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Enrique Enrich, AD Italscania: «Abbracciamo l’elettrico, senza demonizzare il diesel»

Secondo l’AD della casa svedese in Italia la “carbon neutrality” verrà raggiunta gradualmente e con diverse soluzioni, che oltre all'elettrificazione comprenderanno la sostituzione dei vecchi Euro 4 e 5 con gli Euro 6 e l'utilizzo sempre più ampio del biogas

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È sotto gli occhi di tutti che le tempistiche strette per raggiungere la “carbon neutrality” fissate da Bruxelles stanno accelerando la transizione ecologica verso forme di alimentazione dei veicoli sempre più “green” (elettrico, LNG, idrogeno). Ma la realtà vede i motori diesel ancora protagonisti, con un parco veicolare italiano, soprattutto sopra le 3.5 ton, che va dai 5 ai 9 anni di anzianità. E se un’azienda di trasporto in questo lasso di tempo non sente l’esigenza di cambiare veicolo, per motivi sostanzialmente economici, difficilmente un domani potrà comprare un camion elettrico, dal prezzo molto superiore. È una situazione complicata su cui abbiamo chiesto il parere di Enrique Enrich, amministratore delegato di Italscania dal dicembre 2020.

Come si può agire secondo Scania per svecchiare il parco mezzi, sia a livello di Paese che di casa costruttrice? Non sarebbe realisticamente più positivo per l’ambiente liberarsi dei vecchi veicoli sostituendoli con Euro 6?

È chiaro che se l’obiettivo è quello di abbassare le emissioni di CO2 l’elettrificazione è uno strumento fondamentale che va preso assolutamente in considerazione. Oggi noi di Scania crediamo sia una soluzione abbastanza matura per essere lanciata commercialmente, dopo essercene occupati a livello sperimentale per 7-8 anni. Ma è ovviamente una delle soluzioni e bisogna procedere per gradi. In un mondo ideale si dovrebbe rottamare tutto quello che non è Euro 6, magari stanziando nuovi incentivi per liberarsi dei mezzi più sorpassati. Il diesel non va demonizzato, anche perché senza il gasolio non si fa trasporto. Inoltre, occorre considerare che la produzione di un veicolo elettrico è molto più inquinante di quella di un veicolo ad alimentazione tradizionale. È pur vero che la vita dell’elettrico è solitamente più lunga rispetto a quella del suo omologo diesel. Con questo voglio dire che, se si considera anche la storia del camion una volta uscito dalla fabbrica e messo su strada, il mezzo elettrico diventa environment friendly in un range di uso tra i 33 mila e i 68 mila km. Ma, in sintesi, ritengo che all’interno di un’azienda si potrà passare all’elettrico solo quando la flotta sarà aggiornata al diesel più nuovo.

C’è però il problema che mentre il valore residuo di un diesel dopo 4-5 anni rimane cospicuo, quello di un elettrico tende a deprezzarsi velocemente. Questo non può portare a una ritrosia da parte dei trasportatori a rivolgersi al camion a batterie?

È inutile nasconderci che oggi il prezzo di un elettrico è parecchie volte superiore a quello di un diesel. Ed è vero, così come anche il deprezzamento è molto più rapido. Più precisamente dopo 5-6 anni il diesel vale tra il 40 e il 60% del prezzo iniziale, mentre l’elettrico scende quasi a zero. Questo perché l’evoluzione tecnologica è talmente rapida che l’attuale veicolo top di gamma può essere obsoleto in solo un quinquennio. La soluzione è fornita dall’obbligatorietà di scelta di un mezzo “full electric”. Ci sono aree urbane dove per fare distribuzione non si può accedere senza elettrico e quindi sia il trasportatore che chi commissiona il trasporto dovrà raggiungere un accordo per gestire il problema, magari dividendo l’investimento iniziale o con il committente che si fa carico delle stazioni di ricarica. La riduzione dell’anidride carbonica sottintende insomma la volontà di fare un passo in più. Se la valutazione ambientale del committente è tale da spingere verso un’alimentazione pulita anche per il trasportatore, occorre adeguarsi. Poi c’è il discorso della limitazione delle emissioni sonore in altre zone della città, specialmente nel lavoro notturno (e qui abbiamo anche la possibilità del gas). Quindi la scelta dell’elettrico, in sostanza, è spinta dalla legislazione o da una committenza che richiede una certificazione verde o semplicemente da motivi ecologici e altruistici.

In Italia il settore delle costruzioni ed edilizio sta ripartendo sotto la spinta di alcuni incentivi legislativi, che però hanno una durata temporale definita. Per cui il nuovo veicolo deve essere consegnato entro tempi molto veloci per soddisfare le richieste dei clienti dei trasportatori. È possibile per un produttore garantire una tale esigenza temporale?

Per quanto ci riguarda crediamo di sì, anche perché il nostro target è preciso e delimitato. La scelta di commercializzare l’elettrico passa anche per una valutazione del mercato e quindi dei vari fattori connessi, come appunto la capacità di soddisfare la domanda.

Come detto, i veicoli elettrici hanno un costo indubbiamente rilevante. Secondo voi, quale sarà la tipologia di cliente che potrà finanziariamente e operativamente permettersi certi acquisti?

Sicuramente la Grande Distribuzione, come dimostra il caso di Lidl, e di conseguenza anche le aziende di trasporto legate a doppio filo alla GDO. Anche perché da parte di una certa importante committenza c’è l’ambizione di controllare tutto il processo di filiera nel tentativo di contenere al minimo le emissioni inquinanti. In tutto questo ci stiamo dimenticando di quello che a mio avviso diventerà sempre più un protagonista della transizione cioè il biocarburante, su cui Scania ha investito e sta investendo. Il biogas è una soluzione eco-neutrale, con un costo economico sostenibile e con il ritorno più alto. Per esempio, se l’infrastruttura elettrica pubblica o privata è completamente da costruire, il passaggio da LNG a bio-LNG sarà molto più semplice, dato che l’infrastruttura esiste già e deve solo essere cambiato il prodotto.

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