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La formazione è la chiave del passaggio generazionale. Parla Massimo Artusi di Romana Diesel

Anche nel mondo dei concessionari non è solo un «affare di famiglia». Per portare avanti il nome dell’impresa serve una visione manageriale, tanta esperienza sul campo e soprattutto allargare lo sguardo oltre ciò che è conosciuto e familiare. E se c’è un costruttore, come Iveco, che organizza corsi ad hoc su come preparare al meglio questo passaggio, tutto diventa più semplice

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Quando si pensa a un passaggio di testimone in un’azienda a conduzione familiare, generalmente viene subito in mente un’immagine precisa: quella di un evento istantaneo, dai contorni netti e prestabiliti, in cui i padri cedono le redini della propria creatura ai figli. Un po’ come nella staffetta, dove l’attenzione è tutta focalizzata sull’istante decisivo in cui avviene il cambio tra un atleta e l’altro attraverso il passaggio del testimone. Ma, in realtà, la successione è un percorso molto lungo, che parte da lontano e si compie in un arco di tempo dilatato e funzionale alla preparazione del passaggio. Perché prima del cambio c’è tutta una fase di «allenamento» propedeutico all’apprendimento della tecnica, degli aspetti mentali, dei sincronismi di squadra. Quello di Massimo Artusi, direttore commerciale della Romana Diesel, storica concessionaria Iveco con alle spalle l’esperienza di tre generazioni e 86 anni di attività, è un percorso che rispecchia perfettamente questa lettura «per strati» del passaggio generazionale. «Sin da quando ero piccolo – ricorda Artusi – mio padre ha sempre fatto respirare l’aria dell’azienda a me e a mio fratello. Il sabato e la domenica, per esempio, ci portava in giro a visitare i clienti. Ovviamente, per me che ero bambino, quegli incontri erano noiosissimi. Poi però ho presto capito quanto fossero importanti, perché si andava a conoscere persone e aziende che col tempo sarebbero diventati i nostri clienti fidelizzati per anni».

Un passaggio graduale

Massimo Artusi sembra destinato a seguire le orme del papà Mario. Dopo la laurea in Economia e Commercio, negli anni 90 inizia a frequentare con maggiore intensità l’azienda di famiglia, quindi si trasferisce all’estero per lavorare in Iveco verso la fine del 1995, per poi ritornare in Italia nel 1998 alla guida della sede di Latina della Romana Diesel. «Quello di Latina è stato il mio primo incarico dirigenziale e probabilmente il banco di prova più difficile della mia carriera, perché per la prima volta mi sono trovato non solo al timone dell’azienda, ma anche a mettere in pratica tutte le conoscenze assimilate negli anni precedenti e adattarle alla realtà latinense. Lì mi occupavo di un po’ di tutto, dai rapporti commerciali fino all’attività dei ricambi». Dopo quattro anni di esperienza, Artusi si trasferisce quindi alla sede di Roma per dirigere la divisione commerciale dei veicoli pesanti per tutta la Romana Diesel. Attività che ricopre tutt’oggi, in sinergia con gli altri esponenti del gruppo Artusi-Campilli (vale a dire le due famiglie che dal 1937 hanno posto le basi fondanti della Romana Diesel). «Il passaggio di consegne è stato quindi un processo graduale nel tempo – precisa Artusi – fatto di anni di gavetta, studi, formazione sul campo e accumulazione di esperienze. Seppur con esperienze diverse, ciascuno di noi della terza generazione (Enrico, Andrea, Federico, Fernando e Francesco) ha seguito questo tipo di percorso. La pianificazione del passaggio ha anche comportato il settaggio delle regole e dei comportamenti di ciascuno, all’interno del proprio ruolo, nel rispetto degli equilibri aziendali».

I corsi di Iveco

Un ruolo chiave nel processo di crescita professionale di Artusi l’ha senza dubbio giocato Iveco, che nei primi anni 90 istituì un corso di formazione, battezzato «Euroteam», rivolto a tutti i figli dei concessionari, sia che fossero alle prime armi oppure già operativi in azienda. L’obiettivo? Instillare nelle nuove generazioni una mentalità di crescita soprattutto dal punto di vista manageriale. «Fu un’esperienza molto interessante», ricorda Artusi, che frequentò proprio il corso inaugurale nel 1992. «All’epoca le lezioni erano tenute dall’ISVOR, che era una scuola di formazione superiore del gruppo Fiat. Successivamente, nel 1998, furono affidate alla Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi di Milano. In ogni caso, si trattava di corsi seri e competenti. Del resto, Iveco si è sempre dimostrata molto attenta al passaggio generazionale, tant’è che ancora oggi la Casa organizza corsi di formazione rivolti ai figli dei titolari delle concessionarie».

La visione manageriale

Massimo Artusi è oggi diventato un manager di successo. Nel 2021 è stato chiamato a guidare la vicepresidenza di Federauto con delega al settore truck e veicoli commerciali e dal 2023 è componente del Board of Directors della AECDR (Alleanza dei concessionari Europei, l’associazione che raggruppa tutti i concessionari automotive di Europa). Da alcuni anni partecipa inoltre ai gruppi di lavoro di GACIE (Associazione Europea dei Concessionari Iveco) impegnati a seguire le evoluzioni e la qualità dei prodotti e della distribuzione truck e van. Ha due giovani figlie: la prima ha intrapreso una carriera nel mondo del turismo, la seconda studia Economia all’Università. «Sono stato io a spingerle a fare un’esperienza al di fuori dell’azienda – afferma il manager – perché le competenze tecniche si possono imparare facilmente un po’ ovunque, ma il carattere, l’atteggiamento e la sensibilità si devono sviluppare in conto proprio, lontano da casa, in un ambiente privo di impostazioni e condizionamenti familiari. Credo infatti sia costruttivo imparare da voci, esperienze, valori e culture diverse». E se un domani si trovasse alle prese con un eventuale passaggio di testimone, Artusi non avrebbe dubbi su come gestirlo: «L’insegnamento più importante che tramanderei è quello che mi è stato insegnato: il cliente dev’essere sempre al centro di tutto. Perché il vero driver che ci porta a essere quello che siamo è il modo in cui riusciamo a prestare la massima attenzione al cliente e alla sua soddisfazione. Questo è tuttora il primo concetto che cerchiamo di trasferire alle nuove generazioni». Ma altrettanto importante è «alimentare una cultura in cui c’è spirito di collaborazione», perché, appunto come in una staffetta, si gareggia bene solo se c’è un perfetto sincronismo e affiatamento di squadra.

Nelle tre foto di apertura, da sinistra, in senso orario: Andrea Artusi, Federico Campilli, Massimo Artusi e Francesco Campilli al tempo della frequentazione dei corsi «Euroteam» promossi da Iveco (1992). Massimo Artusi in compagnia delle donne della sua famiglia. La figlia Lavinia, la moglie Ilaria Mazzonis e la figlia Lorenza. In questo scatto del 1996, la seconda e terza generazione di Romana Diesel al completo. Da sinistra: Francesco Campilli, Mario Artusi, Massimo Artusi, Federico Campilli, Andrea Artusi, Massimo Campilli, Enrico Campilli, Roberto Campilli, Fernando Campilli.

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