Sapete in cosa consiste il reato di violenza privata (art. 610 del codice penale)? Secondo la Cassazione (sentenza n. 23495/2013) può essere considerato tale anche «la minaccia, ancorché non esplicita, che si concreti in un qualsiasi comportamento o atteggiamento idoneo ad incutere timore e a suscitare la preoccupazione di un danno ingiusto al fine di ottenere che, mediante detta intimidazione, il soggetto passivo sia indotto a fare, tollerare o ad omettere qualcosa». Vogliamo provare a tradurre? Allora prendiamo il caso di colui che, con il proprio veicolo, si sistema in modo tale da impedire ad altri di proseguire la marcia. Ebbene, in base a quanto dice la Cassazione, chi si comporta in questo modo commette il reato di violenza privata, punibile nei casi più gravi con la reclusione fino a 4 anni.
Inutile sottolineare che i risvolti interessanti di tale sentenza riguardano l’ipotesi che si verifica in occasione di un fermo, quando alcuni veicoli svolgono il cosiddetto picchettaggio. Può dirsi anche questa una forma di violenza privata? A rigore sì, anche se l’attività di sciopero è garantita dalla Costituzione e quindi rappresenta una sorta di eccezione. Ma attenzione, perché in altre sentenze viene effettuata una precisa discriminazione al riguardo. Vale a dire: c’è picchettaggio e picchettaggio. Quello giudicato legittimo si concretizza nell’attività di propaganda – più o meno energica – per fare sì che chi non ha maturato un’opinione o chi l’ha maturata in senso opposta possa essere conquistato alla causa dello sciopero. Ma se invece il picchetto, condito di minacce, intimidazioni e violenze, impedisce a qualcuno di lavorare, ci sono alte probabilità che possa definire «una violenza privata».