Prendete una sapida capacità consulenziale, apparecchiata in contesti industriali e di servizio, allo scopo di fornire gusto in ogni attività. Poi guarnitela con una generosa dose di informatica, dopo averla lasciata insaporire in un condimento a base di IT operations. Alla fine, innaffiate il tutto con elettronica per stimolare una digital transformation in grado di far lievitare efficienza ed efficacia e lasciare in bocca un persistente retrogusto di innovazione. La ricetta con cui Roberto Improta, in veste di CEO, intende impiattare Vrent e VFM Technik è tutta qui: nelle sue esperienze professionali – comprese quelle in IBM quale responsabile delle operazioni legate all’intelligenza artificiale – e nelle sue competenze, costruite in mondi distanti dall’automotive. Ma per creare un amalgama equilibrata ha dalla sua tre punti di forza.
Il primo: come ogni bravo chef sa rendere gustoso ogni piatto sulla base di quanto offre la dispensa. La differenza, cioè, non la fa il contenuto (cioè il settore di attività dell’azienda), ma il contenitore (cioè l’organizzazione con cui la si costruisce).
Il secondo: la digitalizzazione, ingrediente di moda in ogni ristrutturazione aziendale, nel suo caso non suona vuoto come un tormentone culinario, un po’ com’era la rucola negli anni Ottanta. Qui la bontà della materia prima, evidente nei suoi trascorsi professionali, è di per sé garanzia di concretezza.
La terza: Improta è giunto in Vrent soltanto da 7-8 mesi, poco prima che questa società, fondata da Fabio Telese, festeggiasse il suo sedicesimo compleanno. Ma questi mesi deve averli trascorsi in modo accelerato. Lo si desume dalla quantità di dati che snocciola, dalle visioni di mercato che proietta, dalle azioni riorganizzative che intende realizzare.

Partiamo da qui: perché riorganizzare una società che funziona?
Perché in realtà siamo a un passaggio critico: abbiamo raggiunto volumi importanti sia in termini di flotta, sia di dipendenti. Quindi, o facciamo in modo che le fondamenta diventino solide e permettano di continuare a crescere, oppure l’azienda potrebbe rischiare di essere schiacciata da se stessa. La lungimiranza dell’imprenditore sta proprio qui: scegliere professionalità in grado di permettere un’evoluzione e una riorganizzazione di cui mi sto facendo carico.
Qual è l’obiettivo di questa azione?
Vrent ha vissuto una crescita esponenziale conservando però un forte impulso da parte dell’imprenditore fondatore. Adesso l’obiettivo è di managerializzare e di professionalizzare l’azienda per continuare a garantire una crescita a doppia cifra. A tale scopo non serve sconvolgere l’anima aziendale, ma bisogna efficientare ruoli e processi e far leva sulla digital transformation per fare sì che l’innovazione – già fattore fondante dell’impresa – possa continuare a sostenerla.
All’atto pratico cosa cambia in termini organizzativi?
Si passa da un’organizzazione divisionale a una funzionale. In pratica, partendo da un modello in cui tutte le responsabilità operative erano separate, creeremo un unico pilastro operations che condividerà best practices, acquisti e ottimizzazione operativa. Da un punto di vista commerciale unificheremo la responsabilità del pilastro noleggio sotto un’unica direzione che ingloberà le tre aree – ecologia, commercial e industrial – per ottenere sinergie sia da un punto di vista di condivisione dei migliori approcci commerciali, sia per mettere meglio a fattor comune quei clienti animati da esigenze che incrociano le varie unit. Infine, l’attività di sales-support sarà inclusa nell’unica direzione commerciale, per ridurre ridondanze in termini di gestione contrattuale e amministrativa.

Consideriamo un singolo contesto aziendale: come cambierà e con quali vantaggi?
Prendiamo la gestione della flotta, dove si incontrano ottimizzazione di processo e ottimizzazione IT. Immagino che questa funzione diventi una sorta di centrale di controllo, in grado di darci in tempo reale tutti i KPI di profittabilità, di stato di manutenzione dei mezzi, della loro location, di tutto quanto serva ad anticipare problematiche e a capire i potenziali bisogni del cliente. Così creeremo due vantaggi: ridurremo i costi di manutenzione e riusciremo a essere proattivi, potenziando il livello di servizio.
Questo processo riorganizzativo si consuma in un momento in cui il contesto è in transizione. Come si fa a concentrarsi all’interno, mentre fuori tutto cambia?
Il nostro motto – «La tua visione è la nostra strada» – indica il cliente come centro dell’azienda. È questo il nostro occhio sul mercato, ciò che ci permette di capire cosa stia succedendo e quali evoluzioni affrontano i nostri clienti. Il mercato deve essere la bussola: il raggiungimento delle efficienze interne non può essere un processo fine a se stesso, ma va indirizzato alla soddisfazione del cliente.
Che rapporti intrattengono i vostri clienti con la tecnologia e quali esigenze esprimono?
Nel mondo dell’ecologia i clienti stanno diventando sempre più esigenti e pretendono di più dal servizio. La leva importante, al di là del prezzo, è il fattore qualitativo del servizio. Di conseguenza qualsiasi proposta tecnica non è più circoscritta al mezzo, all’equipaggiamento, alle attrezzature, ma contempla tutto ciò che c’è attorno. Prendiamo la manutenzione: il passo in avanti è di immaginare un mondo in cui non sia più il cliente a dover ricordare le date per le revisioni e tagliandi o a preoccuparsi di altri aspetti tecnici, perché l’azienda fornitrice del noleggio diventa una longa manus della sua organizzazione finalizzata a evitare fermi. La chiava di volta con cui leggere le esigenze del cliente è proprio nella gestione del fermo. Inoltre, siccome la raccolta rifiuti è uno dei settori critici segnalati dalla direttiva per la cyber security (NIS 2), ci adegueremo il prima possibile a tale normativa per essere tra i primi della filiera a offrire un rafforzato livello di sicurezza informatica e di data protection.

L’elettrico in Italia non sfonda. Nemmeno in segmenti, come quello della raccolta urbana dei rifiuti che, per contesto operativo e percorrenze medie, sembrerebbe congeniale a questa alimentazione. Con quale approccio osservate tale processo?
Ci sono più aspetti. Rispetto a quello normativo, relativo alla quota minima di acquisto o noleggio di veicoli da indicare in ogni gara d’appalto pubblica, noi siamo pronti a rispondere a ogni tipo di necessità sia tramite VEM, società del gruppo specializzata nella fornitura di mezzi elettrici destinati alle consegne dell’ultimo miglio, sia tramite partner esterni rispetto alla fornitura di veicoli più pesanti. Ciò detto, siamo una società di noleggio e ci poniamo in maniera agnostica nei confronti dei produttori, puntando solo a raccogliere ogni cosa il mercato offra per consentire ai clienti di adeguarsi ai vincoli legislativi. Poi c’è l’aspetto tecnologico che è sfidante. È vero che il mondo dell’elettrico non ha vissuto il boom atteso, ma molto di questo insuccesso dipende dal suo essere in evoluzione. Il fatto cioè che il veicolo muti di continuo le caratteristiche tecniche, determina difficoltà negli utilizzatori, perché ciò che compro oggi potrebbe non essere valido domani. E questo porta a una terza sfida, quella economico-finanziaria, perché un veicolo che può diventare superato in pochi mesi, finisce per essere finanziariamente poco sostenibile, soprattutto nel mercato dell’usato. Ciò non significa che la nostra azienda non creda nell’elettrico e non voglia fornire soluzioni sostenibili; anzi, è proprio il contrario e l’investimento del gruppo per creare VEM lo dimostra.
Ma una tecnologia in evoluzione, soggetta a obsolescenza precoce, non dovrebbe spingere naturalmente verso il noleggio?
La nostra sfida non deve essere necessariamente la sfida del cliente. Infatti, siamo dispostissimi a offrirgli la possibilità di gestire questa obsolescenza precoce tramite l’opportunità di sostituire il mezzo, per avere sempre a disposizione il meglio della tecnologia, lasciando a noi il compito di gestire la flotta. Questo è il nostro know-how specifico e in questa sfida un aiuto essenziale ci verrà dall’informatica, soprattutto quando riusciremo a sfruttare le montagne di dati di cui disponiamo, intraprendendo un percorso di business analytics e data science, per capire meglio cosa succede alla flotta e analizzare costantemente il valore residuo dei mezzi. Credo che già l’anno prossimo saremo in grado di effettuare questa analisi: ci stiamo già muovendo con assunzioni per il ruolo di data scientist e in futuro prevedo l’introduzione di strumenti specifici per la gestione del fleet management e del maintenance management.

In che modo l’intelligenza artificiale potrebbe essere utile a una società di noleggio?
Ci sono due opportunità. La prima è legata al customer service, all’interfaccia clienti-azienda, dove è possibile robotizzare attività ripetitive. Penso alle domande più comuni relative alla gestione della posizione contrattuale o alla manutenzione del mezzo. L’altra è l’area della gestione del dato, l’individuazione precoce di trend interessanti e di advisory rispetto all’analisi del dato. Sono cose ancora da mettere in piedi. Ma ci arriveremo.
Il matrimonio con la tecnologia sta cambiando il volto dei veicoli, che in futuro funzioneranno sempre di più come piattaforme su cui far girare software continuamente nuovi. Questo schema è adottabile anche da una società di noleggio?
Non parlerei di «veicolo come piattaforma », ma di «servizio come piattaforma ». Perché il veicolo può essere aggiornato, ma spesso le nuove esigenze del cliente non è detto che possano essere soddisfatte tramite lo stesso veicolo. Il servizio, invece, consente di adattarsi ai bisogni, di misurare i tempi di sostituzione del mezzo, le possibilità offerte dalla gestione dei tempi di fermo, di capire se sia o meno opportuno intervenire con mezzi sostitutivi prima che presentino criticità, di incrociare i dati raccolti rispetto all’utilizzo tipico del mezzo. È così che la flessibilità acquisisce valore.
Il noleggio dei veicoli industriali, dopo la recente innovazione normativa, è stato preso d’assalto da diverse realtà. Vede rischi di saturazione del mercato?
Non credo. Il mercato esprime una fase di avanzamento per sostituzione, con molti operatori di trasporto che prima acquistavano e adesso, al termine di leasing, prendono sempre più in considerazione il noleggio. Perché riduce la loro esposizione finanziaria, consente un passaggio dall’investimento capex a un’attività opex e, quindi, alleggerisce i bilanci e introduce una buona fetta di flessibilità. Semmai vedo una flessione nella vendita di nuovi veicoli. E ciò a causa delle forti pressioni che subisce il mercato del trattore stradale, dove i trasportatori da anni vedono appiattire le tariffe, mentre aumenta il costo del carburante. Quindi, l’apparizione di carburanti alternativi potrebbe aprirci le porte a segmenti nuovi.

Tema interessante: ci sono ambiti scoperti in cui pensate di poter entrare?
Ci interessa il trasporto refrigerato in ambito food e pharma. Tant’è che all’interno della business unit commercial abbiamo aggiunto una declinazione riferita a un’offerta di noleggio di un mezzo speciale laddove presenti valore aggiunto molto spinto. E nel refrigerato questo valore deriva dal trasportare beni deperibili, che hanno necessità di rispettare la catena del freddo. Pensiamo a un commerciante di prodotti ittici a cui si ferma un veicolo perché il frigo è rotto: a quel punto cosa fa? Butta 10- 15 mila euro di carico o si appoggia a un servizio in grado di mettere a disposizione, seduta stante, un mezzo di soccorso, il trasbordo sul nuovo mezzo dei beni deperibili così da continuare a lavorare? Il mondo evolve. Noi abbiamo conosciuto nell’ambito dell’ultimo miglio il noleggio di un bene commoditizzato, disponibile tramite tanti canali, a prezzo relativamente basso. Ciò che accade con il trasporto refrigerato è diverso: il servizio qui acquisisce un valore preponderante rispetto al mezzo.
In che modo volete investire?
Ci stiamo muovendo su base provinciale o regionale, partendo dalla Lombardia, dove stiamo creando un paio di hub in Brianza e nel Milanese, per espanderci verso il Piacentino e in altre direzioni. Il punto fondamentale è la creazione di un network in grado di gestire il livello di servizio. Agiamo su scala provinciale o regionale perché il network va creato con accuratezza: la promessa del servizio non va mai smentita.
A che punto siete?
Abbiamo messo a disposizione i primi mezzi demo su alcuni piazzali dei nostri fornitori. Abbiamo una cinquantina di mezzi noleggiati sul territorio lombardo e, tramite un partner, qualche altro in Puglia. L’obiettivo è di raddoppiare la flotta già dal prossimo anno.
L’informazione soffre di velocità. Nessuno vuole spendere il tempo necessario a leggere per intero un articolo. E noi, come rivista, ci siamo convinti che i numeri rappresentino un compromesso ideale tra brevità e contenuti. Ci fornisce, per i pigri della lettura, una rappresentazione numerica di come cambierà Vrent?
Vrent dispone di una flotta di 3.000 veicoli e già l’anno prossimo ne ordineremo altri 400 per rinnovo o rotazione. Contiamo di inserire tra le 10 e le 15 persone in termini di nuove professionalità. Ed entro fine anno dovremmo maturare un aumento di fatturato di oltre il 10% rispetto all’anno precedente. Il 2025 sarà l’anno del grande cambiamento: internalizzeremo tutte le attività di back office trasferendo 15 persone dalla VFM Technik in Vrent, rifocalizzeremo la strategia e la mission di entrambe le aziende. Il nostro customer service è arrivato a servire 300 clienti, soddisfa 1.500 richieste di manutenzione al mese e si appoggia a un network di 300 officine. È sufficiente?