, ma poi smettono. E giustamente pensano: «Ma chi me lo fa fare?».

  • Ti capita spesso di dormire fuori?

Sempre. Parto il lunedì dalla provincia di Salerno, dove risiedo, e rientro il venerdì. Mi sposto in tutta Italia. Riesco a tornare a casa solo nel fine settimana.

  • E quando «stacchi» cosa fai?

Beh, il tempo libero è sempre poco. Mi dedico alla famiglia, uscendo con mia moglie e i figli. E mi godo la mia bellissima terra, il Cilento.

  • Cosa trasporti?

Prodotti chimici, in particolar modo quelli destinati alla potabilizzazione e alla depurazione delle acque. Faccio questo lavoro da un paio d’anni per la CIPAA di Popoli (Pescara). Ma in passato ho trasportato di tutto: dalla paglia e fieno fino ai carburanti, gpl compreso.

  • Come mai la figura di Padre Pio «tatuata» sul camion?

È legata a un episodio che mi è successo alcuni anni fa. Un camion sbandò e mi venne addosso, facendomi letteralmente capovolgere. Il mio veicolo si trascinò sull’asfalto per diversi metri e fortuna volle che si arrestasse solo pochi centimetri prima di sfondare il guardrail. Fuori dal mezzo volò di tutto: carte, portafoglio, documenti. Tutto quello che c’era in cabina si disperse sulla strada. L’unica cosa che si salvò fu un «santino» di Padre Pio che avevo sul cruscotto. E me lo ritrovai addosso sul petto. È stato veramente un miracolo. Da allora ho sempre fatto stampare questa immagine su tutti i camion che ho guidato..

  • Un episodio che in qualche modo ti ha segnato…

Sì, ho avuto molta paura. Ma non mi ha intimorito. Gli episodi brutti possono capitare a chiunque. Cerco di vedere il bicchiere mezzo pieno e di trovare la forza per andare avanti. Questa è la mia filosofia di vita.

Per leggere altre interviste ai protagonisti della strada, vai a «Voci on the road».

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