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Salario minimo per camionisti stranieri: è scontro aperto tra Francia, UE e Paesi dell’Est

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Sempre più intricata e bollente la questione del salario minimo per gli autotrasportatori stranieri, introdotto in Francia con la ‘Legge Macron’ e oggetto di vere battaglie con i Paesi dell’Est e la Commissione Ue. Facciamo chiarezza sulla vicenda con un breve riassunto.

Salario minimo francese per camionisti stranieri – Ad aprile scorso il Governo francese emana un provvedimento – con entrata in vigore dal prossimo 1° luglio – con cui si impone ai conducenti dipendenti di camion stranieri che caricano o scaricano in Francia di adottare il salario minimo francese (contenuto in una regolamentazione chiamata Smic). I contributi previdenziali e la tassazione sul lavoro restano invece quelli del Paese dove il camion è immatricolato. È una misura analoga a quella già presa dalla Germania, volta a combattere soprattutto il cabotaggio illegale, le tariffe eccezionalmente basse e la scarsa efficacia dei controlli. Il dubbio però è che tale legge violi la libera circolazione delle merci, anche perché un provvedimento di censura dell’Unione Europea era già stato comminato precedentemente alla Germania per una norma analoga.

La protesta dei trasportatori dell’Est – A giugno i sindacati camionisti del Sud ed Est Europa si riuniscono a Bruxelles per protestare contro la legge francese. Secondo loro pagare di più i trasportatori vorrebbe dire un aggravio di costi tale da mettere in grande difficoltà le aziende di trasporto, che rischierebbero di chiudere, con la perdita di centinaia di posti di lavoro. Per cui chiedono l’apertura di una procedura di infrazione contro Parigi per quella che definiscono “una misura protezionista”. Una protesta ufficiale viene presentata al Consiglio dei ministri dei Trasporti UE dalla Polonia, appoggiata da altri 10 Paesi dell’Unione

La Commissione UE condanna il salario minimo di Francia e Germania – Una settimana fa la Commissione Europea annuncia che attiverà azioni legali contro le norme attuate da Germania e Francia per limitare il dumping sociale dei conducenti di camion stranieri. “Il principio di un salario minimo è legittimo – motiva la Commissione – ma la sua applicazione sistematica a tutte le attività di autotrasporto svolte sui territori che hanno un collegamento marginale col territorio stesso limita la libertà nella fornitura dei servizi e della libera circolazione delle merci”. In particolare per la Francia, la Commissione invia una lettera di avviso formale (formal notice), primo passo della procedura d’infrazione. Per la Germania, la Commissione ha già avviato la procedura d’infrazione nel maggio 2015, ritenendo insufficienti le spiegazioni fornite dai tedeschi. I Governi tedesco e francese hanno due mesi per rispondere a queste obiezioni.

L’ira francese – La risposta francese è furente. L’associazione degli autotrasportatori francesi Otre definisce “scandalosa” la decisione della Commissione Europea. A loro parere, la scelta dell’UE è stata istigata proprio da quegli Stati da cui partono i camion che svolgono cabotaggio in modo illecito: “Si tratta di 10 Paesi, ovvero una minoranza rispetto ai 28 Stati dell’Unione e ad altri 11 Paesi che hanno sostenuto le misure della Francia contro il cabotaggio sleale”. L’Otre si schiera perciò con il Governo francese e la legge sulla dichiarazione obbligatoria dei lavoratori distaccati, chiedendo “di avviare dal 1° luglio una campagna di controllo dei veicoli stranieri”. Tutti d’accordo? Insomma. Un’altra associazione di autotrasportatori francesi, la FNTR, non è così sicura. “Mancano le risorse per svolgere i controlli e le procedure operative per adempiervi – sottolinea – La priorità è attuare regole che rendano equa la concorrenza al livello europeo. Di fronte a una questione complessa, la risposta viene solo da un’azione politica europea coordinata, del Governo francese e della Commissione UE”.

IRU dalla parte di Bruxelles – Nel frattempo i protagonisti del settore si sono già in parte schierati. L’IRU (Unione degli autotrasportatori) ritiene ad esempio che la Legge Macron ha norme di attuazione poco chiare e che mancano informazioni pratiche su come rispettarla: “I trasportatori hanno l’obbligo di registrarsi, di nominare un rappresentante in Francia e di calcolare il salario minimo degli autisti; ma mancano persino i moduli per farlo”. “È inaccettabile imporre tali obblighi senza informare chi li deve ottemperare – aggiunge Michael Nielsen, rappresentante IRU – visto che le sanzioni per inadempienza raggiungono addirittura i 50mila euro”. L’Unione chiede di conseguenza una moratoria immediata della legislazione francese su tutte le operazioni di trasporto internazionale interessate, mentre il processo di infrazione è in corso.

E l’Italia? – Per il momento l’unico commento nella nostra Penisola è del presidente di Conftrasporto, Paolo Uggè, che ritiene “poco opportuno l’intervento a gamba tesa della Commissione Europea”. “I due Paesi – ha osservato Uggè – hanno introdotto normative che mirano a tutelare le imprese di trasporto, messe in difficoltà da azioni di concorrenza sleale da parte di Paesi che sfruttano le possibilità che derivano da un costo del lavoro più basso.  Il costo del lavoro ha una grande rilevanza sui costi delle imprese e non può essere affrontato con iniziative come quella annunciata dalla Commissione Europea, ma deve essere compresa e risolta in chiave europea”. 

In attesa di ulteriori sviluppi, non si può non rimarcare la totale confusione e mancanza di coordinamento a livello di normativa europea sul delicato problema del cabotaggio. Ognuno tira metaforicamente dalla propria parte il rimorchio, ma questo rischia di spezzarsi. E a farne le spese sarebbero – come sempre – le aziende di trasporto e chi ci lavora.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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