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Villa: «L’emergenza lo ribadisce, siamo una società basata sul trasporto»

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Siamo di fronte a un fenomeno in qualche modo unico, per lo meno nella storia contemporanea, che costringe ad adottare soluzioni uniche, irrintracciabili nella memoria dei nostri nonni. «Eppure, anche in un momento difficile – commenta Claudio Villa, presidente del Gruppo Federtrasporti – anche nella confusione emergono evidenze, in qualche modo positive. La prima è che basare l’intera economia sulla rincorsa del costo più basso, alla fine comporta squilibri. Prova ne sia che abbiamo concentrato la stragrande maggioranza della produzione in un luogo (la Cina), consumando per lo più altrove i frutti di quella produzione». E, secondo il presidente Federtrasporti, se si sceglie di dipendere necessariamente da qualcosa, bisogna sapere i rischi a cui ci si espone: «ipotizzare di riavvicinare produzione e consumo, in termini logistici è razionale, forse opportuno perché consentirebbe più facilmente di diversificare le fonti di fornitura. E in questo modo l’Italia troverebbe tante più opportunità di ridare impulso alla sua economia».

La seconda evidenza positiva per Villa riguarda lo smart working, un sistema di lavoro fino a ieri poco o nulla praticato in Italia e che ora molti riscontrano facilmente integrabile nella propria organizzazione. «Sarebbe un peccato – constata – se, terminata l’emergenza, non tenessimo presente questa conquista. Perché cancellare gli spostamenti evitabili equivale anche a mettere in condizione le nostre malconce infrastrutture di ospitare veicoli adeguati alla loro capacità. Di conseguenza si ridurrebbero il traffico, le code e, a quel punto, anche l’inquinamento».

La terza evidenza riguarda il ruolo svolto dal trasporto nella nostra organizzazione sociale. Secondo Villa, infatti, l’emergenza di questi giorni ha reso esplicita una realtà innegabile: «Siamo una società basata sul trasporto. Possiamo rallentare, evitare spostamenti, lavorare da casa, chiudere attività, ma se vogliamo garantire la sopravvivenza dei cittadini non possiamo fare a meno del trasporto. È un’evidenza, ma sembra che abbia quasi una natura invisibile. E anche nel corso di questa emergenza ribadisce questo suo carattere». Cosa vuol dire? «Vuol dire – risponde il presidente – che del trasporto merci ci si dimentica: si istituiscono zone arancioni e si fermano gli spostamenti, ma quando si prevedono deroghe a questo divieto a nessuno viene in mente di includere il trasporto. A nessuno viene in mente che se non si consente a un camion di trasportare medicinali, bombole di ossigeno, macchinari, oltre ovviamente ad alimentari e ad altri generi di prima necessità, la nostra capacità di affrontare la crisi si depotenzia o, peggio, tende a scomparire. Eppure, quand’anche poi viene chiarita (tramite apposita nota esplicativa) questa ovvietà secondo cui il trasporto non può fermarsi, ci si dimentica di eccettuare dalla chiusura serale quelle uniche strutture (gli esercizi di ristorazione con annessi servizi igienici sulle autostrade) in cui gli uomini e le donne che conducono i veicoli da trasporto possono trovare le condizioni minime di sopravvivenza. Pensate che contraddizione: il trasporto deve continuare a lavorare per garantire alla società una forma di sopravvivenza, ma a chi si fa carico in prima persona di far muovere il trasporto questa garanzia non viene concessa».

Una ragione di più, secondo Villa, per ringraziare sentitamente tutti coloro che tengono in vita le aziende di autotrasporto e di conseguenza il paese: «Tutti – sui giornali, in tv, nelle dichiarazioni pubbliche – ringraziano il personale sanitario, ed è giusto perché esprime un sacrificio impagabile. Ma mi piacerebbe se qualcuno ogni tanto ringraziasse anche gli uomini al servizio del trasporto: sottolineare ora la positività e l’essenzialità di ciò che fanno, per di più con sacrificio e con spirito di negazione, sarebbe un modo per compensare le troppe volte in cui ci si ricorda di loro per qualcosa di negativo. Perché se lavorare stanca, lavorare nell’emergenza, con processi fragili e rischi di contagio, in parte annienta. Ecco perché non soltanto dico “grazie” agli uomini dell’autotrasporto, ma aggiungo pure che sono orgoglioso di appartenere a una categoria così tanto utile».

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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