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Assotir: quattro proposte per recuperare 7 miliardi a beneficio dell’autotrasporto

Sono 4 i miliardi che drena l'intermediazione tramite la subvezione. E 3 quelli che l'autotrasporto potrebbe fatturare in più se non dovesse attendere ore al carico/scarico. Come recuperarle? Ieri, aprendo il IV Congresso Nazionale, Assotir ha provato a rispondere

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«Quando non ci sono regole o sono fatte male o magari non ci sono controlli che ne garantiscano il rispetto, sul mercato prevale la legge del più forte. E noi che rappresentiamo le aziende piccole e deboli dobbiamo necessariamente concentrarci sulle regole». Il segretario generale Claudio Donati, in apertura del IV Congresso nazionale di Assotir, ne ha indicato almeno quattro, assolutamente non rivoluzionarie né dispendiose per le casse dello Stato e le ha condivise con una nutrita rappresentanza delle Commissioni Trasporti e Lavori Pubblici di Camera e Senato e finalizzate ad altrettanti scopi: contenere al massimo l’intermediazione; ristabilire i costi minimi della sicurezza; potenziare la legge sui tempi di pagamento prevendendo la decadenza dai benefici fiscali di chi tarda e l’obbligo di presentare un’autocertificazione di aver saldato secondo legge gli autotrasportatori laddove ci si candidi per una gara pubblica; rafforzare il sistema di accertamento e pagamento dei tempi di attesa al carico e allo scarico

Quattro punti individuati osservando un contesto economico, in cui i decenni di globalizzazione trascorsi hanno facilitato la creazione di veri e propri oligopoli, di concentrazioni sempre più verticali in grado di toccare un po’ tutti gli anelli della filiera. Chi si confronta con queste realtà con la veste della piccola e media impresa è destinato a soccombere, tanto che la presidente Anna Vita Manigrasso ha detto chiare lettere che, nel 2005, quando Assotir nasceva e quando si chiudeva la stagione delle tariffe a forcella, «ci sembrava di muoverci all’inizio del baratro; oggi in quel baratro ci siamo finiti dentro».

Le proposte dell’associazione dovrebbero servire in parte a tirar fuori tante imprese da tale condizioni, recuperando risorse oggi distratte altrove. In particolare, rispetto all’intermediazione, Donati ha quantificato in 4 miliardi di euro la cifra trattenute da quelle società che acquisiscono una fetta considerevole del fatturato di settore, stimato in circa 45 miliardi, e che poi rivendono a una tariffa più contenuta rispetto a quella di partenza. In questo modo il margine operativo di chi di fatto si fa carico e accetta il rischio di gestire fisicamente il trasporto diventa sempre più sottile. Da qui la proposta di recepire la normativa europea (il regolamento 1055) sul requisito di stabilimento imponendo all’impresa di svolgere con propri mezzi l’80% del fatturato e di girare eventualmente a terzi in subvezione soltanto il rimanente 20%. Un meccanismo da attuare – ha spiegato il professor Massimo Campailla, che ha elaborato il testo normativo – «sulla base di un’autocertificazione da inviare ogni anno all’Albo dell’autotrasporto, il quale nel caso in ne accerti il mancato rispetto, mette prima l’azienda in una fase di moratoria e poi la cancella dallo stesso Albo».

Una proposta che potrebbe servire a recuperare risorse e soprattutto – secondo Donati – a evitare crisi sempre maggiori, «determinate non dalla mancanza di camion, ma dalla perdita del carattere imprenditoriale per tanti piccoli e medi operatori, che oggi svolgono un servizio, il cui prezzo è stabilito da altri».

E per indicare una prospettiva di questa deriva Donati ha invitato a guardare al mondo della distribuzione urbana, in cui – ha ricordato – «esistono solo formalmente autotrasportatori, perché nella sostanza si tratta di operatori che nemmeno pensano di essere imprenditori e il cui lavoro è valutato per funzioni squisitamente esecutive».

Se invece ci se si recuperassero i 4 miliardi persi nella subvezione e si unissero ai 3 miliardi che si perdono nelle attese imponendo una calendarizzazione dei carichi e degli scarichi e un allungamento delle finestre di apertura dei centri di distribuzione e dei magazzini, si potrebbero gestire risorse considerevoli – circa il 20% del fatturato di settore – senza aumentare il costo del servizio. Ma soprattutto si restituirebbe una dignità imprenditoriale a un settore – ha detto Donati – «che oggi si trova nel sottoscala della politica». 

E da parte della politica la risposta è stata effettivamente possibilista. Seppure in un momento difficile, in cui la vita parlamentare viene soffocata dall’urgenza di una sovrastante attività di governo, buona parte dei parlamentari intervenuti (Mauro Coltorti, Presidente della Commissione Lavori Pubblici del Senato, Diego Sozzani, Edoardo Rixi e Marco Silvestroni della Commissione Trasporti della Camera; Bruno Astorre della Commissione Lavori Pubblici del Senato) si è detta disponibile a recepire le proposte e portarla all’interno della Commissione Trasporti, vale a dire in un contesto «tecnico» in cui spesso le decisioni vengono assunte all’unanimità, fuori dai tracciati ideologici. 

Un intento ovviamente apprezzato da Donati, che ha definito questo interesse l’inizio di un percorso finalizzato a portare il dibattito e il confronto anche oltre l’autotrasporto. Perché – ha spiegato – «vogliamo che a questo settore, che vale la metà della logistica italiana, sia riconosciuto un ruolo importante. E a questo scopo mi aspetto il sostegno di tante forze, a partire dai sindacati. In quanto è evidente che soltanto se un’impresa è sana e dispone di risorse riesce a trattare bene i propri dipendenti». E se oggi questo non avviene e se tanti giovani si tengono alla larga da questo settore lasciando sempre più vuote da autisti le cabine dei camion è anche perché esistono i problemi che Assotir intende rimuovere. A buon intenditor…

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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