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«Non decide più l’azienda»: il verdetto della Consulta che cambia la presenza sindacale nei luoghi di lavoro

Per la Corte è incostituzionale escludere dalle RSA i sindacati realmente rappresentativi: da oggi contano i numeri, non le preferenze aziendali. Una svolta che ribalta gli equilibri, rafforza il pluralismo e promette un boom di nuove rappresentanze

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Una sentenza che rischia di essere rivoluzionaria è stata emessa lo scorso 30 ottobre dalla Corte Costituzionale. Si tratta della decisione n. 156, pubblicata su GU n. 45 del 5 novembre 2025, con cui viene dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori (legge 300/1970), specificamente per quanto riguarda la possibilità di costituire RSA (Rappresentanze Sindacali Aziendali) solamente ai sindacati firmatari di un qualsiasi contratto applicato in azienda oppure a quelli che abbiano partecipato alle trattative per tali contratti (una seconda categoria che fu introdotta con la sentenza della Corte Costituzionale n. 231 del 2013).

I giudici hanno infatti ritenuto che l’attuale disciplina non tuteli i sindacati realmente rappresentativi in azienda e consenta quindi al datore di lavoro di selezionare i suoi interlocutori sindacali. Questa situazione violerebbe due principi costituzionali: il pluralismo e la libertà sindacale (art. 39 della Costituzione) e la disparità di trattamento tra i sindacati (art.3 della Costituzione).

Il giudizio crea di fatto un vuoto normativo, per colmare il quale la Corte ha deciso di adottare il criterio delle «associazioni più rappresentative sul piano nazionale». Di conseguenza potranno costituire RSA anche quei sindacati che, pur non firmatari, risultino più rappresentativi di altri. Questo allargamento ha lo scopo di evitare possibili discriminazioni verso quelle organizzazioni sindacali più rappresentative che, per il fatto di non aver sottoscritto contratti applicati in azienda, si vedrebbero private dei loro diritti.

I passi che hanno portato alla sentenza

Entriamo più nel particolare. La questione di legittimità dell’art. 19 era stata sollevata dal Tribunale di Modena per quanto riguarda Orsa, sindacato con forte radicamento tra i lavoratori di SETA spa (per iscritti, scioperi e firme), che non era stata ammessa né alle trattative né alla costituzione di RSA in quanto – secondo l’azienda – non aveva i requisiti previsti dall’articolo citato (firma del CCNL/accordo aziendale o partecipazione alle trattative). Il giudice emiliano aveva evidenziato che l’attuale criterio normativo produce irragionevoli disparità tra sindacati, consente al datore di lavoro di selezionare discrezionalmente gli interlocutori negoziali e viola, come detto, gli artt. 3 e 39 Cost.

La Consulta, nel decidere per l’illegittimità, ha sottolineato come indubbiamente oggi l’unico criterio per l’ammissione alle RSA è la firma del contratto applicato nell’unità produttiva (interpretato dopo 2013 anche come partecipazione alle trattative senza firma). Al momento attuale – dice la Corte – il datore di lavoro non ha l’obbligo di trattare con tutti i sindacati e l’ammissione alle trattative è discrezionale, ma allo stesso tempo l’accesso alla RSA dipende da tale partecipazione. Ne risulta un vuoto di tutela, che consente al datore di lavoro di escludere un sindacato dalle trattative e, in conseguenza diretta, dalla costituzione di RSA, anche se esso ha ampia rappresentatività tra i lavoratori.

Per risolvere la questione la Corte ha usato il parametro della «rappresentatività comparativa», ovvero quello delle «associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale». È un criterio che non è quello abrogato dal referendum del 1995 (affiliazione confederale); che è utilizzato in numerose leggi recenti; che garantisce un punto di equilibrio tra esigenze selettive e pluralismo; che impedisce distorsioni dovute all’arbitrio datoriale.

Riassumendo la sentenza, la Consulta ha dichiarato incostituzionale l’art. 19, comma 1, Statuto dei lavoratori nella parte in cui non prevede che le RSA possano essere costituite anche nell’ambito delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Effetti della decisione

Qual è l’impatto pratico della sentenza? Sicuramente si tratta di un verdetto storico. Innanzitutto i sindacati realmente rappresentativi a livello nazionale non possono più essere esclusi dalle RSA solo perché il datore di lavoro non li ammette alle trattative. Poi si riduce drasticamente la possibilità per le imprese di selezionare «graditi». La decisione rende anche il sistema più coerente con il modello del pubblico impiego e del Testo Unico sulla rappresentanza del 2014. Inoltre, il pluralismo sindacale ne esce rafforzato, con una maggiore tutela delle organizzazioni sindacali non confederali, ma radicate. Infine, quasi sicuramente una delle conseguenze sarà il forte aumento delle RSA in molte imprese.

Ma attenzione: come riportato dalla stessa Corte, la sentenza è una soluzione transitoria in attesa che il legislatore intervenga con una «riscrittura organica» dell’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori per adeguarlo alla realtà del sistema sindacale, garantendo che la rappresentatività effettiva sia il perno del sistema ed introducendo criteri chiari e verificabili.

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