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Guido Nicolini, presidente Confetra «Gli interessi della logistica? Sono quelli del Paese»

Eletto al vertice dell’associazione da pochi mesi, con un’importante attività imprenditoriale e associativa alle spalle, Nicolini ha subito scritto al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, chiedendole di ripartire dalle iniziative della «precedente legislatura»

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C’è un concetto intorno al quale girano tutti i suoi ragionamenti: «Mai come in questo momento gli interessi del mondo produttivo rappresentato da Confetra possono sovrapporsi agli interessi generali del Paese». Con la sua aria serafica, gli occhi sereni, il sorriso abbozzato nascosto tra la rada barba bianca e i baffi grigi, Guido Nicolini spiega con voce pacata come questa convinzione segnerà il suo biennio presidenza. Che, comunque, sarà nel segno della continuità. Non potrebbe essere altrimenti, dopo sei anni da vicepresidente vicario, accanto al vulcanico Nereo Marcucci, al quale – appunto – il neo presidente ha indirizzato le sue prime parole non appena entrato in carica. Le seconde sono state per sottolineare il «clima di grande coesione interna» della Confederazione, a disposizione della quale Nicolini mette una vasta esperienza logistica, della quale si occupa dai primi anni 70, sia dal punto di vista associativo, essendo stato presidente di Assofer dal 2010 al 2014, sia da quello imprenditoriale, essendo tuttora amministratore delegato della Logtainer, società attiva nel trasporto container.

Ma una sorta di continuità – da recuperare – è anche quella che Nicolini ha subito chiesto con una lettera alla nuova ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, per sollecitarla a riprendere l’«eredità della precedente legislatura» per rispondere alle sfide poste dalla globalizzazione della logistica. Continuità di recupero, dunque, perché «precedente legislatura» non vuol dire «precedente governo». E per essere più chiaro, Nicolini ha chiesto esplicitamente a De Micheli di ripartire dal progetto «Connettere l’Italia», lanciato due anni fa dal ministro Graziano Delrio, perché «grandi sono le sfide poste innanzi al Paese, proprio nei settori della logistica, delle infrastrutture e del trasporto merci».

Quali sono queste grandi sfide e perché riguardano proprio la logistica?
Perché la logistica è divenuta il centro di interessi globali e noi dobbiamo saper interpretare questa centralità a vantaggio del mondo produttivo. La Beat&Road – la cosiddetta Nuova Via della Seta – che punta a collegare il Far East con i mercati europei è probabilmente il progetto più evidente di questo processo di globalizzazione della logistica, ma noi abbiamo bisogno di capire bene di che si tratta. Non vogliamo gestirlo – non c’è nulla da gestire – ma dobbiamo renderci conto con esattezza di cosa si tratta per mettere il nostro sistema associativo, e di conseguenza le nostre imprese, in condizione di avere idee più chiare su quali saranno le conseguenze e le opportunità delle dinamiche che si stanno mettendo in atto.

Oltre alla Via della Seta, quali altri nodi vi impensieriscono nello scenario internazionale?
Un altro tema che ci preoccupa è la cosiddetta guerra dei dazi tra Cina e Stati Uniti. I suoi contraccolpi di fatto stanno complicando la vita a tutta l’economia europea, e anche a quella italiana. Poi c’è la Brexit – sulla quale per ora non possiamo che restare in attesa degli eventi – ma dobbiamo essere pronti, nei limiti del possibile, ad affrontarne le delicatissime conseguenze operative.

Lei sostiene che per affrontare queste sfide bisogna porre – cito – «al centro dell’Agenda pubblica gli interessi del mondo produttivo che rappresentiamo», in una sorta di sovrapposizione tra interessi delle imprese di logistica e interessi generali del Paese. Perché ritiene che le due problematiche siano sovrapponibili?
Perché i temi della logistica sono divenuti l’architrave torno cui si stanno ridisegnando le mappe globali delle alleanze e del potere geoeconomico – Via della Seta, Brexit, Guerra dei Dazi, 5G, grandi opere infrastrutturali e Golden Power, digitalizzazione dei flussi – e questa partita avviene tra Stati e Continenti, non certo prevalentemente tra imprese. Ecco perché sostengo che, in questa stagione, gli interessi strategici delle nostre imprese e della nostra economia nazionale possano essere sovrapponibili.

E dunque cosa chiedete?
Due cose soprattutto: semplificazioni e infrastrutture. Per semplificazioni intendo in particolare le procedure dei controlli sulla merce. I tempi vanno accelerati, attraverso una maggiore concertazione tra i vari soggetti e l’eliminazione di ogni ridondanza e superfetazione, di processo e burocratica. Un effetto della logistica globalizzata è stato, ad esempio, il fenomeno delle integrazioni verticali ed orizzontali oligopolistiche. Ed una delle conseguenze indirette di ciò, la cosiddetta corsa al gigantismo navale. Il risvolto operativo più immediato è che nei porti affluiscono molti più container rispetto a prima ma in lasso di tempo assai minore, per cui è necessario smistare la merce. La Riforma dei porti del 2016 risolveva alcuni di questi problemi con lo Sportello Unico Doganale e dei Controlli e con un apposito piano di realizzazione dei collegamenti di ultimo miglio – sia ferroviari che stradali – ma i decreti attuativi non sono mai stati varati. Lo abbiamo fatto presente al precedente governo, lo faremo anche con questo…

Ma non è solo questione di burocrazia. C’è anche un problema di infrastrutture…
Certamente. Di fronte al gigantismo navale sia i terminal che le infrastrutture ferroviarie – e in qualche porto anche quelle stradali – non sono adeguate alle dimensioni attuali del traffico internazionale di merci. Soprattutto sul sistema ferroviario bisogna intervenire massicciamente. Tanto per dirne una, oggi in Italia i treni sono molto corti, rispetto a quelli che possono circolare in Nord Europa. Non possiamo pensare di accogliere le grandi portacontainer con i grandi flussi di carico diretti oltre le Alpi con treni da 1.300 tonnellate, mentre in Nord Europa circolano convogli da 2.000-2.200.

E sui cosiddetti oligopoli dell’e-commerce, come pensate di muovervi tra l’invasione della distribuzione digitale e la richiesta di maggiore velocità delle consegne?
Sicuramente non possiamo e non vogliamo fermare il futuro. Credo, però, che molto di questa esplosione di mercato sia dovuto a un effetto psicologico: ricevere un qualcosa che hai visto su Internet in 24 ore o dopo tre giorni non cambia nulla. È solo una questione di abitudini e di mentalità che sono cambiate. Noi, come logistici, dobbiamo avere la possibilità di dare dei servizi a prezzi accettabili e a condizioni le più coerenti possibile con le richieste del mercato. Per fare questo però abbiamo bisogno anche di avere dei supporti non economici, ma soprattutto regolamentari per poter essere competitivi.

E torniamo al governo. Cosa pensa del nuovo esecutivo?
Come per ogni nuovo esecutivo bisogna aspettare almeno i suoi primi atti. Quello che ci auguriamo è di poter avere un dialogo più chiaro e delle risposte in tempi ragionevoli. Con il precedente governo diciamo che c’è stato molto immobilismo. Noi non pretendiamo la luna e non chiediamo soldi per noi, ma investimenti che fanno bene al Paese, come le infrastrutture, e regole che permettano alle nostre aziende di lavorare meglio. Per questo dico che gli interessi del nostro mondo produttivo possono sovrapporsi agli interessi generali del Paese. Speriamo di trovare nel nuovo governo degli interlocutori competenti e appassionati a questi temi che possano in qualche modo accogliere le nostre istanze.

La prima uscita della De Micheli sul piano delle infrastrutture sembra positiva.
Sembra di sì. Ma non si tratta semplicemente di accelerare su alcune infrastrutture, ma sull’intero sistema. Come ho ricordato per lettera alla ministra, occorre ripartire dal progetto «Connettere l’Italia» e dal Fondo Unico Infrastrutture, per dare piena attuazione alla legge di Riforma della portualità e della logistica, implementare il Decreto sulle Smart Road, rilanciare la «Cura del ferro», rendere operativo lo Sportello unico doganale e dei controlli, procedere negli investimenti infrastrutturali previsti dal Contratto di programma di RFI per il completamento dei corridoi TEN-T, avviare l’implementazione del Piano nazionale per il rilancio del Cargo aereo. E su tutte queste cose bisogna muoversi molto velocemente. Questo è quel che chiediamo. Dopo di che dovremo vedere i fatti. Lasciamo alla ministra il tempo di formare la squadra e avviare la macchina, poi le chiederemo un incontro per farci conoscere e per capire quali sono le intenzioni del governo.

C’è bisogno di semplificazioni, in particolare rispetto alle procedure dei controlli doganali. Ma non mi riferisco alla dogana vera e propria, alla quale devo riconoscere che negli ultimi tempi ha fatto passi da gigante, ma agli altri controlli che dipendono da diversi ministeri. Sono tempi che vanno accelerati, attraverso una maggiore concertazione tra i vari soggetti.

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