In questa rubrica si è già avuto modo di illustrare come il diritto di ritenzione rappresenti un efficace strumento di tutela dei crediti di vettori e spedizionieri, in quanto modalità di tutela del credito molto più immediata ed efficace rispetto alle procedure previste in genere per il recupero dei crediti: si tratta, infatti, di uno strumento alternativo di soddisfacimento del credito, esercitabile a prescindere dal preventivo ottenimento di un titolo esecutivo. Il diritto di ritenzione che spetta al vettore consente, infatti, a quest’ultimo di trattenere le merci che gli vengono affidate per il trasporto, con conseguente possibilità di utilizzarle per soddisfare il proprio credito con preferenza rispetto ad altri eventuali creditori. Una volta esercitata la ritenzione sulle merci, il creditore può vendere le merci per soddisfare il proprio credito e gli interessi dovuti.
L’utilizzo di un simile strumento di “autotutela”, caratterizzato da modalità di soddisfacimento del credito estremamente rapide ed efficaci, potrebbe prestarsi tuttavia a potenziali strumentalizzazioni da parte di coloro intenzionati a far valere crediti contestati o contestabili. Vi è, pertanto, da interrogarsi su quali siano le tutele in capo al soggetto che subisca la ritenzione delle merci trasportate.
Molto spesso i proprietari delle merci indebitamente ritenute dal vettore o dallo spedizioniere tendono a utilizzare lo strumento cautelare rappresentato dal ricorso d’urgenza ex art. 700 cod. proc. civ. Vi è, tuttavia, da dubitare che si tratti del rimedio più idoneo dal punto di vista processuale. Tale tipologia di ricorso, infatti, ha natura residuale ed è esperibile solo laddove non siano individuabili altri rimedi tipici.
E proprio con riferimento alla non utilizzabilità del ricorso ex art. 700 cod. prod. civ., in quanto è individuabile un diverso strumento processuale tipico, si è pronunciato il Tribunale di Livorno con un interessante provvedimento (Ordinanza collegiale n. 698/23 dd. 22.06.2023), in cui si afferma che, nel caso di indebito esercizio del diritto di ritenzione da parte di uno spedizioniere, lo strumento processuale al quale, in via cautelare, è possibile fare ricorso è il sequestro giudiziario ex art. 670 cod. proc. civ. e non già il ricorso ex art. 700 cod. proc. civ. A parere del Collegio, «colui il quale agisce per ottenere la restituzione di beni da altri detenuti in ragione di un rapporto contrattuale […] può infatti agire ai sensi dell’art. 670 c.p.c. Come è noto, il sequestro giudiziario è misura cautelare strumentale alla conservazione o alla gestione di beni controversi suscettibili di apprensione materiale laddove la controversia cada non solo sulla titolarità della proprietà (incontroversa in questa sede) o di diritti reali sui beni stessi, ma anche ove debba proporsi un’azione contrattuale che, se accolta, importi la condanna alla restituzione di un bene, come nelle ipotesi di azioni personali aventi ad oggetto la restituzione della cosa da altri detenuta, ovvero quando non può dubitarsi del fatto che l’azione di merito sia teleologicamente indirizzata ad ottenere una pronuncia sul contratto stipulato che vada ad incidere direttamente sui tempi del diritto alla restituzione alla parte proprietaria».
Ulteriore strumento, alternativo rispetto al sequestro giudiziario, potrebbe essere rappresentato dalla richiesta di decreto ingiuntivo per riconsegna. Tale rimedio tuttavia (salvo che non sussistano i presupposti per la concessione della provvisoria esecutività) appare meno incisivo, in quanto potrebbe rivelarsi inidoneo a sospendere la vendita delle merci assoggettate a diritto di ritenzione che, come si è detto, possono essere alienate con tempistiche potenzialmente estremamente celeri.