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Intelligenza artificiale, tra prospettive e miti da sfatare

Durante il Logistics Day 2025 Matteo Salani, ricercatore Idsia, ha fatto il punto sulla situazione della IA applicata alla logistica, inquadrando lo stato dell’arte in materia e sgombrando il campo dai luoghi comuni. I case history di Air Liquide e UPS. I pregi e i difetti della IA generativa

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C’è un un’opinione diffusa per cui l’intelligenza artificiale sia il nuovo modello predestinato a cambiare il mondo e che quindi, per essere competitivi, anche nel settore dei trasporti e della logistica, diventa in qualche modo necessario, un po’ come un nuovo telefonino che rimpiazza i precedenti. In realtà non è così: l’intelligenza artificiale è un insieme molto vasto di tecniche diverse e ciascuna di esse ha pregi e difetti.

Sullo stato dell’arte dell’IA e sui tanti luoghi comuni che girano su di essa ha parlato Matteo Salani, ricercatore senior per l’Istituto Dalle Molle di Studi sull’Intelligenza Artificiale (Idsia). L’Istituto, che conta circa 140 ricercatori, si occupa di diverse sfaccettature dell’intelligenza artificiale, dagli aspetti teorico-algoritmici a quelli applicativi. In particolare collabora con Assologistica, l’Università Cattaneo, le Regioni Lombardia e Piemonte e l’Associazione svizzera di logistica al Progetto Switch, che si propone di favorire lo switch modale nel trasporto merci.

Non una, ma tante intelligenze artificiali

Oltre ai modelli generativi già citati, l’esperto spiega che esistono molti altri tipi di IA: «C’è tutta la branca dell’apprendimento automatico (machine learning), molto consolidata ed efficiente; c’è la parte di computer vision robotica; c’è l’ottimizzazione e la programmazione matematica. Prima di voler scegliere l’ultimo modello, duqnue, è necessario capire il processo decisionalee descriverlo e poi selezionare lo strumento di intelligenza artificiale giusto».

Gli esempi di Air Liquide e UPS

Il secondo messaggio è che l’intelligenza artificiale è già nella logistica da parecchio tempo. Salani fa a questo riguardo due esempi. Air Liquide è un’azienda francese ormai internazionale, attiva nella produzione dei gas utilizzati negli impianti industriali o in laboratori chimici, che ha adottato il modello vendor-management inventory – ovvero è il fornitore che gestisce le scorte lato cliente: «È un modello molto interessante, ma necessita di strumenti previsionali estremamente accurati e qui l’intelligenza artificiale è stata un aiuto sostanziale che ha portato ad un aumento deciso della produttività». Poi c’è il caso di UPS, società americana di trasporto e spedizioni, con il progetto digitale Orion, che adotta modelli predittivi e decisionali online, cioè «che utilizzano dati in tempo reale e che rispondono in tempo reale alle condizioni della rete e del traffico».

Dati sì, ma di qualità

È poi sicuramente vero che il “carburante” dell’IA sono i dati, ma questi devono essere validati, di qualità, processati e resi interoperabili: «Un altro mito da sfatare – spiega Salani – è che ci servono tanti dati. Ma non i big data, quanto quelli right, cioè i dati giusti per quello strumento». 

IA generativa, un bene a portata di PMI

Arrivando poi all’intelligenza artificiale generativa – quella di cui più si parla – e di come possa essere utile a un’azienda di trasporto e logistica, il ricercatore Idsia non la ritiene una vera e propria rivoluzione: «C’è però un aspetto assai interessante – sottolinea – Mentre gli esempi che ho citato sono grandi aziende che hanno fatto forti investimenti pluriennali, con l’IA generativa questo costo di ingresso si abbassa, perché è a disposizione anche di aziende e fornitori di servizi medio piccoli una base di conoscenza che prima era più difficile avere. Quindi a mio avviso questo nuovi modelli, che integrano la conoscenza con gli strumenti adatti e l’accesso ai dati più adeguati, abbassano la soglia di ingresso a queste tecnologie».

I difetti da correggere della IA

«Ma ci sono ancora dei difetti della IA – aggiunge Salani – Il primo è la sostenibilità economica: ad oggi questi grossi modelli sono appannaggio di aziende gigantesche che hanno le risorse per poterli gestire. Si rischia di diventare clienti perpetui di queste enormi multinazionali. In secondo luogo si tratta di modelli energivori e perciò non sostenibili a lungo termine. Se vengono poi implementati in processi decisionali regolari, rischiano di non avere risultati costanti e quindi magari possono minare la fiducia nello strumento stesso».

Le applicazioni logistiche dove l’IA conta di più

Quali sono in sostanza le applicazioni dove l’intelligenza artificiale può avere maggiore impatto e valore aggiunto? «Certamente i nuovi modelli previsionali che integrano i dati aziendali con info da fonti esterne (dati meteo, presi dai social o da specifici eventi) – sottolinea Salani – riusciranno a consentire una previsione della domanda sempre più accurata e permetteranno di adottare modelli di ottimizzazione molto più precisi. Il secondo aspetto interessante è che, attraverso lo studio dei pattern dei dati, si riesce a stimare e a rilevare le anomalie della catena logistica, a valutare il rischio e la resilienza della supply chain, consentendo l’adozione di misure preventive nella manutenzione e nel rafforzamento aziendale. L’ultimo punto è l’elettrificazione della logistica nell’ultimo miglio, che sta avvenendo e avverrà anche nella logistica di medio lungo raggio. Le aziende logistiche possono così diventare operatori del settore energetico e questa è una grossa opportunità. Ma dall’altra parte – conclude il ricercatore – ci saranno molti più dati di tipo incerto, come la fluttuazione del prezzo dell’energia, per cui prendere delle decisioni in questo settore sarà più difficile. Ecco, gli strumenti di intelligenza artificiale saranno molto utili a supporto».

Con l’intelligenza artificiale esiste, in conclusione, uno stimolo dell’innovazione anche nelle aziende non necessariamente grandi. Ma servono dati fatti bene, pensando a monte al processo decisionale e poi a selezionare lo strumento più adatto.

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