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La voglia di DAF di salire sui carri

Il costruttore olandese, parte di un solido gruppo statunitense, ha cambiato pelle negli ultimi anni, allungando le cabine in linea con quanto consentito dalla normativa europea. Così, da marchio essenziale si è trasformato in marchio premium e adesso cerca di connotare in tal senso anche la sua rete. Ma rimane un cruccio: a fronte della prima piazza europea e della terza italiana nei trattori (rispettivamente con un 20,5 e un 14,6%) , nei carri ancora stenta. E nel 2024 cerca un riscatto

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È una cosa di cui spesso ci si dimentica. DAF è una casa costruttrice con sede nei Paesi Bassi, ma il suo capitale è in mano a Paccar, un grande gruppo industriale statunitense che produce veicoli pesanti e che soprattutto gode di una considerevole solidità patrimoniale. Pensate che lo 2023 ha portato il suo fatturato a 26,05 miliardi di dollari, rispetto ai 20,69 del 2022, mentre l’utile netto è schizzato ai 3,18 miliardi rispetto 2,09 dell’anno precedente. In più prima delle imposte, la sua controllata Paccar Parts, società leader mondiale nella distribuzione, vendita e commercializzazione di ricambi, ha accantonato un utile di 1,27 miliardi di dollari, mentre quello di Paccar Financial Services, la captive finanziaria del gruppo, è risultato di 427,3 milioni.
E anche grazie a questi numeri il gruppo ha potuto investire la bellezza di 486,5 milioni di dollari e di indirizzare verso la ricerca&sviluppo 302 milioni.

Le sinergie europee

Certo, sono numeri generati oltre Oceano, ma fino a un certo punto. Perché i riflessi o, se preferite, le sinergie arrivano anche in Europa. Tanto per far un esempio, i motori che equipaggiano i veicoli DAF sono tutti di produzione Paccar, così come la società che concede finanziamenti anche in questa parte di mondo – Italia compresa – beneficia della forza di questa organizzazione, nel senso che non soltanto è orientata in modo specifico al mercato dei veicoli da trasporto, ma dispone anche della possibilità di “trattare bene” i trasportatori proprio perché quando acquista denaro può farlo a condizione di maggior favore rispetto ad altre compagnie. Appare eloquente in tal senso la percentuale di clienti non finanziabili che si registra in Italia, attestata a un modesto 5%.

Storia di un cambio di pelle

Ora è molto probabile che questo gruppo dal respiro globale abbia deciso qualche anno di far cambiare pelle a quella società con sede a Eindhoven che aveva in pancia dal 1997. In che senso è presto detto: DAF era sempre stato identificato sul mercato dei veicoli industriali come un marchio essenziale, anche vagamente spartano, sicuramente affidabile, ma privo di fronzoli e poco avvezzo a rincorrere le innovazioni. Poi, qualche anno fa la svolta, rappresentata dall’opportunità concessa dalla normativa europea di allungare le cabine dei camion a determinate condizioni, prima tra tutte quella di migliorare l’aerodinamica. DAF è stato il primo – e al momento attuale ancora unico – costruttore a tradurre in camion reali le disposizioni normative, lanciando nel giugno 2021 – con un timing presumibilmente spostato il più avanti possibile rispetto al lockdown – una nuova generazione di veicoli connotati da più ampi spazi interni (fino a 50 cm) e da un’immagine completamente diversa rispetto al passato. In quel frangente cioè DAF si conferma un marchio funzionale, ma assume tratti di ricercatezza e di comfort, ma soprattutto riesce a mettere d’accordo le ragioni degli autisti (garantendo migliore vivibilità interna) con quelle degli imprenditori (ai quali la migliore aerodinamica assicura ridotti consumi). 

L’operazione riesce: un marchio poco considerato dalla platea dei trasportatori attratti da veicoli più blasonati (in genere quelli svedesi), improvvisamente butta gli occhi sugli XG e sugli XG+, giudicandoli un oggetto del desiderio. Non a caso nel 2022, nel mercato pari e sopra le 16 tonnellate, DAF prende quota e va a occupare in Europa la terza piazza, confermata anche nel 2023 (dietro Mercedes-Benz e Volvo) con una quota complessiva del 15,9%. In Italia, si accontenta di un 11,3%, segnando però una curva di progressiva crescita partita proprio in corrispondenza del 2021, che serve comunque a posizionare DAF in quel plotoncino di inseguitori di Iveco, al cui interno in cui in pochi punti percentuali si trovano anche Scania, Volvo e Mercedes. In più, ottiene un miracolo parallelo, perché questa crescita appare accompagnata anche da quella migliore redditività, conquistata in genere dai prodotti premium. E d’altra parte in casa Paccar la redditività rappresenta una sorta di imperativo categorico.

Il diesel che finanzia l’elettrico

Paolo A. Starace, amministratore di DAF Veicoli Industriali

Sia chiaro: il fatto che sulla vendita di un camion oggi DAF riesca a guadagnare qualcosa di più, non dipende dai maggiori prezzi richiesti dai concessionari. Perché quello è un trend che interessa tutti i marchi, un po’ perché oggettivamente da un paio di anni a questa parte la risalita post-pandemica prima e la guerra poi hanno determinato un apprezzamento delle materie prime e un risvegliare di onde inflattive; un po’ perché inglobata al prezzo dei veicoli esiste una quota che serve a finanziare tutti quei mezzi elettrici, per adesso soltanto prodotti, ma molto poco venduti. Detto altrimenti, sono stracostati in fase di ricerca, non beneficiano di economia di scala in fase produttiva, ma commercialmente stentano a far percepire la loro presenza. In Italia, addirittura, se ne vendono poche decine, anche a causa di scarsissimi incentivi pubblici. Quindi, come spiega anche Paolo A. Starace, amministratore delegato di DAF in Italia, se non ci fossero i cari e vecchi diesel a finanziarlo in qualche modo, cosa peraltro normale nelle logiche aziendali, da solo il business elettrico non starebbe in piedi. Basta vedere cosa sia accaduto a quei costruttori – tipo Volta Trucks – costretti a staccare letteralmente la spina proprio perché non avevano un paracadute carbonico.

Gli obiettivi realistici per gli e-camion

Ecco perché anche nel 2024 DAF non si pone obiettivi stratosferici. Paolo A. Starace, con i piedi ben piantati a terra conta di vendere qualche decina di unità e per farlo intende spingere soprattutto sull’attività consulenziale, quella utile a far comprendere ai trasportatori quando e come questo tipo di soluzione possa stare in piedi, guidandoli nella realizzazione dell’infrastruttura di ricarica e magari anche nell’individuazione del tipo di configurazione e di carrozzeria del veicolo. E poi rendendo tutti i concessionari e-Dealer (dotandoli di specifici standard in tal senso) e mettendo a loro disposizione una flotta di veicoli demo per far toccare con mano il prodotto all’utilizzatore finale.

Un trattore da vincitori, un carro da far crescere

Il modulo con cui la casa olandese sta cercando di far germogliare il mercato dei veicoli elettrici ricorda in qualche modo ciò che sta facendo per rimuovere un altro cruccio commerciale che la ossessiona da anni. Perché è vero che DAF in Europa è il terzo brand per penetrazione e che raccoglie il 15,9% di quota di mercato, ma è anche vero che tale percentuale è esattamente una media tra le vendite dei trattori e quelli di carri, estremamente distanziate tra loro. Perché se più un trattore su cinque tra quelli venduti in Europa (per la precisione il 20,5%) reca sulla calandra il marchio DAF, con un livello di penetrazione superiore a tutti gli altri marchi, sui carri si viaggia a una velocità dimezzata, attestata sull’11,1% di quota. E in Italia, l’andamento – seppure in parte ridimensionato nei numeri – è speculare perché mentre la quota sui trattori viaggia al 14,6%, rendendo DAF il terzo brand dopo Iveco e Scania, nei carri si deve accontentare di un 6,5% (almeno nei primi dieci mesi dell’anno). 
D’altra parte, vendere un trattore e fare altrettanto con un carro sono due attività completamente diverse, perché spesso si rivolgono a mercati diversi, che utilizzano il veicolo in modo diverso e per un periodo molto diverso. Ecco perché anche in Italia DAF ha studiato questo mercato e adesso sente di disporre di tutto quanto serve per aggredirlo al meglio. Starace lo dice a chiare lettere e sottolinea come il «comparto dei carri sia altamente strategico, perché ritenuto uno dei pilastri decisivi per puntellare la crescita nei prossimi anni. Se nell’ambito dei trattori rimaniamo uno dei brand di riferimento per il settore, l’offensiva nel comparto motrici ci permetterà di consolidare e nel contempo incrementare i volumi nei prossimi anni. Per questo mettiamo a disposizione una gamma di prodotti efficienti e performanti, in grado di soddisfare le esigenze operative degli utilizzatori».

Tra le gamme di prodotto efficienti, almeno nel settore Construction, possiamo includere da alcuni mesi anche la gamma «C», che raccoglie gli XF e gli XD concepiti per questo segmento. Ma ovviamente l’offensiva in questo caso non si gioca soltanto sul prodotto. DAF proprio per capitalizzare le caratteristiche costruttive dei veicoli e la loro facilità di accoppiarsi con allestimenti vari, sta stringendo relazioni molto più strette con chi li realizza, fornisce loro tutti gli strumenti e le informazioni utili al montaggio, predispone soluzioni Plug&Play per modificare la parte strutturale già in fabbrica proprio per meglio accogliere l’allestimento stesso. E in più, in maniera simile a quanto detto sugli elettrici, sta formando figure commerciali specifiche, competenti proprio a fornire una consulenza rispetto alla sovrastruttura, e sta creando una flotta di veicoli dimostrativi sempre allo scopo di farci salire sopra i potenziali clienti. 

Le novità del 2024: Adas e rete premium

Guardando al di à dei carri, poi, l’impegno di DAF sarà molto concentrato sul lancio dei veicoli equipaggiati con tutti i sistemi ADAS, offerti sul mercato già da gennaio, anche se diventeranno obbligatori a partire dalla prossima estate. Fuori dal prodotto, invece, lo sforzo di DAF sarà quello di far lievitare il livello qualitativo della propria rete commerciale, cercando di garantire alla clientela un livello di soddisfazione più elevata e soprattutto di connotarla come un circuito di dealer premium, che vendono cioè veicoli premium, ma forniscono anche servizi adeguati. 

I numeri del mercato che verrà: flessione tra l’8 e il 12%

Quali risultati porteranno queste attività è difficile dirlo. Ma in ogni caso vanno calati anche nel mercato complessivo e di conseguenza alla congiuntura economica. Che nella valutazione di DAF non sarà particolarmente rosea. Perché il PIL potrebbe registrare una crescita rallentata rispetto alle attese, perché il costo del denaro e il tasso dell’inflazione potrebbero rimanere ancora alti, perché la Germania, tradizionale locomotiva europea e principale partner per i nostri scambi commerciali, vive già una contrazione economica. Sulla base di queste considerazioni Starace prospetta una flessione del mercato 2024 rispetto a quello di quest’anno, attestata tra l’8 e il 12%. Che facendo due conti, viste le quasi 25 mila immatricolazioni del 2023, non è una notizia tragica.

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