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10 domande a… Alessia Zanaboni

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CARTA DI IDENTITÀ

NomeAlessia
CognomeZanaboni
SoprannomeAlessia Ribelle
Età42
Stato Civileconvivente
Punto di partenzaLivorno
Anzianità di Servizio18 anni
Settore di attivitàcorriere
  • Come mai hai scelto di fare la camionista?

Sono figlia d’arte. Mio padre era camionista e quindi si può dire che la passione è nata in famiglia. Ma non è stato un percorso semplice perché ci hanno provato in tutti i modi a farmi fare altro. In pratica non volevano che diventassi camionista perché – dicevano – «non è un lavoro da donna». Anzi, spesso toccava sentirmi dire da mio padre che se avessi preso le patenti, mi avrebbe buttato fuori di casa.

  • Come sei riuscita a gestire queste pressioni?

Andando controcorrente e facendo di tutto per inseguire il mio sogno. Non a caso mi soprannominano «Alessia Ribelle» proprio per questo motivo. L’illuminazione definitiva scattò quando vidi una ragazza alla guida di un bilico e mi dissi: «Quella è la mia strada. Questo è ciò che voglio per me». E così a 24 anni mi decisi, presi le patenti e salii sul camion.

  • A distanza di tempo rifaresti quella scelta?

Assolutamente sì. Sono pienamente convinta e soddisfatta del mio percorso.

  • Donne al volante: resistono ancora i pregiudizi o qualcosa sta cambiando?

La mia percezione è che il settore dell’autotrasporto abbia ancora una forte impronta maschile e maschilista. Tuttavia, devo dire che nella mia esperienza personale mi sono trovata molto bene con tanti colleghi uomini. In situazioni di difficoltà, ad esempio, l’aiuto non mi è mai stato negato e non ho vissuto alcun caso di discriminazione.

  • Un episodio che ti ha segnata?

Ho avuto un brutto incidente stradale circa sei anni fa. Per fortuna sono rimasta illesa, ma lo shock è stato talmente forte che per tre anni mi sono dovuta prendere una pausa da questo lavoro.

  • Come hai superato quel trauma?

È stata dura, anche perché proprio non riuscivo a guidare con serenità. Dopo quell’episodio, appena sentivo dei rumori strani provenienti dal veicolo mi prendeva l’ansia. Ho provato a distrarmi facendo nel frattempo altri lavori. Ma poi, col tempo, il riavvicinamento al camion è stato naturale. Sarà per il fatto che ho il gasolio nelle vene…

  • La tua giornata lavorativa tipo?

Solitamente parto da Livorno verso le 18 e vado in direzione Milano. Una volta arrivata, faccio la mia pausa, sgancio il rimorchio (quello vuoto) e aggancio il pieno. Quindi riparto verso Livorno dove arrivo verso le 3 del mattino. Qui faccio un’altra pausa (prevalentemente per dormire) e poi alle 6 entro in UPS dove effettuo lo scarico. In genere rientro a casa per le 7. In totale, il mio arco di impegno quotidiano copre circa 13 ore.

  • Com’è guidare di notte?

Bisogna prestare il doppio dell’attenzione, perché ci sono parecchi più incoscienti al volante che di giorno. Ne ho viste veramente di cotte e di crude: gente che «whatsappa» col telefono, che gioca sul tablet, che guarda video o fa le parole crociate.

  • Quali altre criticità ravvisi?

Il fatto che ci sono troppi cantieri aperti. Quindi spesso e volentieri capita di stare fermi ore ed ore a causa dei lavori per sistemare le strade.

  • Cosa fai quando scendi dal camion?

Mi piace vivere a contatto con la natura. Ho un orto che curo personalmente, vado a caccia di tartufi e adoro tantissimo i cani. Nel periodo citato in cui mi sono preso una pausa dal camion ho anche conseguito l’attestato di educatrice cinofila.

Per leggere altre interviste ai protagonisti della strada, vai a «Voci on the road».

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