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Le voci di dentro di… Cristina Meloni

Racconti interiori di chi vive la strada ogni giorno

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Come sei arrivata a fare l’autista e com’è organizzato il tuo lavoro?

Lavoro in un’azienda a conduzione familiare, Autotrasporti Genolesi, specializzata nel trasporto di animali vivi. Ho iniziato qui nel 2005 occupandomi di contabilità. Due anni dopo, sono diventata moglie e compagna di viaggio di mio marito, con cui condivido non solo la vita ma anche la strada. Tra il 2007 e il 2012 sono arrivati i nostri tre figli, ma non ho mai smesso di voler mettermi alla prova. Nel 2017 ho deciso di prendere le patenti e salire in cabina come autista, con mio marito come primo insegnante e tuttora punto di riferimento.

Com’è il tuo lavoro?

È molto impegnati vo, anche fisicamente. Oltre a guidare, bisogna occuparsi del lavaggio e della disinfezione dei mezzi. Poi c’è la responsabilità di trasportare animali, che richiede cura nel carico/ scarico e durante il viaggio.

Tempi di attesa?

Non abbiamo attese lunghe come in altri settori, ma ci sono imprevisti: può capitare che l’allevatore arrivi in ritardo, o che gli animali siano agitati e non escano facilmente dalle stalle, rendendo più difficile farli salire sul camion. È un tipo di attesa diverso, ma inevitabile.

Come gestisci la solitudine?

La radio mi tiene compagnia, rendendo le ore in cabina meno pesanti. E poi, quando viaggio con mio marito, approfittiamo del tempo insieme per chiacchierare. Sono momenti preziosi, perché durante la settimana il lavoro e la routine ci lasciano poco spazio per parlare. In quei momenti ci ritagliamo un po’ di tempo per noi ed è una cosa che apprezzo moltissimo.

Hai mai avuto momenti di paura o ansia durante un viaggio? Come li affronti?

Da autista, la mia attenzione è sempre al massimo. Cerco di evitare qualsiasi tipo di distrazione. Per dire: a volte nemmeno rispondo al telefono con il Bluetooth. Quando mi metto al volante, mi concentro solo sulla strada. Come mamma, però, la preoccupazione è inevitabile. Essere via per due o tre giorni mi fa sentire in ansia, soprattutto per chi rimane a casa. È difficile non essere fisicamente presente, perché hai sempre quella sensazione di dover stare attenta a tutto.

La tua preoccupazione più grande?

I miei figli, appunto. Sono cresciuti in azienda e hanno già le idee chiare: vogliono fare questo mestiere. L’idea che passino le giornate sulla strada mi destabilizza, ma cerco di accettarlo e sostenere le loro scelte.

Cosa ti rende orgogliosa?

Essere donna, aver preso la patente e fare questo lavoro difficile. È una soddisfazione enorme, perché non è da tutti. All’inizio, quando ho preso la patente, ero l’unica donna del mio corso. Mi sentivo a disagio, ma non mi sono fermata. E se oggi ricevo commenti di tipo offensivo, non mi importa: vado avanti determinata per la mia strada.

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