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BRT e Geodis sottoposte ad amministrazione giudiziaria con l’accusa di caporalato

Retribuzioni pagate come trasferte, ferie e tredicesime non riconosciute, spese per l'acquisto del veicolo, per la riparazione e per il rifornimento a carico degli autisti. I materiali probatori raccolti dall’indagine del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Milano hanno dell’incredibile e hanno giustificato il decreto con cui per un anno i due corrieri saranno poste in amministrazione giudiziaria

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Sembra che in Italia sia soltanto la procura di Milano a rendersi conto di cosa accada nella logistica. Dopo le passate iniziate contro altri giganti del settore, stavolta gli inquirenti milanesi hanno chiesto al Tribunale della stessa città di disporre l’amministrazione giudiziaria per un anno per BRT e Geodis, due corrieri leader di mercato, attualmente in orbita ad altrettanti gruppi francesi. I relativi decreti sono giustificati dai risultati di una lunga attività investigativa, condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria, mirata inizialmente nel fare emergere una presunta frode fiscale, basata su fatturazioni e su contratti d’appalto fittizi, utilizzati per simulare una somministrazione di manodopera. Fatti peraltro già emersi alla fine del 2022 e che avevano indotto la Direzione distrettuale antimafia a porre sotto sequestro oltre 126 milioni di euro. 

Il secondo filone di indagine, concentrato più sul caporalato e sullo sfruttamento di migliaia di autisti, ha verificato un modello organizzativo che, per «proporsi sul mercato con prezzi oltremodo competitivi, approfittando dello stato di necessità dei lavoratori, li sottoponevano a orari e ritmi di lavoro estenuanti, peraltro sottopagandoli, nonché li facevano transitare da una società all’altra, di fatto privandoli delle previste forme di tutela assistenziale e previdenziale».

I materiali probatori hanno letteralmente dell’incredibile: non era previsto sottoporsi a visita medica, non si era pagati durante le ferie, non si percepiva la tredicesima, bisognava obbligatoria contribuire all’acquisto del veicolo utilizzato per il trasporto, spendendo di tasca propria per fare il pieno di carburante e per pagare eventuali riparazioni. E poi trasferimenti continui da una cooperativa di lavoro a un’altra perdendo a ogni cambio gli scatti di anzianità, molte retribuzioni concesse a titolo di semplice trasferta in modo da non versare i relativi contributi e altre quantificate esclusivamente a cottimo, vale a dire soltanto con un tot per consegna. Addirittura, di fronte a un corriere che si era infortunato durante il lavoro, l’azienda ha preferito non chiamare l’ambulanza, preferendo che al trasferimento provvedesse una persona di fiducia».

In questo modo BRT avrebbe generato risparmio stimato in circa 100 milioni all’anno.

Un sindacalista ha anche fatto mettere a verbale che «quella attuata da BRT deve essere considerata una chiara forma di intermediazione e interposizione di manodopera». E per giustificare tale affermazione ha sostenuto che «tutti gli autisti delle società fornitrici di BRT, anche i cosiddetti finti padroncini o ibridi (…) dipendono direttamente da BRT». In più ha anche parlato di «sfruttamento di questa tipologia atipica di lavoratori», per la maggior parte non Italiani e in evidente difficoltà economica, ricordando dell’esistenza di corrieri impegnati già da venti anni presso filiali BRT, anche se «questa circostanza non sia mai stata certificata». 

L’amministratore delegato di BRT, Costantino Dalmazio Manti, in carica fino all’8 febbraio, quando è stato sostituito dal presidente del consiglio di amministrazione, Mathieu Wintgens, ha ammesso di aver ricevuto denaro da fornitori interessati a lavorare con la società. La stessa BRT ha annunciato di aver avviato da alcuni mesi «molteplici investigazioni interne volte ad analizzare alcune situazioni critiche» e in questa logica aveva rimosso dall’incarico lo stesso Manti.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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