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«Il sogno di Cecilia» ripercorre vita e carriera della Presidente di Contship Italia. Trasportata da un’onda rosa

Chi va per mare, come chi muove le fila nel trasporto marittimo è, nella quasi totalità dei casi, di sesso maschile. Cecilia Eckelmann Battistello non è un’eccezione, piuttosto un’altra modalità di gestire, di trovare soluzioni ai problemi senza lasciare mai la femminilità fuori dalla porta

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Unica donna in un mondo di uomini. Con un posto d’onore per 50 anni nello shipping internazionale dove ha ridisegnato le rotte internazionali delle merci, sviluppato terminal importanti e sperimentato la logistica intermodale, ferroviaria e su gomma. Cecila Eckelmann Battistello, alla guida della Contship fin dai primi anni 70, ha colorato (veramente) le navi di rosa. La pink operation, che portò nel 1992 la portacontainer Germany a solcare gli oceani di mezzo mondo verniciata di rosa, è una metafora riuscitissima della vita e della carriera della lady dello shipping italiano, che si racconta nel libro «Il sogno di Cecilia», edito da Mondadori e cofirmato con Aldo Innocenti.

Cecilia è una ragazza della buona borghesia vicentina. Quando incontra Angelo Ravano, fondatore della Contship (nata nel 1969 e una delle prime compagnie italiane a fare propria la rivoluzione del container), è impiegata a Milano nel mobilificio degli zii. A spingerla verso questo mondo sconosciuto, fatto di soli uomini, è la sua grande curiosità: Cecilia, però, ci entra da donna. Durante tutta la sua lunghissima carriera non perderà mai lo sguardo femminile sulle cose, anzi sarà proprio questo a stimolarle le giuste intuizioni per risolvere problemi, seguendo modalità a volte inaspettate.

È il 1992: Cecilia Battistello lancia la pink operation affidata alla portacontainer Germany che, completamente dipinta di rosa, solcherà gli oceani di mezzo mondo. Metafora riuscita della vita e della carriera della lady dello shipping italiano.

I diritti di autore del libro saranno devoluti in beneficenza

Il libro sembra un manuale perfetto su come sia possibile per una donna scalare professionalmente un settore maschile. Prima regola: mai perdere la femminilità. «Una donna in un mondo solo ed esclusivamente maschile – scrive Cecilia nel libro – deve conquistare il suo spazio, la sua credibilità e il suo ruolo in azienda usando tutte le risorse che può mettere in campo, senza approfittare della sua naturale diversità». Anzi (aggiungerei) facendo di questa diversità la propria forza.

Passiamo agli esempi. Cecilia, assunta da poco in Contship, viene inviata nella sede di Fos-sur-Mer nel sud della Francia, un ufficio che gestiva le rotte nel Mediterraneo. Qui Cecilia deve imparare tutto, i suoi interlocutori (a parte segretarie e telefoniste) sono uomini. Cosa fa questa ragazza poco più che ventenne? Comincia facendo ordine e creando un archivio unico in cui era possibile ritrovare documenti, fino ad allora lasciati alla custodia dei singoli impiegati. Il nuovo modo di Cecilia consentiva, invece, di ritrovare tutto anche a distanza, anche in assenza del responsabile del procedimento. Insomma, nasceva l’ufficio moderno.

La precisione meticolosa, però, ha lasciato spesso spazio alla passione e all’intelligenza intuitiva quando la situazione lo richiedeva. Mi ha molto colpito un episodio raccontato nel libro nel quale, credo, la femminilità abbia giocato un ruolo fondamentale. Siamo in Siria a metà degli anni 70, precisamente a Tartous dove la Contship stava sviluppando delle linee, dopo aver lasciato Beirut, zona troppo calda per via dei conflitti. Qui c’erano problemi con gli autotrasportatori arabi che impiegavano più di due settimane per tornare da Bagdad (dove portavano le merci) impegnati per la strada in soste nei bordelli e scorribande. Cecilia vuole capire e va a trovarli. Va in visita per un tè, nella loro sede, ovvero «un buco maleodorante, strapieno di uomini». Abu Ganem, il loro capo, è impressionato nel vedere una donna (per di più occidentale) sul posto, la accoglie con il rispetto dovuto a un ospite d’onore e da quel giorno il rapporto cambia: la conoscenza, la condivisione porta gli autotrasportatori a sentirsi parte dell’azienda per cui lavorano. I ritardi cessano.

Il mondo guardato con gli occhi di una donna è anche forma che porta alla sostanza. L’immagine di Cecilia Eckelmann Battistello in tailleur giallo e tacco dodici tra i moltissimi uomini in completo blu durante l’assemblea della Conferenza marittima tra Inghilterra, India, Pakistan e Bangladesh che la “incorona” presidente nel 1990 è difficile da dimenticare. Una donna, bella e raffinata, prende le redini di un’istituzione di origine coloniale, erede della Compagnie delle Indie, vestendosi di giallo, senza alcun bisogno di “scimmiottare” il dress code degli uomini. La via della femminilità qui è ben delineata, rafforzata da come Cecilia si prepara all’evento. «C’è una cosa – scrive – che ho sempre fatto in modo scientifico: prendere possesso del territorio. Intendo dire che ho bisogno di sapere quel che mi aspetta per potermi preparare nel modo giusto. Posso affrontare qualunque ostacolo, ma devo sapere di che cosa si tratta, il come e anche il dove, il posto». Così il giorno prima del suo debutto come presidente della Conferenza marittima, Cecilia va a vedere il salone dell’evento, controlla l’illuminazione, l’eco, il suono. Preparazione, approfondimento, curiosità, sostanza che accompagnano la forma, l’estetica, il gusto. Un mix che le ha permesso di rimanere per quasi 50 anni al timone di Contship e di vincere sfide importanti come quella di ridisegnare le rotte delle merci in punti strategici del globo come l’India e l’Australia. Di avere grandi intuizioni, come quella di lasciare la Contship Containerlines che, dopo la morte di Angelo Ravano, era stata acquistata dalla canadese CP Ship, per rimanere al timone della Contship Italia, passata nel frattempo sotto il controllo della Eurokai di proprietà di Thomas Eckelmann (marito di Cecilia). Con questo passaggio comincia per Cecilia l’era dei terminal e, di là a poco, diventerà anche presidente del Terminal di Gioia Tauro. Puntando sulla logistica nel Mediterraneo, porta a Gioia Tauro la MSC di Gianluigi Aponte e dà vita a una rete di trasporto intermodale che vede anche la nascita dell’impresa ferroviaria Oceanogate.

La copertina che la rivista Containersation ha dedicato a Cecilia Battistello nel 1995.

Le ultime pagine del libro sono un testamento ideale. La lady dello shipping compila una Thank ‘n’ Sorry Chain che ripercorre, attraverso le persone da ringraziare o a cui chiedere perdono, tutta la sua vita professionale e personale: colpisce il fatto che siano tutti uomini, fatta eccezione per Ambra, la segretaria che compare all’inizio del libro e che, al contrario di Cecilia, sceglie di rimanere, di non seguire in Inghilterra lo sviluppo di Contship. Cecilia, invece, ha scelto di partire, ha solcato cieli e mari, vissuto in moltissimi paesi, mille avventure, ma ora guarda al futuro con uno sguardo severo per la sua Italia. «Contship finora è rimasta in Italia – si legge nelle ultime pagine del libro – ma riscontro grandi difficoltà allo sviluppo lavorativo in questo paese per l’incertezza della politica, la burocrazia e quello che vedo attorno. (….) L’Italia deve darsi una scossa, liberarsi dalla ruggine e dalla corruzione che è dappertutto, diventare snella e muoversi in modo diverso, altrimenti sarà difficile che gli stranieri investano in questo paese».

Partendo da qui Cecilia si interroga sul futuro di Contship Italia che ha cominciato da tempo a espandersi fuori dal territorio nazionale e che vede nelle nuove generazioni, in Tom e Katja Eckelmann (figli di Thomas), nuova linfa vitale per andare avanti. Indicare chi sia la favorita non è difficile: «Katja, come me – scrive – possiede di più l’emotional intelligence», ovvero quel mix tutto femminile che si è rivelato tanto prezioso in un mondo fatto di uomini.

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