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Quando si dice… TRANSIZIONE ECOLOGICA

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L’era del Covid ha portato a una accelerazione dell’eCommerce. Nel 2020 in Italia la vendita di prodotti on line ha superato i 23 miliardi di euro ed è cresciuta di 5,5 miliardi rispetto al 2019. Le aspettative per i prossimi anni vanno verso un consolidamento, se non un’ulteriore crescita, di tale mercato.

Ma cosa succede quando, anziché scendere nel negozio sotto casa, compriamo on line un pacchetto di lamette da barba?

Logistica e trasporti assumono, da quel momento in poi, un ruolo centrale e determinante nel garantire la mattina successiva (talvolta il giorno stesso) la consegna del prodotto presso il nostro domicilio. E l’esplosione delle operazioni di acquisto on line (nel 2020 pari a 388 milioni) comporta un importante stress per la filiera logistica e un incremento esponenziale del numero di trasporti eseguiti. Dunque, all’incremento dell’eCommerce corrisponde un aumento esponenziale dei trasporti.

Con quale tipologia di mezzi e con quale impatto ambientale?

Nella risposta a questa domanda si racchiudono sia una delle più importanti contraddizioni insite nelle due principali linee di sviluppo perseguite in Europa nei prossimi anni – ossia, la transizione digitale e la transizione ecologica – sia la stimolante sfida che la politica del nostro Paese sarà chiamata a risolvere per uno sviluppo equilibrato. Secondo i dati raccolti da Uomini e Trasporti, a fine 2020 in Italia circolavano 696.000 veicoli industriali con portata sopra le 3,5 ton. L’età media di tali mezzi è molto elevata (13,4 anni) e la classe ecologica è per il 56% euro 3 o inferiore.

Perché il parco veicolare è rimasto obsoleto?

Il rinnovo del parco veicolare fra i più vecchi e inquinanti dell’Europa Occidentale non è avvenuto nonostante la concessione di incentivi e contributi. Le ragioni per le quali molti operatori del trasporto italiani non sono stati in grado di rinnovare adeguatamente il proprio parco mezzi sono complesse e necessiterebbero di molto più spazio per essere analizzate. In sintesi, si può affermare che si tratta di un settore caratterizzato da un tessuto di imprese di piccole o piccolissime dimensioni e spesso economicamente molto deboli. Il pluridecennale dibattito su tariffe a forcella, costi minimi di sicurezza e altre misure di sostegno al settore dimostra che assai spesso le più immediate problematiche che si trovano ad affrontare molte imprese di trasporto è quello della copertura dei costi di esercizio, più che quello delle disponibilità finanziarie per nuovi investimenti green. Vi è, quindi, da chiedersi se e come un settore strategico per la nostra economia (ricordiamo che ancora oggi in Italia viaggia su gomma oltre l’80% delle merci) sia nelle condizioni di affrontare e vincere la sfida della transizione ecologica.

Quali scenari potrebbero profilarsi per l’autotrasporto?

Il timore è che, se le suggestioni da cui sembra attirata parte della politica dovessero attuarsi, il settore potrebbe andare incontro a scenari preoccupanti. Incentivare troppo rapidamente la transizione dell’autotrasporto verso l’elettrico significherebbe, infatti, spingere le imprese verso l’acquisto di mezzi che oggi cominciano ad affacciarsi sul mercato a prezzi di circa quattro volte superiori rispetto a una moderna motrice Euro6. Per non parlare degli svariati problemi tecnici che tale tipologia di mezzi ancora oggi presenta. Problematiche non dissimili si affaccerebbero laddove, anziché verso l’elettrico, si volesse spingere in fretta il settore verso altre tecnologie alternative (quali per esempio l’idrogeno), anch’esse ancora troppo costose e non ancora mature.

Anche in presenza di eventuali incentivi massicci, poche imprese sarebbero in grado di riconvertire, anche solo parzialmente, il proprio parco circolante a tecnologie alternative rispetto al motore endotermico.

Ben più ragionevole sarebbe, invece, il perseguimento di una politica meno radicale, ma più realisticamente perseguibile, che si prefiggesse l’obiettivo di convertire rapidamente in Euro 6 (o anche Euro 5, incentivando l’acquisto di mezzi usati a fronte della rottamazione di quelli più inquinanti), quel 56% del parco circolante che ancora oggi è in classe Euro 3 o inferiore. Il timore che non si vada in questa direzione, tuttavia, è forte: la pressione fiscale sul gasolio lo rende da anni fra i più cari d’Europa. Inoltre, si torna ciclicamente a ipotizzare che, per favorire la transizione ecologica, potrebbe essere abolito o ridotto il rimborso delle accise agli autotrasportatori. L’effetto delle varie politiche (concrete, o anche semplicemente annunciate, o temute) volte a favorire il bando dalle nostre strade dei mezzi a gasolio, sta portando a diminuire l’aspettativa di vita di tali mezzi, sia pure in assenza di concrete alternative  breve: tale circostanza impatta sulle stime che le società di leasing compiono in merito al valore commerciale finale dei nuovi mezzi e si stanno traducendo in aumenti significativi delle rate che deve pagare chi oggi decidesse di acquistare un Euro 6.

Una possibile tempesta perfetta che, se non adeguatamente governata, potrebbe seriamente compromettere la futura competitività del nostro sistema paese nel nome di irrealizzabili obiettivi ecologici.

Massimo Campailla
Massimo Campailla
Avvocato senior partner Studio Zunarelli
Scrivete a Massimo Campailla: parolediritte@uominietrasporti.it

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