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Fullback, il pick up che a Fiat mancava

Rispetto al vecchio Strada il Fullback ha muscoli da lavoro, potendo caricare più di una tonnellata. Per presentarlo al grande pubblico Fiat organizza per il prossimo week end un porte aperte nelle concessionarie

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Fiat organizza un Porte aperte per il weekend del 14 e 15 maggio per presentare alla clientela il nuovo pick up Fullback. «Non sapevo che Fiat facesse pick up». È una prima frettolosa affermazione che però va in parte corretta. Per un verso perché nel catalogo Fiat presenziava lo Strada, molto apprezzato di Sudamerica, dalle dimensioni piuttosto ridotte, per un altro invece perché il Fullback è in carico al Fiat Professional, la costola della società che si occupa di veicoli commerciali leggeri. Non più solo furgoni quindi ma anche un pick up di media portata realizzato in stretta collaborazione con Mitsubishi, uno dei costruttori nel settore dal pedigree più blasonato.

Così, a livello genetico, il Fullback è fratello dell’L200, dotato però di identità propria a livello estetico, grazie al frontale in cui la griglia anteriore appare con un disegno originale, contornata dai gruppi ottici che, in optional, possono essere dotati della firma” bi-xeno.

Perché Fullback? Il nome trae origine nel gioco del football americano e del rugby, dove il Fullback è l’ultimo uomo in difesa, quello dotato di costituzione forte e in grado all’occorrenza di ripartire di slancio. Insomma, di svolgere il lavoro che c’è da fare, con sostanza e concretezza.

Un telaio a longheroni assicura a Fullback capacità di carico e robustezza. Tutte le versioni sono alte massimo 1.780 mm, larghe fino a 1.815 mm e con un passo da 3.000 mm. La lunghezza totale varia a seconda della configurazione: raggiunge i 5.275 mm per la cabina estesa e 5.285 mm per la cabina doppia. Varia anche la lunghezza del vano di carico – 1.850 mmm per la cabina estesa, 1.520 mm per la cabina doppia. La portata è di oltre una tonnellata, ma può rimorchiare fino a tre tonnellate.

La gamma si articola in tre configurazioni (chassis, cabina estesa e cabina doppia) e due allestimenti. Il livello d’ingresso comprende di serie ABS con EBD, TSA (sistema che aumenta la stabilità in caso di traino), LDW (allerta in caso di superamento delle linee della carreggiata), sette airbag. Le dotazioni interne prevedono sedili in tessuto dark grey, display, illuminazione strumenti regolabile, volante e leva cambio in pelle e chiusura centralizzata con doppio telecomando. La dotazione infotaiment prevede una Radio 2DIN con lettore CD e MP3.

Il Fullback è mosso dal motore 2.4 Multijet, con basamento in alluminio e turbocompressore a geometria variabile da 180 cv e 430 Nm (presto sarà affiancato da una versione meno potente da 150 cv e 380 Nm), chiamato a dialogare con un cambio manuale a 6 rapporti o con un automatico a 5.

Le sospensioni anteriori sono a doppio braccio con barra stabilizzatrice, quelle posteriori ad assale rigido con balestre multistrato.

Offerto in versione 4×2, la sua anima vera la esprime con la trazione integrale disponibile in doppia modalità, permanente o semipermanente. La prima, presente sull’allestimento top e caratterizzata dal differenziale centrale Torsen, supportato da 3 frizioni a controllo elettronico, dispone di quattro posizione di guida: la 2H e la 4H, vale a dire a 2 e a 4 ruote motrici, la 4HLc con blocco del differenziale centrale e la 4LLc con in più, rispetto alla precedente, l’inserimento delle marce ridotte. La modalità semipermanente, invece, presenta, oltre alla 2H e alla 4H, una terza posizione 4L con marce ridotte. Il blocco elettronico del differenziale posteriore è in opzione su entrambe le modalità.

I prezzi: partono da 27.500 euro (iva esclusa) per la cabina singola mentre per la doppia ce ne vogliono 2.000 in più; per il cambio automatico bisogna aggiungerne altri 4.000; dal catalogo Mopar si può poi attingere a una vasta gamma di accessori, dalle protezioni per la carrozzeria, ad attrezzature specifiche.

Noi lo abbiamo già messo alla prova inerpicandoci sulle montagne sopra Pinerolo, lungo stradelli impervi, ricchi di buche, fango e pozzanghere alimentate dall’ultima neve in grado di resistere al sole di maggio. Di questo potrete leggere sul numero di giugno di UeT.

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