Da qualche anno la strategia commerciale di MAN in Italia ha cambiato approccio, affiancando ai dealer privati, che rimangono centrali, dei MAN Center chiamati a colmare le lacune presenti sulla cartina, a stabilire una presenza tangibile dove mancavano strutture utili a fornire in primis servizi di assistenza. Per completare l’offerta di servizio è stata aggiunta l’attività commerciale che funge da ulteriore impulso alla crescita del business. Parliamo di un’organizzazione composta da venti venditori in ambito truck e di tre in ambito van, che trovano nei MAN Center un riferimento logistico, ma per il resto si muovono sul territorio di competenza delle strutture assistenziali, riportando alla direzione commerciale di MAN Truck & Bus Italia tramite il coordinamento di Francesco Stroppiana.
Cerchiamo allora di entrare in questo mondo partendo dall’aspetto primario: qual è la definizione più corretta di «MAN Center»?
«Il MAN Center è un luogo in cui il cliente – risponde Stroppiana – si aspetta il massimo in termini di assistenza e standard del marchio e questo ci sprona a migliorarci giorno dopo giorno. Almeno, questo è l’obiettivo e il motivo per cui cerchiamo di dimensionare ogni struttura per rispondere al meglio alle esigenze del cliente, dal numero di postazioni al magazzino, dal numero di collaboratori alle metrature. Abbiamo l’obbligo di mantenere fede alle promesse del brand e di contribuire al suo rafforzamento in ogni punto di contatto con il cliente, dall’appuntamento per un tagliando alla consegna di un mezzo nuovo.
Percentualmente quanta domanda assorbono i MAN Center?
I MAN Center coprono circa il 35% dei volumi di vendita di MAN Italia con una forza commerciale composta da 23 venditori. La nostra presenza è di stimolo a tutto il network, sia a livello di assistenza per la rete di officine private che orbitano intorno alle aree di nostra competenza, sia a livello commerciale per il proficuo e onesto rapporto di competizione che ci vede confrontarci con i nostri concessionari privati sul territorio. Se all’inizio si poteva immaginare che questi due mondi sarebbero stati in contrapposizione, oggi posso affermare senza ombra di dubbio che la crescita del brand sul mercato italiano è frutto di questo dualismo e della sua corretta interpretazione da parte di entrambi gli attori.

Visto che parliamo di assistenza, qual è il livello di penetrazione dei contratti di manutenzione e riparazione all’interno dei MAN Center?
Siamo oltre l’80%, un dato che ci pone al top a livello europeo. Ma d’altra parte per noi è un’esigenza fondamentale e su cui puntiamo molto e che viene tenuto costantemente in considerazione anche in sede di trattativa, sullo stesso livello rispetto alla fornitura del prodotto. Quindi, ci crediamo tantissimo, ma le condizioni che offriamo sono pure oggettivamente vantaggiose. E anche il trasportatore più restio, quello ancora convinto di poterla gestire convenientemente da sé, nel momento in cui gli si fanno vedere i conti, si convince a sottoscrivere il contratto con la garanzia dell’utilizzo di ricambi originali e l’impiego di manodopera qualificata.
Il contratto di manutenzione è una certezza, qualcosa che rimane stabile nel tempo in un frangente che, invece, vede una trasformazione di tante cose, veicoli e sistemi di alimentazione compresi. In questo contesto evolve anche il ruolo del venditore?
Quando formiamo i nostri venditori, miriamo a costruire prima di tutto figure realmente consulenziali capaci di fornire un supporto concreto ai clienti sotto tutti i punti di vista, tecnologico, normativo ma anche di natura economica. Perché il venditore che riesce a individuare il veicolo giusto per il cliente, vale a dire corretto rispetto alle sue specifiche esigenze di trasporto, può metterlo in condizione di ottimizzare i costi e di incrementare così la sua redditività.
Il fatto di disporre di una gamma di veicoli che parte dai van e arriva al cava-cantiere rende questa ricerca più accurata?
Sicuramente la disponibilità di una gamma di prodotto molto ampia, ci impone di avere una profonda conoscenza di quanto richiesto dal mercato. Di conseguenza, diventa essenziale formare adeguatamente il venditore per essere preparati anche su quei prodotti resi complessi dalla presenza di allestimenti esterni. Penso, per esempio, al mondo dei sollevamenti, dei ganci, dei caricatori, dei veicoli eccezionali.
Il mondo dell’autotrasporto è popolato da operatori con un’età media elevata. Tra gli autisti e i padroncini si arriva anche a 55 anni circa. I vostri venditori anagraficamente come sono messi? E qual è il maggior problema nel sostituirli?
L’età media dei nostri venditori è intorno ai 45-50 anni. La difficoltà maggiore nel sostituire un venditore esperto riguarda la fiducia che in lui ripone il cliente. Lo dico sempre ai venditori: «Il vostro obiettivo più importante è di conquistare la fiducia dei trasportatori». E per conquistarla, paradossalmente, bisogna spogliarsi della maglia del costruttore e mettere in primo piano il suo interesse. Ed è effettivamente così, perché se per lui il veicolo funziona, a quel punto vincono tutti. Perché se qualcuno mi ha consigliato un mezzo con cui mi sono trovato bene, è altamente probabile che per l’acquisto successivo mi rivolgerò nuovamente a lui.
Oggi è sempre più difficile trovare nuovi venditori che spesso guardano a questo settore come “vecchio” e complicato ma stiamo puntando molto sulla transizione in corso per attrarre nuovi talenti e valorizzare la passione che tanti ragazzi hanno verso le nuove tecnologie. Spesso il trasportatore è tradizionalista e un po’ diffidente di fronte alle novità. Quali strumenti utilizzate per rimuovere queste diffidenze?
Il primo strumento che usiamo è una flotta di veicoli demo con cui far provare al cliente per un tempo significativo il mezzo che gli vorremmo proporre. Si tratta di un veicolo standardizzato, ma serve per fargli toccare con mano gli aggiornamenti tecnologici esistenti e che lo potrebbero mettere in condizione di lavorare meglio e fargli percepire il comfort di guida. Poi c’è l’aspetto più legato ai servizi, perché mentre usa il veicolo demo cerchiamo di far comprendere al trasportatore come funzionano i sistemi di ausilio alla guida per contenere il consumo di carburante o per fargli verificare come un determinato stile di guida possa fornire un ulteriore contributo. A tale scopo, siamo in grado di fornire un report da analizzare insieme affinché sia possibile valutare la prova nel suo complesso e i margini di miglioramento. Poi, laddove il cliente decida di acquistare il veicolo, organizziamo un corso presso la sede aziendale tarato sul reale utilizzo e sulle effettive missioni del veicolo. In questo modo, l’autista potrà sfruttare tutta la tecnologia presente a bordo e ottenere il massimo dai nostri mezzi.
Abbiamo fatto riferimento a tante trasformazioni di prodotto e di figure professionali. Ma il trasportatore come immagina che cambierà?
Imparerà sempre di più a usare la tecnologia per migliorare la sua condizione. Faccio un esempio: quanti veicoli circolano vuoti in Italia? Se ci sono è perché il trasportatore non è riuscito a “vendere” il viaggio di ritorno. Ma è un’inefficienza che non si potrà più permettere. Per ovviarvi sarà indotto a lavorare maggiormente in rete con altri trasportatori per essere sicuro di riuscire a fatturare ogni chilometro che percorre. Il problema dell’autotrasporto italiano è sempre stato legato alle dimensioni aziendali, mentre altrove in Europa si è andati verso un’integrazione di diverse realtà per conquistare quei volumi che sono in grado di generare economie di scala e ottenere tariffe più remunerative. In Italia questa trasformazione è sempre spesso paventata, ma non è mai arrivata. Credo che adesso sia giunto il momento buono.