Bella cosa i costi minimi. Peccato – si è sempre detto – che poi non sempre si riesce a farli rispettare perché manca un organo deputato a irrogare eventuali sanzioni. Questo lamento, condiviso da tanti, è andato prima a occupare due punti precisi (l’8 e il 9) del Protocollo di Intesa del 28 novembre 2013 che ha sancito la pace sociale tra governo e associazioni di categoria (scongiurando di fatto il fermo) e oggi trova concretizzazione. E’ uscita infatti la direttiva del ministro delle Infrastrutture e Trasporti con cui ufficialmente viene riferita la competenza a emettere le sanzioni relative alla mancata applicazione dell’art. 83 bis del decreto legge 112/2008 agli Uffici periferici motorizzazione civile (e quindi in pratica a uffici dello stesso ministero dei Trasporti). Inoltre, nella stessa direttiva viene anche inserito un richiamo alla normativa sui tempi di pagamento, fissata dalla legge a 30 giorni e in ogni caso impossibile da far andare oltre i 60 giorni anche tramite un accordo delle parti. Ma vediamo in generale come funziona l’intera procedura che porta alla sanzione.
Finanza e Agenzia delle Entrate riscontrano la violazione
La competenza a contestare le violazioni è, dal 2012 (legge 7 agosto, n. 135), rimessa alla Guardia di Finanza e all’Agenzia delle Entrate, le quali in occasione dei controlli effettuati presso le imprese se rilevano l’inosservanza delle disposizioni sui costi minimi redigono un verbale e lo trasmettono (insieme alla prova delle contestazioni) all’ufficio periferico della motorizzazione nella cui circoscrizione è stato effettuato l’accertamento della violazione.
La motorizzazione emette la sanzione
A quel punto gli Uffici della motorizzazione, verificata la regolarità degli atti, emettono un provvedimento amministrativo con cui si ingiunge al committente che non ha versato i costi minimi il pagamento della sanzione derivante dalla violazione. Il trasgressore avrà dal momento della notifica 15 giorni di tempo per produrre difese.
Come si quantifica la sanzione
Quantificare la sanzione non dovrebbe essere un problema per la motorizzazione, in quanto di fatto viene predeterminata per legge: di fatto è il doppio della differenza tra il fatturato e il dovuto in base ai costi minimi (rispetto alla violazione dei commi 7, 8, 9) e il 10% dell’importo della fattura e comunque non meno di 1.000 euro (rispetto alla violazione dei commi 13 e 13 bis).
La motorizzazione, cioè, dovrà nel primo caso calcolare il costo chilometrico del servizio di trasporto effettuato moltiplicando il costo chilometrico che risulta dalle tabelle ministeriali per i chilometri percorsi (rilavabili dalla fattura), nel secondo caso utilizzerà come base di calcolo l’importo che figura in fattura.
Contro il provvedimento è possibile, entro 30 giorni, proporre ricorso davanti al Giudice di pace.
Tempi di pagamento: mai oltre i 60 giorni anche per accordo delle parti
L’altra questione affrontata nella direttiva riguarda i tempi di pagamento. Quello che risulta nella legge 4 agosto 2010, n. 127 rispetto ai contratti di trasporto merci è di 30 giorni. L’innovazione introdotta dalla direttiva consiste nel fatto che, sebbene il decreto legislativo n. 231 del 2002 consenta di derogare a questo termine di 30 giorni e di andare anche oltre i 60, per l’autotrasporto tutto ciò non vale, in quanto la disciplina introdotta con la legge n. 127 ricordata (peraltro modificativa proprio dell’art. 83 bis) mirava proprio a garantire al settore una disciplina maggiormente garantista.