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«Il rinnovo della CQC lo deve pagare il datore di lavoro»

Il Tribunale di Chieti decide di far rimborsare come straordinario le spese sostenute dagli autisti per il rinnovo della Carta di qualificazione conducente all’azienda datrice di lavoro. Una decisione adottata nei confronti di un'azienda di trasporto persone ma che per analogia potrebbe estendersi anche alla certificazione richiesta per gli autotrasportatori merci

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La sentenza che analizziamo oggi riguarda una società per azioni pubblica italiana, la TUA, che ha la Regione Abruzzo come socio unico e gestisce il trasporto pubblico urbano, interurbano e ferroviario della regione centromeridionale.
Ma sorge subito un dubbio: cosa c’entra l’autotrasporto merci con il trasporto passeggeri? In realtà per la fattispecie che esamineremo – la famosa CQC, Carta di qualificazione conducente – il valore di questa decisione è assolutamente congruente e, anzi, potrebbe denotare una tendenza di grande impatto non solo normativo, ma anche economico.

IL FATTO

La vicenda – come riferita dal quotidiano online Chieti Today – pare da un ricorso della Fit Cisl Abruzzo-Molise presentato dall’avvocato Andrea Borrone, legale dell’ufficio vertenze del sindacato, relativamente al pagamento da parte dei conducenti dell’azienda delle 35 ore di corso necessarie per il rinnovo dell’abilitazione della CQC. La tesi sindacale era infatti che tali orari dovessero essere considerati come straordinario e che quindi le spese sostenute dai conducenti dovessero essere rimborsate dal datore di lavoro in quella logica.
La Cisl aveva anche proposto precedentemente un accordo bonario per i rinnovi dei certificati di 900 autisti alla dirigenza della società – per precisione, quella precedente a quella attuale – con il quale le spese di CQC sarebbero ammontate a meno di 200 mila euro complessivamente. Questa soluzione era stata però respinta dalla TUA e si era così andati per vie legali.

LA DECISIONE

Ma il Tribunale di Chieti, lo scorso 23 aprile, ha ritenuto l’interpretazione del sindacato assolutamente corretta. Le ore spese per seguire i corsi di rinnovo – spiega nella sentenza l’organo giudicante – vanno sicuramente considerate come lavoro straordinario e non come formazione in più a sé stante, extra orario lavorativo. Da ciò se ne deduce che i costi devono essere rimborsati agli autisti dal datore di lavoro. Ma non basta: la cifra quantificata dal giudice a saldo è risultata molto più alta di quella proposta dalla Fit e cioè 1 milione e 600 mila euro.

LE CONSEGUENZE

Al di là del valore della sentenza in sé e sempre in attesa di un eventuale ricorso in secondo grado, a noi interessa il principio che ne è derivato. Infatti, chiunque sia in possesso del certificato di qualificazione del conducente – quindi anche camionisti – e si sia trovato a dover pagare di tasca propria le spese del rinnovo potrebbe a questo punto in teoria chiedere il rimborso delle spese sostenute.
È evidente, come ha sottolineato Andrea Mascitti, segretario interregionale Fit Abruzzo Molise, come si sia davanti «a un cambio di paradigma, attraverso il quale la competenza e la professionalità… assumono il valore di patrimonio aziendale, il cui costo non può essere fatto ricadere sulle tasche dei lavoratori».
Inoltre, il cronico e grave problema del reperimento degli autisti non è certamente favorito da una spesa di oltre 5 mila euro per l’acquisizione di patenti e abilitazioni che oltretutto aprono la strada ad una professione complicata, impegnativa e con sanzioni del Codice della strada particolarmente severe.
Il principio sancito dalla sentenza non ha perciò solo carattere locale, ma interessa qualsiasi conducente in possesso di CQC, sia per trasporto persone che merci, comprendendo quindi, oltre agli autoferrotranvieri e ai lavoratori del settore noleggio con conducente, anche autotrasportatori, autisti della logistica o dell’igiene ambientale, la cui certificazione professionale sia propedeutica allo svolgimento dell’attività lavorativa.
In buona sostanza, dunque, ogni guidatore che abbia rinnovato di tasca propria il titolo abilitativo potrebbe recuperare tutta o buona parte della somma, facendone ad esempio richiesta attraverso le strutture sindacali preposte.
Si tratta comunque di una questione che andrà approfondita a livello nazionale, con ogni probabilità sui tavoli sindacali del rinnovo contrattuale, in modo da prevedere a monte una norma che regolamenti la gestione del mantenimento competenze e disponga risorse, evitando così di mettere in difficoltà aziende e lavoratori.

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