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Artusi (Federauto), lo stop ai motori termici è una «decisione irrazionale»

Irrazionale e che «favorisce i competitor esterni all'Europa». È forte la riluttanza del comparto automotive sulle tempistiche dettate dalla Ue per la riduzione delle emissioni inquinanti

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Mentre a Bruxelles approvano lo stop dal 2035 della vendita di nuovi veicoli commerciali e auto equipaggiati con motori termici (benzina e diesel) e la riduzione del 90% delle emissioni di CO2 dei veicoli pesanti entro il 2040 da più parti si levano cori di proteste.

«Una scelta a dir poco demenziale» taglia corto Paolo Uggè, presidente di Conftrasporto-Confcommercio aggiungendo che «Lo stop ai motori termici, oltre a essere un incredibile errore per le conseguenze sul sistema produttivo, dimostra quanto ‘certi’ partiti, anche di casa nostra, antepongano l’ideologia alle scelte utili all’economia del Paese».

Massimo Artusi vicepresidente di Federauto con delega ai Trucks&Van, esprimendo la preoccupazione della filiera distributiva critica la Commissione che continua «a puntare – anche per i veicoli pesanti – sull’alimentazione elettrica in nome di una lotta alle emissioni di climalteranti che la stessa Commissione vanifica, usando come criterio di valutazione le emissioni allo scarico (TTW)» compiendo l’errore di non considerare «il danno ambientale procurato dalla produzione dell’energia elettrica impiegata dai veicoli, ignorando nel contempo il costo ambientale di produzione degli accumulatori».

Dello stesso avviso ANFIA (associazione nazionale filiera industria automobilistica) che in una nota comunica «Pur apprezzando l’inclusione dei motori a combustione interna alimentati a idrogeno, l’obiettivo per il 2040 mina il principio di neutralità tecnologica, che risulta invece fondamentale per salvaguardare e valorizzare competenze già esistenti nell’industria automotive europea, mitigando gli impatti sociali della transizione energetica» aggiungendo come «Solo introducendo nel regolamento un meccanismo di contabilizzazione dei benefici apportati dall’utilizzo dei carburanti rinnovabili, sarà possibile favorire una rapida e sostenibile decarbonizzazione del settore». 

Il vice presidente di Federauto aggiunge inoltre che la Commissione ha sottovalutato le potenzialità dei biocarburanti «mentre dovrebbe considerarli prioritari – se l’obiettivo strategico è la decarbonizzazione – incentivandone l’impiego, sia con una adeguata politica di incentivazione, sia con un potenziamento massiccio e rapido della rete di distribuzione nel settore dei veicoli pesanti, per i quali l’alternativa elettrica è difficilmente praticabile» apostrofando la transizione come «troppo repentina e insostenibile sul piano socio-economico» e che «la soluzione dell’idrogeno “verde” è ancora lontana, sia sul piano tecnologico che dei costi».
Infine, conclude Artusi «L’accanimento della politica europea sul tema dei trasporti è del tutto inspiegabile alla luce degli stessi dati usati dalla Commissione, dalla cui lettura emerge che i veicoli commerciali HDV contribuiscono solo per il 12% alla produzione di GHG dell’intero settore trasporti, nonostante utilizzi un terzo delle risorse energetiche, e al 6% nel totale delle emissioni su scala europea».

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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