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EDITORIALE | I costi di riferimento, un argine per l’illegalità

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Il regolamento europeo sui tempi di guida e riposo è datato 1985. Ma ancora oggi, a distanza di tanti anni, non passa giorno senza che qualcuno sia multato perché non lo rispetta. E se si considera che chi rimane incagliato nelle maglie dei controlli è una piccola percentuale rispetto alla massa che trasgredisce, bisogna dedurne che il fenomeno è seriamente diffuso. Peraltro, la stessa tendenza ad aggirare la normativa droga il mercato dei veicoli nei mesi precedenti all’introduzione di una nuova generazione di tachigrafo. È stato così prima del giugno 2019, ma soprattutto è stato così quando, nel 2006, ci fu la corsa all’accaparramento degli euro3 in vista del passaggio dal tachigrafo analogico a quello digitale. E quei camion entrati allora nel parco veicolare non ne sono più usciti, tanto che ancora oggi rappresentano circa il 20% del circolante.

Tale andirivieni dell’autotrasporto sul confine dell’illegalità non si ferma qui: c’è pure chi circola con pneumatici lisci come la seta, chi installa emulatori di adblue per non doverne acquistare, chi fa il pieno con gasolio di contrabbando, ecc, ecc, ecc. Da qui la domanda: ma all’interno di questa variegata devianza, esiste una parte sana che, con qualche correttivo, potrebbe essere riportata al di qua del confine?

Sia chiaro, non mi sto preoccupando di chi, in ogni contesto, va avanti soltanto tramite scorciatoie legali. Mi sto preoccupando di chi, piuttosto, tende a chiudere gli occhi davanti alle norme perché indotto da uno stato di cose. Mi sto preoccupando di chi, in una trattativa con un cliente, non riesce a ottenere una tariffa remunerativa, o di chi, tra le varie condizioni contrattuali, accetta quella che prescrive una tempistica delle consegne così strette da essere aliena dalla realtà. Perché è evidente che questo universo di borderline continua a lavorare con una marginalità quasi azzerata in quanto non riesce ad alzare la voce, un po’ perché non ne ha forza, un po’ perché è convinto che, semmai lo facesse, un attimo dopo si troverebbe con un cliente in meno.

Per fortuna il nostro legislatore ha contezza di questo universo senza voce e ha approvato, per tutelarlo, diverse norme. C’è quella, per esempio, che concede al subvettore la possibilità di agire per ottenere il pagamento del trasporto prestato non soltanto al primo vettore, con cui è legato da un contratto, ma direttamente ai committenti originari. Quella che limita la subvezione a un solo passaggio. Quella che concede una penale al trasportatore per ripagarlo, almeno in parte, delle ore attese inutilmente al carico e allo scarico.

Tra questi strumenti di tutela fino a cinque anni fa c’era anche la norma sui costi minimi della sicurezza, poi abolita dal governo con la finanziaria 2015, dopo che la Corte di Giustizia UE, nel 2014, la giudicò contraria alla libera concorrenza. Fu corretto cancellarla, visto che la stessa Corte nel 2016 tornò sui suoi passi (contestando di fatto la quantificazione dei costi affidata un organismo composto da parti non terze) e che la Corte Costituzionale, nel 2018, la giudicò compatibile con la nostra Costituzione?
Chiederselo adesso non ha più senso. L’importante è che oggi quella normativa, seppure modificata, è tornata in vita. Non impone più vincoli obbligatori, ma indica un livello oggettivo di costi a cui fare riferimento. Perché è chiaro che chi non riesce a reintegrare quei costi con una tariffa adeguata, chi spende più di quanto guadagna, dovrà imboccare prima o poi uno dei viatici che conduce alle descritte situazioni di illegalità. E chi sostiene che una tale evidenza sia in contrasto con una concorrenza sana, provi per un attimo a vestire i panni degli autotrasportatori che oggi subiscono quella sleale proprio dai borderline inclini ad accettare tariffe fuori mercato e che ieri, quando i costi minimi vennero bocciati dalla Corte UE (per i ricordati problemi di concorrenza), subivano quella sleale di chi approfittava delle differenze esistenti rispetto agli oneri fiscali e al costo del lavoro. Saranno stretti quei panni, lo so, anche perché i costi minimi sparirono, mentre le differenze, come i borderline, sono ancora tra noi.

Daniele Di Ubaldo
Daniele Di Ubaldo
Direttore responsabile di Uomini e Trasporti

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