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E la chiamano estate

È arrivato puntuale come ogni anno il caldo. E come ogni anno sui telegiornali si snocciolano i consigli più banali su come meglio affrontare la calura estiva. A parte le precauzioni di buon senso, i datori di lavoro devono adeguare i ritmi lavorativi al clima? Luciano S._Mestre

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C’era una volta una stagione bella e desiderata, si chiamava estate e la si aspettava con gioia e speranza per poter finalmente godere di temperature piacevolmente calde, talora afose, ma mai roventi, tanto da consentire di vivere e respirare all’aria aperta anche fino a tardi approfittando delle giornate lunghe e luminose.
C’era una volta, ma ora non più, al suo posto è arrivato Caronte portatore di un insopportabile, soffocante e bollente inferno torrido. I cambiamenti epocali e disastrosi di clima e ambiente hanno riscaldato esponenzialmente la bella estate che ogni anno è destinata a diventare la più calda di sempre in un gioco di temperature al rialzo che inevitabilmente si accompagna a sfoghi meteorologici estremi e disastrosi come temporali e alluvioni, dove la pioggia diventa bomba d’acqua e la grandine tempesta di chicchi grandi come uova. Queste ondate di caldo estremo destinate a superare i 40 gradi per giorni e senza tregua rappresentano importati fattori di rischio per la salute, in particolare per i lavoratori che svolgono mansioni all’aperto o in ambienti sprovvisti di adeguata ventilazione o in prossimità di macchinari che emettono calore. Le elevate temperature possono determinare danni di tipo diretto come colpo di sole, crampi, colpo di calore, o di tipo indiretto, aggravando malattie preesistenti o creando condizioni, quali calo dell’attenzione e affaticamento, che aumentano il rischio di infortuni.

Nell’ambiente di lavoro, inoltre, ci sono alcune condizioni che aumentano i rischi da stress termico, ad esempio gli orari che spesso comprendono le ore più calde della giornata oppure l’impossibilità di fare pause e integrare correttamente i liquidi, l’uso di abbigliamento o di attrezzature che ostacolano la dispersione del calore corporeo, i ritmi di lavoro intensi. Senza dimenticare che l’esposizione simultanea agli inquinanti atmosferici urbani, in particolare all’ozono, potenzia gli effetti delle temperature elevate. Ecco perché bisogna imparare ad affrontare queste “iper-estati” e le raccomandazioni messe a punto tra gli altri dal ministero della Salute e dall’Inail e destinate ai lavoratori e ai datori di lavoro non sono solo semplici consigli, ma strategie di sopravvivenza che consentono di salvaguardare la vita in salute e sicurezza dei lavoratori.
Si tratta fondamentalmente di abbassare i ritmi e garantire riposo e adeguata idratazione, attraverso ad esempio, informazione e sorveglianza quotidiana delle condizioni meteoclimatiche, uso di termometro e igrometro nel luogo di lavoro, misure organizzative quali programmi di acclimatamento graduale, pianificazione degli orari e delle attività in base alle temperature, turnazioni, frequenza delle pause di recupero, disponibilità di acqua e di luoghi ombreggiati e freschi in cui trascorrere le interruzioni dal lavoro, promozione di controllo reciproco tra lavoratori.
Avere acqua fresca (non gelata!) a disposizione per bagnarsi e bere regolarmente indipendentemente dallo stimolo della sete (ad esempio 1 bicchiere di acqua all’incirca ogni 15 minuti) è di capitale importanza per prevenire la disidratazione. E poi evitare il lavoro solitario e indossare, quando possibile, abiti leggeri e traspiranti di cotone chiaro e usare un copricapo preferibilmente a falda larga, sconsigliati i cappelli con visiera che non proteggono il collo e la nuca e indumenti a maniche corte o pantaloncini corti. Limitare i cibi grassi a favore di frutta e verdura ed eliminare il consumo di alcol.
È importante, infine, che i lavoratori siano istruiti sui possibili segnali di danno da calore e sulle possibili azioni di emergenza. Perché come hanno profetizzato alcuni esperti, purtroppo questa potrebbe essere l’estate più fresca di quelle che ci attendono in futuro.

Buon viaggio!

Annagiulia Gramenzi
Annagiulia Gramenzi
Ricercatore Dip. medicina clinica Univ. Bologna
Scrivete a Annagiulia Gramenzi: salute@uominietrasporti.it

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