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La Finanza sequestra 102 milioni a BRT e a Geodis per frode fiscale

Cambia il titolo, ma la sostanza resta la stessa. Società di logistica, in questo caso riferibili a capitali pubblici francesi, sottoscrivono contratti di appalto con un consorzio che non ha dipendenti e che di fatto gli somministra manodopera attingendola a tante coop gestite in maniera poco cristallina. Alla fine, si emettono fatture per operazioni inesistenti allo scopo di evadere l’Iva

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Sembra una replica di un film già visto, quello che ha per protagoniste delle grandi società di logistica e di trasporti che si avvalgono di consorzi come filtro e di cooperative come serbatoio di manodopera, allo scopo di evadere contributi e imposte. Le prime stagioni di questa serie di successo erano state ambientate all’interno di DHL, quindi di GLS, con una qualche diversificazione verso Schenker. Adesso, l’inchiesta condotta dalla guardia di Finanza ha portato al sequestro di 102 milioni di euro a due giganti della distribuzione e dei corrieri: BRT e Geodis Cl Italia. Con accuse diverse, ma in parte accomunate: per entrambe, infatti, si parla di frode fiscale, mentre soltanto per Geodis c’è anche l’indebita compensazione di crediti inesistenti. Alla base di tutto, però, c’è sempre il solito meccanismo: quello di procacciarsi manodopera da consorzi e cooperative intermediarie, in questo caso facendo entrambe le società riferimento ad Antonio Suma, un imprenditore che si occupava di gestire e di coordinare le richieste di forza lavoro da parte dei due colossi logistici e che di fatto risulta amministratore di fatto di una ventina di cooperative. Tanto che il sequestro di 102 milioni complessivi è imputato per 44 a BRT, per 37 a Geodis Cl Italia e per 21 proprio ad Antonio Suma

Dove sta il reato? In base a quanto si legge nel decreto di sequestro, nell’«elevato ammontare degli omessi versamenti Iva a carico delle società serbatoio». Vale a dire, quelle che emettevano fatture per operazioni inesistenti il cui scopo era essenzialmente orientato all’evasione dell’Iva. Poi, c’è qualche altro dettaglio, come quello di far figurare come appalto un contratto che in realtà era pura e semplice somministrazione di manodopera. Detto così sembra poca roba, ma in realtà a valle di questo comportamento fraudolento ci sarebbero – si legge sempre nel decreto – «ingentissimi danni all’erario» che hanno cominciato a prodursi e poi a ingrandirsi a partire dal 2016. 

In pratica alla base di tutto ci sono società committenti, che in questo caso avevano in qualche modo raggruppato – tramite un interlocutore comune – le esigenze di manodopera. Poi più a valle ci sono cooperative che funzionano come serbatoi di manodopera, che spesso prendono vita e la perdono nell’arco di qualche stagione, gestiscono amministrazione e buste paga in maniera allegra e il più delle volte conoscono molti intrecci, in modo da far passare i lavoratori di una al servizio di un’altra. Ma soprattutto, come si ipotizza in questo caso, emettono fatture nei confronti di consorzi che invece non hanno sulle spalle dei dipendenti, che però di fatto sono quelli che fatturano a loro volta alla società committente. Alla fine il tutto serve ad abbattere i costi di manodopera di un committente che sottoscrive contratti di appalto, anche se nei fatti usufruisce di altro. Il tutto creando un danno ai tanti lavoratori spesso mal pagati, allo Stato che non incassa le imposte, alla logistica che viene visto come un settore poco trasparente, a tutte quelle strutture aggregative che lavorano in modo onesto e rispettabile, ma vengono confuse e investite dalla cattiva reputazione prodotta da queste vicende.

Un dettaglio secondario: dietro a entrambe le società ci sono capitali pubblici francesi, in quanto BRT è per l’85% di proprietà dell’azienda DPD del gruppo La Poste, mentre Geodis è partecipata al 100% da SNCF Participations.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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