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Due o tre cose da chiarire sulla class action contro i costruttori di camion

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Torniamo a parlare di class action. In particolare di quella voluta da alcune organizzazioni di categoria per chiedere un risarcimento dei danni alle aziende costruttrici di camion, accusate negli anni 1997-2011 di aver costituito un cartello per tenere più alti i prezzi dei veicoli.

Siccome sul sito della CNA-Fita è comparso un articolo dal titolo «Cartello illecito sui prezzi dei camion, successo per la class action CNA Fita in prima fila per chiedere risarcimenti alle case costruttrici», in cui tra le righe abbiamo colto delle risposte a nostre argomentazioni pubblicate sul n. 321 di Uomini e Trasporti, volevano chiarire alcuni punti. Tre in particolare.

1)  Fa benissimo la CNA-Fita a organizzare una class action. Soprattutto se crede di poter creare un beneficio per le imprese di autotrasporto. Anche perché effettivamente un cartello c’è stato e la responsabilità delle case è acclarata. I nostri dubbi riguardano soltanto la modalità concreta con cui portare avanti un’azione legale. Ci auguriamo cioè, per il bene degli autotrasportatori, che gli argomenti siano più robusti di quelli che veniamo leggendo.

2)  Rispetto alla difficoltà di quantificare il danno, in CNA-Fita sostengono che «eventuali sconti o benefici concessi incideranno minimamente sull’esistenza del danno e sulla sua quantificazione, in quanto appare inverosimile affermare che, se non ci fosse stato il cartello, non sarebbero stati applicati sconti o altri benefici. Il cartello ha determinato un aumento dei prezzi di listino, che, a cascata, ha influenzato i prezzi finali, inclusi quelli scontati, che sarebbero stati, quindi, più bassi in assenza del cartello».

Ci permettiamo di obiettare che in commercio le cose vanno un po’ diversamente. È vero che gli sconti sarebbero stati concessi con o senza cartello, ma bisogna capire l’entità di questi sconti. Perché se il mio margine è risicato, anche lo sconto lo sarà di conseguenza, se è molto elevato (magari perché gonfiato da un cartello) anche lo sconto ne seguirà le sorti.

Senza dimenticare che, in questa trattativa, c’è in mezzo un concessionario. A vendere fisicamente il camion, cioè, è stato questi e non la casa. E quindi, almeno in teoria, rappresenta uno schermo che non si capisce come sarà saltato.

3)  Ancora più bizzarra appare l’argomentazione con cui si sostiene che anche chi ha acquistato camion a marchio Scania (unica tra le case a non aver ammesso la responsabilità del cartello e sulla quale la Commissione europea sta ancora indagando) possa chiedere il risarcimento dei danni, «in quanto Scania, anche se fosse ritenuta estranea al cartello, avrebbe tratto comunque vantaggio dalla minore pressione concorrenziale sui prezzi determinata dal cartello». Giuridicamente la cosa appare piuttosto bizzarra. La responsabilità o c’è o non c’è. Se non c’è, non mi si può imputare qualcosa perché ho tratto giovamento dall’altrui comportamento. Insomma, se io tra le due guerre mondiali avessi fatto il commerciante e all’improvviso avessi beneficiato dei vantaggi derivanti dallo sterminio dei tanti commercianti ebrei voluto dal Reich, non per questo sarei diventato responsabile della Shoah.

Questo almeno è quanto, logicamente, ci sembra sensato. Ma saremmo comunque felici di sbagliarci. Perché – lo ripetiamo per l’ennesima volta – non siamo scontenti se qualche trasportatore prenda qualche euro per questa vicenda, siamo soltanto timorosi che qualcuno, dopo aver cullato tante illusioni, le veda sciogliere come neve al sole.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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