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HomeRivista 2024397 giugno / luglio 2024Quanto impatterà l'introduzione degli Adas sulle tasche degli autotrasportatori?

Quanto impatterà l’introduzione degli Adas sulle tasche degli autotrasportatori?

Da luglio un incremento dei prezzi dei veicoli è certo. Mediamente dovrebbe viaggiare intorno ai 4-5 mila euro. Il pacchetto complessivo, però, ha un valore maggiore, contenuto dai costruttori visti gli aumenti già registrati negli anni scorsi. Ma siamo sicuri che un euro speso in sicurezza non ritorni in altra forma? Abbiamo fatto due conti

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Bella la sicurezza, ma quanto costa? Prima di rispondere partiamo da una considerazione di fondo. La sicurezza stradale conquistata per il tramite della tecnologia – come quella generata da ognuno degli ADAS con cui dal prossimo luglio saranno equipaggiati tutti i veicoli di nuova immatricolazione – viene per forza di cose impacchettata insieme a un camion. E quindi il suo prezzo si annega nella spesa che si affronta per acquistare un veicolo.

Però, un’azienda di autotrasporto che si reca in una concessionaria sa perfettamente che in questi ultimi anni – vale a dire a partire dalla pandemia – la spesa da affrontare per portarsi a casa questo necessario strumento di lavoro è aumentata mediamente tra il 30-40%. Detto altrimenti, per un veicolo che prima si portava a casa con 90-100 mila euro, adesso ne occorrono 130-150 mila.

Le ragioni di questo incremento sono varie, ma non c’entrano con la sicurezza. Dipendono, invece, dall’impennata della domanda di trasporto registrata nel momento della ripartenza post-covid, che giocoforza si è portata dietro anche una domanda di veicoli, ma soprattutto dal fatto che a quel punto la catena di fornitura delle materie prime – in parte troppo allungata, in parte troppo concentrata in pochi punti – si è spezzata. Così, i prezzi sono aumentati (e anche i tempi di consegna dei mezzi sono impazziti) di una percentuale importante, ritoccata ancora più in alto dalla successiva ascesa dei costi energetici, accelerata peraltro dopo l’inizio della guerra in Ucraina.

In più bisogna mettere sul piatto l’effetto «transizione energetica». Perché è evidente che se un’azienda spende tanto in ricerca e in produzione di alcuni veicoli (quelli elettrici, ovviamente) e poi ne vende pochissimi, per riuscire a trovare un equilibrio finanziario deve per forza di cose ottenere un obolo dalle vendite dei prodotti più richiesti (quelli diesel, ovviamente). Quindi, sappiate che quando andate ad acquistare un camion che brucia gasolio, una parte di ciò che pagate serve a tenere in piedi il business dei veicoli che funzionano con la spina.

Ma questa corsa al rialzo è soltanto una premessa. Perché, quando a luglio sui veicoli comparirà quella nutrita serie di ADAS imposta dalle normative, il prezzo dei veicoli aumenterà ancora. Dire di quanto rispetto a ogni singolo camion è un’operazione complessa. Ciò che abbiamo provato a fare è di prendere il listino prezzi di un anno fa di qualche modello specifico e di confrontarlo poi con quello attuale. In questo modo è venuto fuori un incremento che, mediamente, è quantificabile in circa 4-5.000 euro. E allora, chiediamoci: è tanto o è poco? Anche qui la risposta è articolata. In quanto, parlando con diverse case costruttrici, è emersa evidente la volontà di contenere al minimo questo ulteriore aumento indotto dall’introduzione degli ADAS, proprio perché c’è la consapevolezza che quel 30-40% di incrementi registrato negli anni scorsi abbia già creato nelle aziende di autotrasporto diversi malcontenti.

Anche perché nello stesso lasso temporale, mentre il prezzo del gasolio restava medio-alto e le retribuzioni degli autisti tendevano ad aumentare per cercare di attirarne di nuovi o di trattenere quelli a disposizione, le tariffe di trasporto non hanno conosciuto un andamento sufficiente a colmare questi maggiori oneri. Se questo è vero, il costo complessivo degli ADAS presenti sui camion dalla prossima estate dovrebbe essere nettamente superiore ai 4-5.000 euro, ma è stato contenuto un po’ perché l’aria che tira consiglia di frenare ulteriori impennate dei costi, un po’ perché si spera che le economie di scala indotte dall’introduzione obbligatoria dei componenti finiranno per contenere nel tempo il prezzo di ogni singolo componente.

Ciò detto bisogna anche chiarire un concetto: è vero che la sicurezza ha un prezzo, ma nell’economia di un’azienda ciò che spende per incrementarla andrebbe definito «investimento», più che costo. Le ragioni sono anche qui diverse. Partiamo da quella assoluta: se un sistema elettronico riesce a salvare anche soltanto una vita umana di fatto non ha prezzo. Soltanto questo ne consiglierebbe l’adozione. Per comprendere invece le altre ragioni può essere utile fare riferimento a un esempio concreto e in particolare all’esperienza vissuta dal Gruppo Federtrasporti a partire dal 2006, quando mise in atto una serie di azioni di varia natura, tutte finalizzate a contenere gli incidenti stradali provocati dai veicoli delle aziende associate. Così, si puntò sulla formazione per sensibilizzare al rispetto delle regole, si sottoposero a controlli oculistici buona parte degli autisti e in più furono concessi bonus monetari a chi non denunciava sinistri, installate scatole nere sui veicoli, organizzati corsi di guida sicura in autodromi e attivati momenti formativi per incrementare nelle persone la giusta percezione del sé e i modi corretti di alimentazione.

L’elenco delle azioni non è esaustivo, ma è certo che la spesa finale per attuarle tutte arrivò a 1,35 milioni di euro, interessando circa 1.750 veicoli e altrettanti autisti. La cosa straordinaria fu che, dopo tre anni dall’inizio di questo progetto, i camion del Gruppo registrarono 550 incidenti in meno e la frequenza sinistri/ premi – vale a dire il rapporto tra i premi assicurativi pagati e i sinistri registrati – scese dell’11,6%. E tale diminuzione comportò una serie di risparmi, tra cui una riduzione dei premi RCA, un taglio dei fermi macchina e dei conseguenti costi, una mancata applicazione delle franchigie sulle polizze kasko, uno sconto sui premi Inail. Dall’insieme di questi e altri benefici venne fuori un risparmio complessivo di 2,937 milioni. Quindi la spesa iniziale di 1,35 milioni aveva portato una redditività del 118%. Capite, quindi, perché più che di «costi» sarebbe più corretto parlare di «investimenti»?.

Questo articolo fa parte del numero di giugno/luglio 2024 di Uomini e Trasporti: uno speciale monografico di 68 pagine interamente dedicato al tema della sicurezza.

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